martedì 5 luglio 2016

Perchè ho votato per l'ammissibilità del referendum abrogativo della riforma sanitaria regionale.



Signor Presidente, signori Consiglieri, 
oggi quest’aula è stata chiamata a decidere sull’ammissibilità del referendum per l’abrogazione della legge 17/2014, presentata da  9 comitati sparsi su tutto il territorio regionale e supportata da 2500 firme di nostri concittadini, stante che l’Ufficio di Presidenza, con 4 no e 3 si, non ha raggiunto l’unanimità  richiesta per legge.

Nel 1978 la Corte Costituzionale è stata chiamata a pronunciarsi sull’ammissibilità di ben 8 quesiti referendari che l’Ufficio Centrale per il referendum, costituito presso la Corte di Cassazione e l’avvocatura dello stato, dichiaravano come NON ammissibili.
La sentenza in questione 16/78, relatore Livio Paladin, non solo ha fatto scuola, ma ha profondamente modificato il concetto di ammissibilità dell’istituto referendario così come inteso fino ad allora.
Così si è espresso uno dei relatori intervenuto pochi giorni fa, proprio in quest’aula, ad un incontro promosso dal Presidente Iacop sul futuro della Specialità regionale e sulla figura di Livio Paladin.
La sentenza è molto articolata e parte dal presupposto che “la vastità e la novità dei problemi imponevano di considerare e determinare, in via preventiva e generale, i fondamenti, gli scopi, i criteri del giudizio riguardante l’ammissibilità delle richieste di referendum”.
Questo, in buona sostanza, il motivo per cui è considerata una pietra miliare in questi temi.

Entrando nel merito:

I giudici della Corte Costituzionale dichiarano ammissibile l’abrogazione dell’intera legge 152/75, contro il parere dell’avvocatura dello Stato, affermano che “non è sostenibile che siano sottratte al referendum abrogativo tutte le leggi ordinarie comunque costitutive od attuative di istituti, di organi, di procedure, di principi stabiliti o previsti dalla Costituzione. A parte l’ovvia considerazione che il referendum verrebbe in tal modo a subire limitazioni estremamente ampie e mal determinate ……”

Voglio ricordare che la legge 152/75 “disposizioni a tutela dell’ordine pubblico” è costituita da ben 36 articoli  e che tratta  di temi delicatissimi come  la privazione della libertà personale, l’a obbligatorietà del mandato di cattura, la possibilità di manifestare…. Andando anche a lambire diritti garantiti dalla costituzione   

Il riferimento alle leggi “costituzionalmente obbligatorie” si dimostra viziato da un equivoco di fondo perché la formula in questione farebbe pensare che “quelle leggi e non altre, con i loro attuali contenuti normativi, siano indispensabili per concretare le corrispondenti previsioni costituzionali. Così invece non è dal momento che questi atti legislativi non realizzano che una fra le tante soluzioni astrattamente possibili per attuare la Costituzione

E per fugare i dubbi sul fatto che con l’abrogazione di una legge resterebbe un vuoto normativo eccepiscono “nulla può impedire al legislatore ordinario di colmare in altro modo il conseguente vuoto normativo o di intervenire prima che la lacuna sia divenuta effettiva in virtù di quella previsione dell’art 37 terzo comma della legge 352 del 70” che sospende, per un tempo non superiore a 60 gg, l’effetto abrogativo della legge in questione. 

Ora gli uffici della regione, di contro, affermano in modo altrettanto articolato ed esaustivo la non ammissibilità del questo referendario.

A questo punto, anche se le argomentazioni e la fama dei giudici della Corte Costituzionale sono tali che mi verrebbe spontaneo attribuire alla loro sentenza un peso maggiore di quella che attribuirei ai nostri uffici (non me ne vogliano), ritengo che le due diverse motivazioni si elidano a vicenda.
Nel momento stesso in cui una scelta “tecnica “dà adito a dubbi ed interpretazioni divergenti, al sottoscritto, che non è un costituzionalista e nemmeno un giurista, non resta che una valutazione puramente politica.
E del resto è lo stesso assessore alla sanità che, in un’intervista di ieri, da una lettura  puramente POLITICA al quesito referendario.

