Premesse
Il
servizio sanitario nazionale italiano (SSN) nasce con la legge 833/78, voluta
dall’allora ministro della sanità Tina Anselmi, quale fotocopia del servizio
sanitario nazionale inglese.
Attualmente
in Inghilterra il NHS è in profonda crisi e quest’anno sono stati venduti
alcuni ospedali ai privati nell’ottica di procedere con ulteriori e più
generalizzate privatizzazioni.
Considerato
che seguiamo a distanza di circa 8 anni quanto fanno gli Inglesi, se non
pensiamo ad una seria ed organica riforma del nostro sistema sanitario, a breve
ci troveremo ad affrontare gli stessi problemi.
La
sanità italiana impegna il 7.5 % del PIL e, secondo l’OMS, si classifica al 2°
posto fra le migliori sanità europee.
La
sanità pubblica francese con una spesa del 10.5 % del PIL si aggiudica il 1°
posto; la Germania con un sistema misto pubblico/privato (mutue), con una spesa
uguale a quella della Francia, si colloca al 15° posto circa.
Il
miglior privato, ovviamente solo per chi ha tanti soldi, è quello degli USA che
impegnando il 16.3 % del PIL USA si colloca oltre il 35° posto per qualità del
servizio erogato.
Ogni
cittadino italiano costa allo stato circa 2.200 euro, quello francese 3.050,
quello tedesco 3.300 e quello americano circa 5.000. Questi dati rendono del
tutto evidente come la sanità, quando pubblica ed universalistica, oltre che
essere eticamente condivisibile riesce a garantire prestazioni elevate a costi
contenuti.
La
sanità del FVG è nel gruppo delle migliori regioni italiane, è completamente a
carico della regione, non ha buchi di bilancio, costa circa 2,3 miliardi di
euro e impegna circa il 50% del bilancio regionale.
Causa
la crisi economica il FVG registra minori entrate per circa 1 miliardo di euro
e, anche considerando la spesa sanitaria come stabile, con questo dato la
percentuale della spesa sanitaria sul PIL sale a circa il 60% del bilancio.
Se
è vero che le minori entrate possono costringere tutti a rimettere in moto un
processo decisionale fermo da almeno tre legislature, è anche vero che vi sono
forze che vedono in questa necessità la possibilità di importanti guadagni
ottenibili con la progressiva privatizzazione del sistema. Ricordo che la
rincorsa al profitto ha fatto sì che solo a Milano ci siano 25 cardio chirurgie
contro le 40 dislocate in tutta la Francia.
Alla
richiesta di applicare quanto stabilito nel decreto Balduzzi, credo si debba
rispondere in modo negativo per vari motivi:
a) la sanità della regione ce la paghiamo e non abbiamo buchi di
bilancio, quindi decidiamo noi,
b)
negli ultimi anni il FVG ha ridotto i posti letto per acuti per più del 20 %,
mentre il privato in regione ha registrato un calo del 2-3 % e un incremento
del 4.7 a livello nazionale,
c)
perché l’Italia con 3.7 posti Letto per 1000 si colloca ampiamente sotto la
media europea (UE 6.39à 5.5; ITA 4.7à 3.7; Francia
7.11; Germania 8.17; Israele 5.83; Svizzera 5.31; Paesi bassi 4.25; Danimarca 3.57; Canada 3.4;GB 3.3 ).
Ho fatto queste premesse per evidenziare come una riforma
dell’intero sistema sanitario regionale, reso ineludibile dai dati anagrafici,
epidemiologici, economici e dal progresso della scienza medica, sia piena di
insidie e di rischi, tanto più se attuata in un momento in cui le risorse sono
in netto calo e la credibilità della politica è quella che.
Dobbiamo inoltre tener presente che stiamo parlando di
riformare un servizio che si colloca fra i migliori dell’Italia e, quindi, ogni
azione che poniamo in essere non deve pregiudicare la qualità del servizio fin
qui erogato.
Metodo
Perché una riforma, che prevede numerosi e talora radicali cambiamenti,
sia accettabile deve essere chiaro a tutti che l’unico metro utilizzabile è la professionalità e la qualità del servizio
erogato; non possono esistere zone
franche.
Pertanto bisogna essere disponibili a rimettere in
discussione tutto: università, doppioni, medici di medicina generale (MMG), confini
e dimensioni dei distretti ecc. ecc., e anche i finanziamenti puntuali troppo
spesso fatti solo per ingraziarsi una qualsivoglia lobby (si veda il caso dei
finanziamento dei consultori cattolici cancellato perché doppione di quelli già
presenti nel distretto e successivamente ripristinato).
