martedì 29 giugno 2010

Convegno "fine vita".

Sabato 26, nell’auditorium della Regione in via Sabbadini a Udine, si è svolto un convegno che analizzava gli aspetti scientifici e bioetici del fine vita.

Detta così parrebbe un non notizia, stante che in tutto il mondo si svolgono quotidianamente convegni scientifici sui temi più svariati. In realtà la notizia è che siamo riusciti a farlo, perché la cosa non è stata nè semplice né scontata, gli ostacoli, i dinieghi, i sospetti e le diffidenze sono state numerose e, talvolta, inaspettate.

Dopo il caso Englaro e tutte le bugie dette in quell' occasione, dopo il maldestro tentativo del governo di legiferare sull’onda emotiva di quel fatto, quando, per anni, non si era fatto niente, molti operatori del settore sentivano l’esigenza di ripartire da capo e cioè dal sapere scientifico.

Si sperava che anche i politici, cui spetta la seconda fase e cioè la costruzione di una legge i cui pilastri affondino in quel “sapere”, fossero interessati ed invece, nonostante relatori di rilievo nazionale ed internazionale, praticamente tutti hanno evitato di farsi vedere.

Trovo difficile giustificare la diffidenza che abbiamo riscontrato, soprattutto in ambito politico, ma anche tra i medici: tutti, in qualche modo, avevano paura di apparire schierati, tutti temevano di esplicitare le proprie idee.

I medici probabilmente perché da troppo tempo hanno una carriera condizionata più dal potere politico che dal loro curriculum professionale, e i politici perchè troppo attenti a non dispiacere alle gerarchie cattoliche pur di non perdere qualche voto.

Il vero problema è che questa nostra malmessa nazione ha assoluto bisogno di una legge che regolamenti un aspetto così crucciale della vita di tutti, coniugandola con il rigoroso rispetto di tutte le diverse sensibilità e la cosa (udite, udite) è assolutamente possibile dato che l’anno già fatta da anni in tutta Europa.

Con questo governo ”dell’amore”, il clima di intolleranza lo si respira ogni giorno di più e interessa i temi più svariati: gli extracomunitari, il meridione d’Italia, gli omosessuali, la bandiera nazionale ed il suo inno, la pillola del giorno dopo, la fecondazione assisitita, la RU486, il rispetto delle leggi e dei giudici, alcune trasmissioni televisive ecc ecc.

La versione più benevola di tutto questo è che non si vuole accettare che altri possano fare scelte diverse dalle nostre e si confonde il rispetto di scelte diverse con la condivisione delle stesse. La più cattiva è che non si vuole un Paese di cittadini, ma di sudditi.

Un Paese in cui l’opposizione balbetta, vuoi per i continui distinguo della sinistra, vuoi per un partito democratico che dice tutto e il contrario di tutto, corre il rischio non solo di non combattere efficacemente questa deriva, ma anche di svegliarsi solo a disastro avvenuto.

giovedì 24 giugno 2010

Tondo e la Villesse - Gorizia.

Ecco l'interrogazione che ho presentato oggi, concernente l'acquisizione di pareri da parte di Tondo con riferimento all'A4.
Vista l’ordinanza del Presidente del Consiglio dei Ministri del 5 settembre 2008, pubblicata sulla G.U. dell’11 sett. 2008, in merito alle “disposizioni urgenti di protezione civile per fronteggiare l’emergenza determinatasi nel settore del traffico e della mobilità nell’asse autostradale Corridoio V dell’autostrada A4 nella tratta Quarto d’Altino - Trieste e nel raccordo autostradale Villesse – Gorizia” (ordinanza 3702);

considerato che, al comma 4 dell’articolo 3 della suddetta ordinanza, si richiede in modo esplicito che “ il progetto esecutivo dell’opera e le eventuali varianti in corso d’opera sono approvate dal Commissario delegato, sentita la Concessionaria ed il Comitato di cui all’art. 2, comma 4 (..)“;


interroga

il Presidente della regione Renzo Tondo se, per quanto stabilito dal comma 4 dell’art.3 succitato, in qualità di Commissario per l’emergenza abbia acquisito i pareri della Società Autovie Venete S.p.A. inerenti a tutti i progetti relativi alla realizzazione della terza corsia della Villesse Gorizia in via di realizzazione.

lunedì 7 giugno 2010

A chi fa paura la stampa libera.

Le modalità dell’apprendimento sono complesse e talvolta misteriose, tanto che molto spesso per imparare una lezione dobbiamo sbatterci il naso, talvolta facendoci anche molto male perchè riteniamo che le esperienze passate, se non sono nostre, non servono.

Noi tutti, quando eravamo adolescenti, abbiamo ignorato i consigli dei genitori che tentavano di evitarci dolorose esperienze, ma abbiamo imparato solo dopo, quando la realtà ci ha costretto ad un brusco risveglio.