A mio avviso non ha nessuna importanza il fatto che si condividano o meno i quesiti referendari, in questa sede noi siamo solo chiamati a decidere se il popolo ha diritto di fare delle scelte anche quando queste sono, a nostro avviso, sbagliate.

Se è vero che uno strumento di democrazia diretto, quale è il referendum, non può essere trasformato in distorto strumento di democrazia rappresentativa, è altrettanto vero che i cittadini hanno pochi strumenti per manifestare il proprio dissenso sulle leggi promulgate da quest’aula e che, in questo caso, reputano profondamente sbagliate e lesive dei loro diritti.

In tutto il dibattito che ci ha preceduto non ho mai sentito una parola sul perché si sia arrivati a questo punto. Come è stato possibile che uno sparuto gruppo di cittadini sia riuscito a coagulare ben 9 comitati sparpagliati sul territorio, a raccogliere in brevissimo tempo 2500 firme, quando ne bastavano 500, e a fare una proposta così radicale come quella di un referendum abrogativo di un’intera legge.

Siamo arrivati a questo perché una volta di più è mancata la volontà di ascolto e di trovare delle soluzioni condivise. Tutte le scelte sono state calate dall’alto il più delle volte contro il parere degli operatori, rapportandosi solo con una sparuta cerchia di professionisti. Non è possibile che ogni dissenso venga etichettato dall’Assessore come “beghe tra medici, difesa delle poltrone o dei privilegi, visione ospedalo-centrica” e via discorrendo. 

Risibile, se non ridicola, la giustificazione, anche questa più volte invocata, che il popolo non sa, non è in grado di capire. Sono i cittadini Svizzeri in grado di capire l’impatto economico che il reddito di cittadinanza avrebbe avuto sulle casse della confederazione? Sono in grado gli italiani di capire la portata delle modifiche costituzionali che il governo Renzi vuole fare? Perché allora i padri costituenti hanno previsto che le modifiche costituzionali, non approvate dai 2/3 dei parlamentari, DOVESSERO essere sottoposte a Referendum e questo nel 1948 con un tasso di analfabetismo molto elevato.

I partiti le associazioni devono farsi carico di informare i cittadini delle proprie convinzioni e dare le INDICAZIONI DI VOTO e non di IMPEDIRE L’ ESERCIZIO DEL VOTO

Non ci si può lamentare del crescente numero di astenuti alle varie elezioni e contemporaneamente invitare i cittadini ad andare al mare solo perché si ha paura di come il popolo, il tuo popolo, potrebbe esprimersi. Non è possibile, il giorno dopo la nettissima vittoria del referendum sull’acqua varare delle leggi che lo disattendono.

Se siamo convinti che quanto scritto nella legge 17 è così valido, un referendum non farebbe altro che confermare la bontà della legge e, nello stesso tempo, taglierebbe le gambe ad ogni protesta o dissenso. Questo a prescindere del raggiungimento o meno del quorum.

Nel caso contrario, cioè nel momento in cui noi volessimo impedire, a torto o a ragione, l’espressione popolare otterremmo che l’unica cosa che resterà fissa nella mente dei nostri elettori è la paura che questa classe politica ha del giudizio della propria gente.

Impedire di votare contribuirebbe, una volta di più, ad accrescere la ormai quasi maggioranza di coloro i quali non vanno più a votare e che non credono più alla politica.

Voglio anche ricordare come in tutti i gradi di giudizio, anche per reati molto gravi, la regola non scritta, ma costantemente citata e applicata, “in dubbio pro reo“ non fa che confermare che nel momento in cui sussistesse un dubbio la legge si schiera a difesa del più debole e il più debole in questo caso sono i nostri cittadini.  


Nel momento stesso in cui dovessi avere paura del giudizio del popolo su di una legge promulgata da quest’Aula credo che sarebbe giunto il momento di lasciare.

Per questi motivi voterò SI per l’ammissibilità del quesito referendario