Ecco la relazione appena letta in Aula sulla Proposta di Legge n. 30 sul gioco d'azzardo.
Signor Presidente, signori
Consiglieri
l’attrazione per il gioco nasce lontano
perché, fin dalle sue origini, l’uomo ha affidato importanti decisioni al fato;
eventi inspiegabili erano fatti risalire al caso e al gioco.
L’azzardo è nato quando indovinare un
evento futuro, da pratica esclusiva di indovini e sacerdoti, diventa occasione
di sfida tra uomo e fato e tra uomo e uomo.
Giocare d’azzardo diventa, dunque, una
pratica sociale: vengono stabilite regole e poste in palio.
Uno dei primi giochi è quello dei dadi:
lo si praticava già in Egitto, nella Roma imperiale, in India, in Giappone e in
Cina. Allo stesso modo, la mitologia greca narra che Zeus e i suoi fratelli si
sarebbero spartiti l’universo a dadi e i romani la tunica di Cristo. Lo stesso
termine azzardo deriva dalla parola di origine araba az-zahr che significa,
appunto, dadi. E che la natura umana non sia cambiata nel corso dei secoli è
dimostrato da una singolare reperto archeologico: dadi appesantiti da un lato
cioè truccati, anche gli antichi sapevano barare!
Una passione, quella del gioco, che si
trasforma facilmente in patologia e piaga sociale, adesso come nel passato,
tanto che nel Medio Evo il filosofo Tommaso Moro, analogamente a quanto tentato
nell'antica Grecia, nella sua celebre “Utopia” (1516) ha proposto la
cancellazione totale del gioco d’azzardo in ogni sua forma. Nonostante questi
tentativi, però, il gioco ha continuato ad essere una pratica diffusa, inserita
nella quotidianità delle persone, nell’epoca antica e in quella moderna.
In Italia dal 1948, quando Einaudi ha
nazionalizzato la “schedina”, il mercato del gioco ha visto la nascita e
l’evoluzione di numerosi e sempre più diversificati giochi: dal lotto alle
lotterie, dal totocalcio al totogol alle scommesse ippiche, dalla tavola da
gioco al tavolo virtuale dei giochi on line.
Il trend di crescita del gioco
autorizzato nel nostro Paese cui siamo arrivati è sicuramente attribuibile
anche agli impulsi generati dalle copiose entrate che produceva: non c’è stato
anno, infatti, in cui l’Esecutivo non abbia introdotto nuove offerte di gioco
pubblico. Si è passati dalle 3 occasioni di gioco autorizzato alla settimana
degli inizi degli anni novanta (totocalcio, lotto e scommesse ippiche) alle 15
nel 2006. Senza contare che ora, con la legalizzazione dei giochi on line, si
può giocare in qualsiasi momento dal proprio computer. Ricordo che già alla
fine del 2004 l’Italia si collocava al terzo posto tra i Paesi che giocano di
più al mondo, dopo Giappone e Regno Unito.
Il gioco d’azzardo è oggi
caratterizzato sempre più da rapidità, immediatezza e dislocazione: il gioco
sul web, la diffusione capillare dei videopoker e lotterie istantanee come i
“gratta e vinci”, rendono possibile giocare d’azzardo a chiunque, ovunque e in
qualunque momento, rapidamente e anonimamente.
In questo contesto il ruolo dello Stato
è molto ambiguo e direi schizofrenico perché da un lato incentiva il gioco per
aumentare gli introiti e dall'altra si trova a dover impegnare cifre sempre più
consistenti per far fronte alle problematiche socio-sanitarie connesse al fatto
che troppo spesso questa " passione " si trasforma in una dipendenza
grave.
E' anche vero che la proibizione tout
court del gioco d'azzardo, oltre che determinare un danno economico significativo,
di fatto consegna tutto questo imponente mercato alla malavita senza risolvere
il problema della dipendenza.
Tra le difficoltà economiche, la
disoccupazione e l'incertezza del futuro, gli italiani continuano a riporre
fiducia nella fortuna, dando così vita a un giro d’affari di circa 90 -100 miliardi
di euro, pari al 4% del PIL italiano, che garantiscono all'erario incassi per oltre
otto miliardi costituendo di fatto la terza industria italiana.
Il fenomeno del gioco d’azzardo
patologico ha subito un’espansione allarmante in Italia e con esso anche le
conseguenze negative che vi sono correlate: impoverisce persone e famiglie,
altera i presupposti morali e sociali sostituendo l'azzardo con i valori
fondati sul talento.
L'Osservatorio, istituito dallo Stato
proprio per monitorare questi rischi, parla di almeno 300 mila persone a
rischio dipendenza o già dipendenti da svariate forme di gioco d’azzardo.
La diffusione del gioco d’azzardo e
delle problematiche socio-sanitarie connesse risulta tale che, già nel 1980 l’American
Psychiatric Association cataloga questa patologia quale disturbo mentale e la
inserisce nel manuale statistico e diagnostico.
Questo disturbo psico-patologico è
equiparabile alle altre forme di dipendenza in quanto induce il soggetto a
ripetere l'atto con una totale mancanza di controllo sulla gestione del denaro,
la necessità di giocare è imperante e se non soddisfatta genera sofferenza,
tutto questo conduce il più delle volte alla disgregazione della vita del
soggetto.