Forse la storia non si ripete nello stesso modo, ma le analogie con quanto accaduto durante il ventennio e a quanto scritto da Licio Gelli nel famoso piano della P2 credo siano evidenti a tutti.

Adesso come allora il potere aveva pienamente capito che il controllo delle masse passava per il controllo dell’informazione e in questo, in nostro Presidente del consiglio, è da sempre maestro, basti pensare come è riuscito ad attribuire la maggior parte dello sfascio Italiano ai governi della sinistra e non, come in realtà è avvenuto, con il governo del suo amico e sodale Craxi prima e ai suoi governi poi.

La legge sulle intercettazioni e sul controllo della stampa attualmente in discussione al Senato hanno, in maniera spudorata, questo obbiettivo tanto che la norma transitoria ha l’unico scopo di bloccare la diffusione di notizie inerenti le presunte malefatte della “cricca”.

La cosa che forse lascia più perplessi è la scarsa reattività del popolo italiano che, nonostante gli evidenti rischi che questa strada già tracciata e a suo tempo percorsa ha evidenziato, pare quasi rassegnato a dover percorrere quel “miglio verde ” che inevitabilmente lo porterà alla sua fine.

Quando il Fascismo era vincente tutti erano fascisti, quando la Germania sembrava aver vinto la guerra abbiamo attaccato la Francia, quando la guerra buttava male ci siamo alleati con gli americani e quando volgeva al termine eravamo tutti partigiani.

Alla fine della guerra, quando le indagini sulle varie nefandezze fatte dai nazi-fasciti poteva mettere in imbarazzo qualcuno o chiamare qualcuno alle proprie responsabilità, non si è trovato di meglio che impilare i fascicoli in un famoso “armadio” (poi divenuto della vergogna) e rigirarlo verso il muro.

In Italia, da tempo, nessuno è mai responsabile di niente, soprattutto delle proprie azioni, le colpe sono sempre degli altri, in questo solo l’Austria ci ha imitato scaricando tutte le sue colpe nell’Anschluss (Annessione ) che avrebbero subito e non plebiscitariamente voluto.

Spesso mi sono domandato del perché di questo reiterare errori che tanto ci sono costati in passato e la riposta che mi sono dato è che noi non abbiamo mai fatto, in modo serio, i conti con il passato e per questo siamo costretti a ripeterli.

Tondo/ Rosolen /Brandi.

Giovedì in Aula il Presidente della Regione ha fatto, come atto dovuto, le sue comunicazioni in merito alla modifica della composizione della Giunta regionale.
Tondo ha detto che, pur constatando il buon lavoro fatto dall’Assessore Rosolen, ha dovuto “mandarla a casa” in seguito ai fatti accaduti nelle scorse settimane, con un esplicito riferimento a quanto accaduto nel Comune di Trieste.

Sono, pertanto, delle beghe di una componente minoritaria del PdL: per un problema relativo alla singola realtà triestina, che per quanto importante, è una parte dell’intera regione, che un buon assessore deve, con rammarico dello stesso Presidente della Regione, essere dimissionata.

Tutti i consiglieri regionali intervenuti nel dibattito, sia di maggioranza che di opposizione, pur rimarcando le diverse posizioni politiche, hanno infatti espresso apprezzamento all’operato dell’assessore che quindi non è venuta meno ai compiti relativi al suo mandato.

A questo punto non resta che prendere atto che Tondo, per il quieto vivere e per restare in sella, si è dovuto piegare ai voleri di chi interpreta la politica come spartizione di potere e non come servizio alla comunità che un politico una volta eletto è chiamato a rappresentare.

Se l’operato politico della Rosolen era entrato in contrasto con il partito nel quale militava questo problema andava risolto dai probiviri e in ogni caso nell’ambito di quel partito.
Rimuovere un assessore che, pur designata da una parte politica, opera nell’interesse della totalità dei cittadini del Friuli Venezia Giulia è non solo un errore di questo esecutivo, ma esplicita anche la visione miope che questa maggioranza ha della politica.

Altro problema non marginale è che il nuovo assessore si aggiunge agli altri 6 assessori esterni già presenti in Giunta, che su si un totale di 10 non è poca cosa.
Una volta di più la politica che, complice la crisi economica, impone tanti sacrifici ai cittadini nel momento in cui potrebbe dimostrare di applicare a se stessa lo stesso rigore che richiede agli altri scantona e si dimostra “casta”.

Analogamente a quanto accaduto nel caso Englaro, quando Tondo condividendo la battaglia di civiltà di Beppino gli ha dato un concreto aiuto sottotraccia ma non ha avuto il coraggio, in modo esplicito, di mettersi di traverso alla sua maggioranza, anche in questo caso ha preferito difendere la sua poltrona piuttosto che un assessore che aveva ben operato.

Concludendo si può affermare che la libertà, politica ed istituzionale, che un presidente deve avere in quanto presidente di tutti e non solo del proprio partito è venuta meno: l’istituzione si è piegata al partito.