In questo percorso minato considero fondamentale il coinvolgimento degli operatori sanitari nella loro
accezione più ampia e dei consiglieri di maggioranza, il cui ruolo non può
essere solo quello di avvallare con un voto decisioni prese in altra sede, anche
qualora questa sede fosse l’assessorato.
Una riforma seria deve partire dall’equità di trattamento e di opportunità per tutti i cittadini, siano
essi residenti in una città o in periferia.
E’ ora di smettere di colpire lì ove si apprezza minore
resistenza, cioè i soggetti deboli, e rinunciare aprioristicamente a toccare i
poteri forti.
Proposte
Eliminazione dei doppioni. Solo a Udine ci sono due chirurgie maxillo-facciale,
due otorino, due ortopedie, due neurologie, due oculistiche, due anatomie
patologiche, due chirurgie plastiche, due chirurgie generali, tre anestesie,
tre primari di laboratorio e due psichiatrie. Non deve più ripetersi che pur di
non rimpiazzare un medico dell’anatomia patologica di Palmanova questa venga
accorpata ad una delle due A.P. di Udine.
Credo superfluo precisare che, ove il
volume di attività fosse cospicuo, potrebbe essere necessario avere due reparti
uguali, che probabilmente andrebbero ulteriormente specializzati (es un’ortopedia
con indirizzo traumatologico e un’altra ad indirizzo protesico).
Urge
ripensare se una regione di 1.200. 000 abitanti abbia la necessità di due facoltà di medicina o se più
verosimilmente ne basterebbe una sola. Per gli studenti fuori sede si potrebbe
pensare a una riduzione delle tasse universitarie, aumentare i posti alla casa
dello studente o altri meccanismi compensativi per rendere quanto più eguali le
condizioni di partenza tra gli studenti in e fuori sede.
Ruolo degli Ospedali di Rete: assodato che la loro chiusura o
ulteriore ridimensionamento porterebbe alla desertificazione del territorio e
all’ulteriore congestione delle strutture di II livello, bisogna evitare che a
pochi km di distanza si facciano le stesse cose e che i servizi erogati siano
quelli di cui necessita la popolazione residente. Non bisogna ripetere l’errore
fatto con la chiusura del Gervasutta che ha visto la migrazione in Veneto di una
equipe stimata e qualificata e, a ruota, di centinaia di nostri concittadini.
A titolo esemplificativo, ma non
esaustivo, faccio alcuni esempi.
Latisana: deve restare il punto nascita per questioni geografiche, per la
vicinanza di Portogruaro e per il ruolo di Lignano. Preso atto, poi, che da
anni in quest’ospedale l’ortopedia ha sviluppato l’eccellenza sulle patologie
della spalla, dovrebbe diventare centro di riferimento regionale per quella
patologia e risolvere tutti i problemi ortopedici minori di quel territorio.
Cividale : considerata l’estensione e l’orografia delle Valli del Natisone, deve
mantenere il reparto di medicina, l’ RSA, la gestione delle sindromi apalliche,
potenziare la diagnostica radiologica decentrando gli esami programmati di UD (utile
ricordare che nel mandamento di Cividale vengono effettuate circa 3000
TAC/anno), potenziare la Day Surgery che deve essere aziendale e svincolata
dalla struttura che fa le urgenze (così come tutte le Day Surgery europee).
In modo analogo va ripensata la
missione degli altri ospedali di rete.
In
quest’ottica, le patologie minori del
Santa Maria della Misericordia, dovrebbero essere delegate alle strutture
periferiche in modo che, riducendo il carico di lavoro, quest’ultimo possa sviluppare
ulteriormente il ruolo di ospedale di
riferimento e di rilievo nazionale che gli spetta.
Ripensare
al ruolo dei Medici di Medicina Generale (MMG) che, con un modesto aggravio di
spesa (circa 25 milioni di euro), potrebbero diventare dei dipendenti al pari
dei medici ospedalieri.
Con questa operazione si potrebbero aggregare
più ambulatori ed estendere l’apertura degli stessi per almeno 12 ore, con il
verosimile risultato di ridurre drasticamente l’accesso al Pronto Soccorso.
Gli ambulatori potrebbero essere
posizionati nel distretto oppure negli ospedali periferici e magari usufruire
di una infermiera o collaboratore fisso per le pratiche burocratiche,
medicazioni ecc.
I MMG, in accordo con la regione e sotto la regia del capo distretto,
potrebbero in questo modo realizzare una vera medicina d’iniziativa e di
prevenzione che sappiamo essere alla base dei veri risparmi in questo campo.
