In questi giorni abbiamo presentato, assieme al PD, una mozione che invita l’assessore Kosic a riferire quali prospettive strategiche e programmatiche nei settori della salute e della protezione sociale abbia in mente.
In questo scorcio di legislatura a parte dichiarazioni generiche, non si è realmente capito quali siano gli intendimenti dell’assessore.
Vero è che la cultura di base di questa maggioranza è nota: liberalizzare cioè privatizzare.
Senza tanti giri di parole lo afferma il cons. Dal Mas che lamenta la mancata trasformazione degli IRCCS in fondazioni (“in modo da attirare capitali privati”), il consigliere Asquini per abbattere le liste di attesa ha presentato un disegno di legge che prevede che “qualora l’attesa per la diagnostica superi i novanta giorni il cittadino si possa rivolgere ad una struttura privata” e il conto lo pagherà la Regione; l’assessore spiega per l’endoscopia è giocoforza rivolgesi ai privati considerato lo scarso numero degli endoscopisti ospedalieri e via discorrendo.
Ora, è vero che spesso le liste di attesa sono eccessive ma nessuno si chiede il perché di questo disservizio. Si incitano Direttori Generali a restare nel bilancio, a risparmiare su tutto ma principalmente sui dipendenti che spesso sono sotto-organico o a cui non vengono pagate le ore straordinarie e quando il sistema crolla si invoca come rimedio il ricorso al privato.
Fanno di tutto per demotivare il personale che una volta formato, e quando può, se ne va.
Nessuno e tanto meno l’assessore punta alla riduzione delle liste di attesa incentivando il personale ospedaliero, nessuno stigmatizza/caccia quei direttori sanitari che di fronte alla fuga massiva dei medici o delle infermiere in alcuni reparti si rifugia nell’ipocrita espressione del “ricambio fisiologico”.
Da anni assistiamo ad uno schema ben preciso, mettere in sofferenza un reparto o un servizio, stigmatizzare che costa troppo per quello che produce, invocare l’intervento salvifico del privato.
Vorrei ricordare ai più che il miglior privato (per chi ha tanti e tanti soldi) è quello americano che però costa il 16.2% del PIL (americano) e l’Organizzazione Mondiale della Sanità lo pone al 28° posto nella graduatoria mondiale. Quello italiano, che è pubblico, con il 7.2 % del PIL si piazza al 2° posto.
Ancora una volta si cerca di sfruttare l’ignoranza dei più, che spesso si sono stufati di sentire vuote parole dei nostri dirigenti, per privatizzare gli utili e socializzare le perdite.
In questo scorcio di legislatura a parte dichiarazioni generiche, non si è realmente capito quali siano gli intendimenti dell’assessore.
Vero è che la cultura di base di questa maggioranza è nota: liberalizzare cioè privatizzare.
Senza tanti giri di parole lo afferma il cons. Dal Mas che lamenta la mancata trasformazione degli IRCCS in fondazioni (“in modo da attirare capitali privati”), il consigliere Asquini per abbattere le liste di attesa ha presentato un disegno di legge che prevede che “qualora l’attesa per la diagnostica superi i novanta giorni il cittadino si possa rivolgere ad una struttura privata” e il conto lo pagherà la Regione; l’assessore spiega per l’endoscopia è giocoforza rivolgesi ai privati considerato lo scarso numero degli endoscopisti ospedalieri e via discorrendo.
Ora, è vero che spesso le liste di attesa sono eccessive ma nessuno si chiede il perché di questo disservizio. Si incitano Direttori Generali a restare nel bilancio, a risparmiare su tutto ma principalmente sui dipendenti che spesso sono sotto-organico o a cui non vengono pagate le ore straordinarie e quando il sistema crolla si invoca come rimedio il ricorso al privato.
Fanno di tutto per demotivare il personale che una volta formato, e quando può, se ne va.
Nessuno e tanto meno l’assessore punta alla riduzione delle liste di attesa incentivando il personale ospedaliero, nessuno stigmatizza/caccia quei direttori sanitari che di fronte alla fuga massiva dei medici o delle infermiere in alcuni reparti si rifugia nell’ipocrita espressione del “ricambio fisiologico”.
Da anni assistiamo ad uno schema ben preciso, mettere in sofferenza un reparto o un servizio, stigmatizzare che costa troppo per quello che produce, invocare l’intervento salvifico del privato.
Vorrei ricordare ai più che il miglior privato (per chi ha tanti e tanti soldi) è quello americano che però costa il 16.2% del PIL (americano) e l’Organizzazione Mondiale della Sanità lo pone al 28° posto nella graduatoria mondiale. Quello italiano, che è pubblico, con il 7.2 % del PIL si piazza al 2° posto.
Ancora una volta si cerca di sfruttare l’ignoranza dei più, che spesso si sono stufati di sentire vuote parole dei nostri dirigenti, per privatizzare gli utili e socializzare le perdite.
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