La crisi economica è
senza dubbio drammatica e la sua gravità ha condizionato in modo pesante la stesura e la
struttura di questo bilancio, stante
l’importante riduzione delle entrate. A questo si deve aggiungere anche
l’impossibilità di poter iscrivere a bilancio l’avanzo presunto che riaffiorerà
solo in sede di assestamento e che si intende utilizzare per gli investimenti e
per rimpolpare quei capitoli che già allo stato attuale sappiamo essere sotto finanziati.
Occorre, quindi, un
ripensamento del tipo di sviluppo che vogliamo: uno sviluppo diverso, più rispettoso dell’ambiente e delle persone.
Bloccare il consumo del suolo, riqualificare le abitazioni, sostenere e
difendere i pendolari ed il trasporto pubblico non vuol dire deprimere l’economia vuol dire pensare ad un altro tipo di economia e di sviluppo.
Così come opporsi alla grande distribuzione, (domeniche
sempre aperte – sfruttamento dei lavoratori, centri commerciali per 6 milioni
di persone), alle multinazionali che troppo spesso rapinano il territorio senza
restituire nulla (Elettolux, Ideal standard, FIAT), alla mutazione genetica
delle banche nate per sostenere le industrie e che invece da troppo tempo
puntano solo alle rendite finanziarie non
vuole essere un rigurgito bolscevico, ma ha come obiettivo la difesa
dell’apparato economico e produttivo della nostra regione.
A questo si devono aggiungere alcune scelte e alle molte
scelte mancate del governo Tondo, decisioni
che prese nel momento giusto avrebbero potuto dare nuovo impulso
all’economia e dato il via a quelle riforme strutturali di cui la Regione aveva
estremo bisogno anche per recuperare nuove risorse. Come la mancata attuazione
di un piano energetico regionale che
non ci ha permesso e non ci permette una scelta ragionata sulla reale necessità
di energia della regione, al mancato Piano
delle Attività estrattive, alla mancata legge sulla raccolta regionale dei rifiuti. Non si è trovato nemmeno il tempo
per un fare il piano paesaggistico
regionale che era propedeutico ed indispensabile per un nuovo Piano del Governo del Territorio (piano
regolatore regionale). Sulla sanità poi, a pochi mesi dalle elezioni, si è
tentato senza nessuna interlocuzione con gli stakeolders o con l’opposizione di
imporre una pseudo riforma, basata
su dati obsoleti e non aggiornati tanto da essere criticata dalla stessa Corte
dei conti.
Fra le cose che il precedente esecutivo ha fatto e che sarebbe stato meglio non fare è siglare il patto con
Tremonti che ci costa/costerà 370 milioni di euro per un federalismo fiscale
mai attuato.
Nella 1^ finanziaria dei questo esecutivo si percepisce un
cambio di direzione: non sono stati fatti tagli lineari, più semplici ma
ingiusti; ma tagli puntuali, pur consapevoli di correre il rischio di sbagliare.
Però non tutte le ciambelle riescono con il buco e così anche
in questa finanziaria si sono registrate, anche se in modo molto ridotto
rispetto al passato, delle poste puntuali non sempre corrispondenti a reali esigenze
del territorio. Sappiamo, però, che tutte le conversioni ad “U” sono difficili
e talvolta pericolose.
La difficoltà di una
valutazione obiettiva
dell’opera delle tante associazioni di volontariato in tantissimi campi
(sociale, sportivo, culturale) sparse sul territorio fa emergere l’urgenza che
la distribuzione delle risorse sia programmata
e affidata agli ambiti o ai comuni, cioè le uniche strutture in grado di
valutare l’importanza, la professionalità e il costo di queste associazioni o
cooperative.
Il FVG deve mantenere
il controllo di tutto quello che è strategico: penso alla sanità, alla scuola e
alla formazione, ai trasporti e alle infrastrutture in genere, deve potenziare
le funzioni di indirizzo e di controllo. Deve uscire dalle molte inutili
partecipate deve rendere più agile e funzionale la propria macchina amministrativa,
deve puntare sulla professionalità e il merito il tutto con uno sguardo lungo.
Dobbiamo, quindi, raccogliere la sfida che questa crisi ci
pone, ma i sacrifici saranno accettati ed accettabili solo se saranno equi e
condivisi e se si colpiranno i privilegi e non i soliti noti.
Ci aspetta una stagione di riforme vediamo che siano vere,
eque, premiali per i più meritevoli, che raggiungano l’obbiettivo prefissato, e
soprattutto vediamo di non ripetere i troppi errori del passato.
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