Per ricostituire il patto di fiducia
tra il MMG e i loro pazienti è indispensabile che i primi possano
interfacciarsi in modo diretto con i medici ospedalieri per concordare visite,
esami e terapie. Dal canto loro i medici ospedalieri potrebbero concordare
dimissioni e terapie domiciliari con i colleghi del territorio. Solo in questo modo
il MMG tornerà ad essere il miglior alleato dei suoi assistiti con una
verosimile riduzione del peregrinare dei pazienti da uno specialista all’altro.
Aumentare
la quota di finanziamento della medicina preventiva dal 3 al 5%, come auspicato
dai report nazionali, perché la vera la riduzione della spesa sanitaria passa
dalla prevenzione della malattia.
Indispensabile
attivare un centro regionale unico, giuridicamente e finanziariamente autonomo,
per gli acquisti dei farmaci, delle apparecchiature e dei presidi sanitari
(anche per soddisfare le esigenze dei servizi sociali dei comuni). Il volume di affari sarebbe tale da
determinare di per sé una sostanziosa riduzione dei costi di acquisto.
Ripensamento
sul ruolo dei farmaci oncologici di ultima generazione molti dei quali
evidenziano una attività minore del 20% (vale a dire che nell’80% dei casi sono
acqua fresca e che in quel 20% in cui funzionano, aumentano l’aspettativa di
vita di poche settimane). Voglio ricordare come in Canada e in Inghilterra la
decisione di escludere dal prontuario nazionale molte di queste molecole sia
già stata fatta.
Adottare
in regione e proporre al parlamento nazionale con una legge voto, una modifica della
modalità di assicurazioni sul rischio professionale dei medici e degli
operatori passando dal metodo risarcitorio a quello indennitario analogamente a
quanto fatto in Svezia.
E’ acclarato che la certezza
dell’entità del danno risarcibile determina un crollo del costo delle
assicurazioni e riduce anche il ricorso alla pratica della cosiddetta “medicina
difensiva” che ovunque risulta in costante aumento.
Attivare
la centrale unica del 118 a Palmanova.
Punti nascita: non fermarsi al mero dato numerico
dei parti che, ad esempio, non spiega come pur essendoci in regione 7 punti
nascita su 11 a ”rischio” (perché in 4 si registrano 500 o meno parti anno e in
3 sedi 7-800) la mortalità infantile in regione sia la 3° migliore nel mondo
(1.8 morti ogni 1000 nati in Lussemburgo, 2.0 in Islanda e 2.3 in FVG –dati AGENAS
2010).
Come accennato per Latisana, il
legislatore regionale deve garantire che, a prescindere dalla residenza, l’accessibilità
ai servizi sia pressoché analoga per ogni concittadino.
Rivisitazione
delle dimensioni dei distretti che,
in ogni caso, dovrebbero coincidere con i rispettivi ambiti.
Ovviamente questo ridisegnare i
distretti dovrebbe andare di pari passo con la riforma degli enti locali e
delle Province.
Riguardo alla numerosità di alcuni
servizi distrettuali, credo che si debba essere molto ecclettici in rapporto
alla frequenza della patologia: un unico centro regionale per l’anoressia e i
disturbi dell’alimentazione, molti di più ad es. per il diabete, restando fermo
il principio che la vera cura del diabete è una corretta educazione alimentare
legata ad un esercizio fisico costante.
Non
vedo come ostativo, soprattutto adesso che si ipotizza la cancellazione delle Province,
un ripensamento della composizione delle aree vaste che dovrebbero essere
quanto più omogenee possibili (ad esempio perché non unire Latisana con S.Vito
al Tagliamento pensando a due strutture ospedaliere complementari? Analogamente
perché non Palmanova con Monfalcone e Gorizia?)
Ricostituire
una squadra di professionisti che studi l’epidemiologia delle principali
patologie in regione, gli esiti delle varie prestazioni erogate dai nostri
presidi sanitari, le best pratices delle altre nazioni ecc. Ripensare cioè ad
una agenzia regionale della sanità evitando di ripetere gli errori del passato
e che aveva trasformato l’Agenzia nel vero centro decisionale di tutta la
sanità regionale.
Concludendo: sarà una riforma molto difficile,
che richiederà il coinvolgimento di tutti, dagli amministratori locali, agli
operatori, ai concittadini e soprattutto dai politici chiamati a fare scelte
chiare e soprattutto funzionali.
Se per un qualsiasi motivo prevarranno le lobby o i
campanili, se le scelte non saranno fatte nell’esclusivo interesse della
collettività non solo sarà una guerra, ma rischieremo seriamente di perdere il
servizio sanitario regionale così come lo conosciamo e stimiamo.
2 commenti:
complimenti, ottimo approfondimento.
Condivido in toto.
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