lunedì 29 maggio 2017

Sul magazzino del centro raccolta sangue dell'Ospedale di Cividale

Nel corso del question time della seduta del Consiglio Regionale di questa settimana verrà data risposta alla mia interrogazione a risposta immediata riguardante il magazzino dell'Ospedale di Cividale (in allegato).


martedì 23 maggio 2017

Che fine hanno fatto i beni della Collezione Lloyd Triestino?

A seguito di una richiesta di accesso agli atti ho ritenuto di dover presentare un'interrogazione alla Presidente della Regione ed all'assessore competente per avere chiarimenti in merito all'attuale gestione e conservazione dei beni facenti parte della Collezione Lloyd Triestino, dopo l'avvenuto trasferimento di tali beni di interesse storico artistico nel corso della scorsa legislatura.





lunedì 8 maggio 2017

Alcune considerazioni sulla politica dei tagli




Parlando dell’Italia

Il Def (Documento di economia e finanza) del 2016 stabilisce che nel triennio 2017-2019, la spesa sanitaria avrà un incremento ad un tasso medio annuo dell’1,5 per cento; ma, nel medesimo arco temporale, il PIL nominale crescerà in media del 2,8 per cento. Nel dettaglio: nel 2016 la spesa dovrebbe assestarsi attorno ai 113,3 miliardi, nel 2017 ai 114,7 miliardi, nel 2018 ai 116,1 miliardi e nel 2019 ai 118, 5 miliardi. Nello stesso periodo, l'incidenza sul PIL passerà dal 6,8 - 7.0 % del 2016 al 6,5% nel 2019.

Per capire il percorso storico della nostra sanità, credo sia utile ricordare che nel 1987, l’allora ministro della sanità Tina Anselmi, istituendo il Servizio Sanitario Nazionale, prevedeva che la spesa sanitaria incidesse per almeno il 6.4 % del PIL, cifra al di sotto della quale i LEA non sono più garantiti, e vi è un calo dell'aspettativa di vita.

Sempre per confrontarci con il resto dell’Europa, la Francia (il migliore sistema sanitario secondo OMS) spende l’11.5% (in percentuale del PIL - dati 2014 – dal Rapporto OASI  2016-Bocconi) la Germania 11.3%; l’Austria 11,2%; l’Olanda 10,9%, Il Belgio 10,6% ; Spagna 9.0%; Svezia 11,9%; UK 9,1%;  Italia 9.2%; USA 17,1% (gli Stati Uniti d'America sono collocati da OMS dopo il 40esimo posto per qualità/ universalità del servizio).
Il sotto finanziamento del NHS inglese ha determinato, nel lungo periodo, una situazione di insostenibilità tale da non riuscire a garantire l'erogazione dei servizi neppure nei tempi massimi previsti per legge.
La soluzione opportuna sarebbe stata quella di implementare gli stanziamenti dedicati alle strutture ed al personale della sanità pubblica. Cosa è stato invece fatto?
La soluzione proposta dal ministro della sanità inglese è stato il provvedimento con il quale è stato esclusivamente tolto l’obbligo, precedentemento imposto, di operare i casi di routine (protesi di anca, ginocchio, cataratta, etc) entro le 18 settimane. 
Della serie, se non c'è un termine massimo per intervenire non c'è disservizio. 
Ancora, con riferimento al numero di posti letto per acuti ogni 1000 abitanti, l’Italia, assieme alla regione FVG, si attestavano su 3,7. Tuttavia, l'approvata riforma sanitaria regionale si è posta l'obiettivo di arrivare a 3.0, come in Inghilterra.

Anche con riferimento al numero dei posti letto vediamo i dati europei: la Francia ha 6,2 posti letto per acuti ogni 1000 abitanti, la Germania 8,2, l’Austria 7,6, la Spagna 3.0, la Norvegia 3,9, la Svizzera 4.6, per citarne alcuni ( dal rapporto OASI – Bocconi 2016).

La Svezia merita un discorso a parte perché, se è vero che ha solo 2,8 posti letto per acuti, è altrettanto vero che spende per il territorio almeno 5 volte quello che spendiamo noi. 

A voler considerare ragionevole il taglio dei posti letto per acuti fatto in regione, spieghino l'Assessore alla salute e la Presidente: come mai a Cattinara, ogni giorno, ci sono più di 60 pazienti fuori reparto? Per quale ragione si è dovuto stipulare una convenzione con tre strutture private per garantirsi ulteriori 64 posti letto? Non era più logico mantenere quelli nella struttura pubblica?

Una delle motivazioni poste alla base della scelta di tagliare i posti letto è l'affermazione che si fanno troppi ricoveri impropri; quindi, per i sostenitori di tale scelta, la riduzione dei posti letto risulta essere cosa giusta e saggia.

PERO’, a dispetto di tale premessa, l’Italia risulta essere la nazione migliore del mondo per il NON FARE ricoveri impropri, a dimostrazione che i medici di base ricoverano solo quando necessario (Analisi su 28 paesi per patologie come l’Asma, il Diabete e la Broncopatia Cronica Ostruttiva - BPCO - dal rapporto Oasi 2016 -Bocconi).    

L’Italia, così come la Grecia, la  Spagna e l’Uk, tanto per citare alcuni fra i paesi europei, sta da anni riducendo la copertura sanitaria intervenendo su due fattori fondamentali: i fondi stanziati e il personale.

