Con la recente proposta da parte del Consigliere regionale del PDL Roberto Novelli di revisione della legge regionale che prevede la tutela dello sloveno nelle fasce confinarie, il centrodestra riapre vecchie polemiche e sembra voler riportare indietro l’orologio del tempo.
Durante il fascismo si è fatto leva su di un nazionalismo esasperato e strumentale che ovviamente andava a penalizzare, discriminare e marginalizzare tutte le minoranze fino ad arrivare alla proibizione della celebrazione della messa in sloveno.
Durante la guerra fredda tutte le valli del Natisone e le loro popolazioni erano sulla linea di un confine che si è voluto erigere a simbolo tra bene e male e questo perché l’identificazione di un “nemico” era funzionale alle pretese egemoniche delle due grandi potenze dell’epoca.
Con la creazione dell’Europa e la fine della guerra fredda sancita dalla caduta del muro di Berlino, finalmente si è tornati a ragionare e a considerare le minoranze come una risorsa o perlomeno come una diversità da tutelare e io dico anche da risarcire da anni di discriminazione.
E così che, dopo 50 anni, il parlamento italiano con l'approvazione della legge 38/2001 a tutela della minoranza linguistica slovena, ha ridato dignità alle popolazioni della Benecija e di tutta la fascia confinaria del Friuli Venezia Giulia riconoscendo così quanto affermato da molti linguisti oltre che da consolidate tradizioni popolari.
Il tentativo di differenziare ulteriormente i vari dialetti sloveni in natisoniano, torriano e resiano appare come del tutto strumentale e ricalca il tentativo di marginalizzare e ghettizzare parte della popolazione delle valli; in questo modo, oltre che a riaprire vecchie ferite, si dà fiato agli opposti nazionalismi che con il tempo si erano sopiti. Sappiamo tutti che questa maggioranza ha i numeri per poter cambiare ogni legge, spero tuttavia che in futuro ci si dedichi ai veri problemi della Regione.
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