Vincere o il desiderio di rifarsi non
sono più il richiamo principale per scegliere il gioco, ma è il gioco d’azzardo
in sé, accompagnato dalle emozioni e sensazioni che riesce a suscitare, ad
attirare l’individuo.
Il processo che conduce il giocatore
sociale a diventare giocatore problematico e successivamente dipendente, appare
subdolo e lento. I segnali collegati alla perdita del controllo del gioco fanno
riferimento all’enorme mole di denaro e di tempo persi con il gioco, all’affetto
negato in famiglia, all’abbandono delle proprie responsabilità; altri segnali
possono giungere dal sistema lavorativo che è testimone di un calo
dell’efficienza e di assenze dovute al gioco. Infine dal punto di vista sociale
il giocatore può giungere a modificare il proprio concetto di moralità fino ad
arrivare a commettere atti illeciti.
Per diagnosticare una sindrome da gioco
d’azzardo patologico (GAP) devono essere soddisfatti due criteri: uno di inclusione e cioè il “persistente
e ricorrente comportamento maladattivo legato al gioco d’azzardo che
compromette le attività personali, familiari e lavorative”; e uno di esclusione, cioè il “comportamento
di gioco d’azzardo non è meglio attribuibile ad un episodio maniacale.”
Nel momento stesso in cui la spesa per
il gioco erode il 12% del reddito delle famiglie italiane e il SERT, assieme ai
servizi sociali dei Comuni, impegna circa 6 miliardi anno per la prevenzione
e cura da queste
dipendenze è evidente che si può parlare di un problema di politica sanitaria.
Il
problema è così ampio e diffuso che la Commissione
Europea, nel 2011, ha pubblicato il Libro verde che mira ad avviare
un’ampia consultazione su tutti i problemi di ordine pubblico e sugli aspetti
relativi al mercato interno connessi al rapido sviluppo dell’offerta di gioco
d’azzardo on line.
La
richiesta di limitare l’offerta di questi tipi di gioco e motivata proprio
dalla necessità di tutelare i giocatori e di prevenire il gioco d’azzardo
problematico
Il
15 novembre 2011, questa volta il Parlamento
europeo, ha emanato una risoluzione sul gioco d’azzardo on line nel mercato
interno con cui chiede alla Commissione di esplorare le possibilità di
promuovere una più stretta cooperazione a livello europeo per la lotta al gioco
d’azzardo illegale e per proteggere i consumatori vulnerabili.
In
questo contesto credo doveroso ricordare che l’Italia applica al gioco
d’azzardo una delle tassazioni più favorevoli nel contesto europeo (0,4 -0,6 %
contro l’8% della Francia) reiterando l’antico vizio di socializzare le perdite
e privatizzare gli utili.
A
livello nazionale lo Stato italiano ha emanato nel tempo numerose normative sul
tema del gioco d’azzardo, ma è solo recentemente che ha iniziato ad
interessarsi al fenomeno delle patologie ad esso connesse.
All’art.
5 del Decreto Balduzzi (D.L. n.° 158/2012) inserisce il gioco d’azzardo
patologico all’interno dei LEA permettendo così a questi pazienti di ricevere
gratuitamente cure e assistenza dal Servizio Sanitario Nazionale e Regionale.
L’Articolo 7 sancisce divieti in materia di pubblicità e l’obbligo di
effettuare controlli
Il
DDL n. 3294 introduce misure finalizzate a regolamentare modalità di
advertising sul gioco d’azzardo e sui giochi di fortuna con meccanismi di
controllo per evitare l’accesso ai minori e il divieto di pubblicità per
limitare i rischi per il consumatore di subire messaggi distorti e ingannevoli.
Manca,
però, un quadro legislativo chiaro che limiti e regolamenti seriamente il gioco
d’azzardo, contrastando gli interessi delle lobby a maggior tutela dei
cittadini e una politica di vero rigore fiscale verso i grandi concessionari.
A
livello regionale la Corte Costituzionale ha riconosciuto la legittimità
dell’intervento regionale in alcuni ambiti correlati al gioco d’azzardo. E’
in questo spazio angusto che la Regione FVG può agire a tutela dei cittadini senza
però alterare l’interesse dello Stato e le norme nazionali.
L’azione
dei soggetti istituzionali e non della Regione si focalizza su prevenzione
(riduzione della pubblicità), riduzione del rischio (prevedendo una distanza
minima di 500m dai luoghi sensibili, agevolando gli esercizi senza apparecchi
per il gioco d’azzardo), trattamento terapeutico, recupero sociale e contrasto
alla dipendenza dell’intera popolazione regionale.
Si
mira a creare maggiore informazione tra i cittadini affrontando il tema sia dal
punto di vista sanitario, sia sotto l’aspetto della sensibilizzazione e della
formazione delle persone.
L’ampiezza
del fenomeno trova il SERT e i servizi sociali dei comuni concordi nel
denunciare come ci si trovi di fronte ad una vera e propria emergenza che di
fatto obbliga la Regione di agire in modo tempestivo al fine di tutelare in
modo efficace la salute e il benessere dei cittadini.
Per
quanto sopra esposto e riservandomi di intervenire sui singoli articoli in
aula, confido che la proposta di legge in questione venga rapidamente approvata
a larga maggioranza.
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