Fondi: dopo otto anni di contenimento della spesa non è più verosimile parlare di “razionalizzazione” della spesa, bensì si deve iniziare a parlare di riduzione delle prestazioni erogate.

Riduzione personale dipendente: da due anni, e per la prima volta, la spesa per beni e servizi supera quella per il personale (33% contro 31%). I turni sono sempre più massacranti e vengono svolti da personale precario e con un’età  media sempre più elevata.

Tutto questo sta conducendo all'ingresso del settore privato nella sanità pubblica, sia per quanto concerne l’erogazione delle prestazioni, sia per ciò che riguarda il sistema assicurativo.
 

Sorge il dubbio che in tutto ciò non vi sia nulla di casuale.



 

mercoledì 3 maggio 2017

Sull'erogazione di esami specialistici

A seguito di una segnalazione attendibile ho presentato all'Assessore Telesca un'interrogazione a risposta immediata per sapere per quale ragione un esame specialistico era stato in prima battuta fissato presso l'Ospedale di Udine e successivamente, con una telefonata dell'operatore del CUP, dirottato presso una clinica privata convenzionata con il Servizio sanitario regionale.
Il mio timore, poi smentito dalla risposta datami, era determinato dal sospetto che la sanità pubblica avesse deciso di rinunciare ad eseguire esami qualificanti per avvalersi dell'offerta privata tramite convenzione.
Nel 2015 l'ospedale Santa Maria della Misericordia aveva erogato il servizio al medesimo paziente, pertanto risultava incomprensibile come a distanza di soli due anni tale servizio fosse stato soppresso. Mi è sembrato giusto chiedere lumi all'Assessore competente.  
L'episodio, sul quale verrà fatta chiarezza, pare riconducibile all'impreparazione del personale addetto al CUP.


martedì 2 maggio 2017

Le vie dell'inferno sono lastricate di buone intenzioni




*** 2^ puntata***

Sempre in Inghilterra, per remunerare l’attività della medicina generale, fu applicato un sistema retributivo commisurato alla qualità delle cure erogate, noto con il nome di Quality & Outcomes Framework.

La qualità venne ricondotta a tre classi di indicatori:
1)     Indicatori clinici: misurano la qualità dell’attività clinica del medico, quale la regolarità del monitoraggio in relazione a 10 patologie croniche rilevanti e diffuse tra cui ipertensione, diabete, ipotiroidismo, disfunzioni mentali, epilessia, asma, etc.
2)    Indicatori di natura organizzativa, quali la registrazione dei pazienti, la comunicazione con gli stessi, attività educative, etc.
3)  Valutazione dei pazienti tramite questionari somministrati in loco presso gli ambulatori.


L’obiettivo perseguito dalla Dama di Ferro era quello di rendere le aziende ospedaliere e gli ambulatori dei medici dei fornitori diretti del servizio di assistenza sanitaria ad intermediari, in modo da reperire sul mercato l’offerta più vantaggiosa per i propri pazienti, cd. mercato interno.
Nonostante tale opera riformatrice, il NHS rimase pubblico ed universale, e non venne ulteriormente modificato dai successivi governi laburisti (1997-2010).
Nonostante l’introduzione delle regole del libero mercato, tali governi incrementarono la spesa sanitaria ed adottarono parzialmente il modello thatcheriano con le PFI, le iniziative di finanza pubblico-privata. 
Con il governo di David Cameron, leader del Partito dei Conservatori dal 2005, si è assistito prima ad un progressivo trasferimento delle risorse dagli ospedali al territorio e poi a tagli alla spesa pubblica che hanno colpito il NHS attraverso “razionalizzazioni” ed “efficienze” tradottisi in riduzioni del personale, esternalizzazioni e privatizzazioni.
Il risultato è stato che ad oggi nel Regno Unito operano alcune centinaia di ambulatori medici e servizi non emergenziali gestiti da operatori privati, seppure inquadrati nell’ambito del sistema sanitario pubblico.
L’istituto di finanza pubblica britannico ha recentemente messo in guardia i ministri: se le risorse per L’NHS non aumenteranno c'è il rischio che la compartecipazione dei pazienti alla spesa arrivi al punto di far pagare i cittadini anche per l’accesso agli ambulatori dei medici di medicina generale, per il pronto soccorso o addirittura per i pasti e per il consumo di elettricità relativo al loro ricovero in ospedale.
Queste sono state le modalità con cui il Regno Unito ha portato avanti una politica di tagli alle cure ospedaliere finalizzata ad incentivare un maggiore coinvolgimento della medicina generale nella cura delle malattie croniche.
Le analogie della “riforma“ regionale con quella Inglese credo siano evidenti a tutti, tuttavia a distanza di anni siamo (o meglio “avremmo dovuto essere”) in grado di capire e correggere gli errori fatti dagli altri, tanto più quando la stessa società Inglese inizia, anche se timidamente, a mettere in discussione le ultime stagioni di riforme.
L’aver individuato correttamente i problemi della società in cui viviamo (invecchiamento, malattie cronico-degenerative, etc.) non è di per sè garanzia della buona riuscita delle riforme messe in campo. Per affermare che le stesse siano la migliore delle soluzioni occorrono risultati e dati tangibili.  Della serie: le vie dell’inferno sono lastricate di buone intenzioni...