Oggi,
con le audizioni degli amministratori locali, è iniziato l’iter che dovrebbe
portare all’approvazione della riforma della sanità voluta dal centro destra.
La
riforma della goverance è in realtà un contenitore vuoto, che parte da alcuni
principi condivisibili (centralità del cittadino,
continuità delle cure, integrazione socio-sanitaria), ma che lascia a futuri
scenari la programmazione dettagliata.
In
questo modo l’accorpamento delle aziende potrebbe anche prefigurare la chiusura
di molte strutture ospedaliere minori senza che nel contempo le stesse funzioni
siano state riproposte sul territorio.
Anche
in considerazione di quanto accaduto in precedenza, è necessario esigere che prima
di procedere ai tagli si sia provveduto a potenziare il territorio.
In
modo pressoché unanime gli amministratori locali hanno manifestato la necessità
che vi sia coincidenza tra ambito e distretto, ma hanno anche ricordato che
l’accorpamento delle aziende di per sè non è sinonimo né di risparmio e né di
migliori prestazioni .
E’
abbastanza singolare che questa maggioranza lamenti la scarsa condivisione
della legge in discussione quando, di fatto, presenta a tutti gli operatori del
settore un prodotto preconfezionato e che è suscettibile solo di modifiche
marginali.
Tra l’altro anche i risparmi
e il miglioramento della qualità del servizio evocati con il disegno di legge 216, in assenza di un
qualsiasi studio documentato che li comprovi, restano appunto solo un'ipotesi.
Le criticità della sanità
regionale, che sono note da tempo, in questa pseudo riforma non vengono non
dico risolte ma nemmeno evocate.
E’ evidente che proporre una
legge di riforma della sanità a termine di
legislatura sa molto di spot pre elettorale ma il rischio che si dia
l’avvio ad una drastica riduzione dell’offerta sanitaria è del tutto concreta.
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