lunedì 28 novembre 2016

Osservatorio regionale per la formazione medico-specialistica

Con molto ritardo la Regione ha istituito l'Osservatorio per la formazione medico-specialistica. Ho presentato un'interrogazione all'esecutivo perché venga fatta chiarezza su criticità non trascurabili.


Il d. lgs. 17 agosto 1999, n. 368 "Attuazione della direttiva 93/16/CEE in materia di libera circolazione dei medici e di reciproco riconoscimento dei loro diplomi, certificati ed altri titoli e delle direttive 97/50/CE, 98/21/CE, 98/63/CE e 99/46/CE che modificano la direttiva 93/16/CEE" pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 250 del 23 ottobre 1999, all’articolo 44, comma 1, prevede l’istituzione presso le singole regioni dell'Osservatorio regionale per la formazione medico-specialistica, composto, in forma paritetica, da docenti universitari e dirigenti sanitari delle strutture presso le quali si svolge la formazione nonché  da tre rappresentanti dei medici in formazione specialistica. L'Osservatorio è presieduto da un preside di facoltà designato dai presidi delle facoltà' di medicina e chirurgia delle Università della regione. Nella commissione è assicurata la rappresentanza dei Direttori delle scuole di specializzazione. Al comma 3 si prevede che l'Osservatorio sia nominato dalla Regione ed ha sede presso una delle aziende sanitarie della rete formativa dei corsi di specializzazione. L'organizzazione dell'attività dell'Osservatorio è disciplinata dai protocolli d'intesa fra Università e Regione e negli accordi fra le Università e le aziende, attuativi delle predette intese, ai sensi dell'articolo 6, comma 2, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, e successive modificazioni.
La Giunta Regionale, con delibera n. 671, solamente in data 22 aprile 2016, ha approvato lo schema di Protocollo d’Intesa tra la Regione Autonoma Friuli Venezia Giulia e le Università degli Studi di Trieste e Udine, per l’istituzione e il funzionamento dell’Osservatorio regionale per la formazione medico-specialistica.
Nella delibera sopracitata, all’articolo 3 dell’allegato 1, si indica la composizione dell’Osservatorio che prevede: un Presidente; un Vice Presidente; sei docenti universitari afferenti ai Dipartimenti universitari presso i quali si svolge la formazione medico-specialistica; sette dirigenti sanitari del SSR; tre rappresentanti dei medici in formazione specialistica.
Il Presidente e il Vice Presidente sono Direttori di Dipartimento delle Università o loro delegati. I sei docenti universitari rappresentano pariteticamente le Università nonché le aree di afferenza delle scuole di specializzazione per ciascuna Università e devono essere identificati nell'ambito dei direttori delle scuole di specializzazione. I dirigenti sanitari, nei ruoli del Servizio sanitario regionale, devono essere responsabili di strutture operative complesse presso le quali si svolge la formazione specialistica e devono rappresentare l'area Medica, l'area Chirurgica e l'area dei Servizi. Anche dei rappresentanti dei medici in formazione specialistica, uno appartiene all'area Medica, uno all'area Chirurgica e uno all'Area dei Servizi.
CONSIDERATO che la pariteticità richiesta dalla norma statale, e dichiarata nelle premesse della delibera di Giunta, non appare tuttavia realizzata poiché la componente universitaria dell’Osservatorio risulta costituita in numero superiore di una unità rispetto alla componente riferita al Sistema Sanitario Regionale.
ATTESO che con delibera di Giunta n. 2102 d.d. 11 novembre u.s. sono stati quindi nominati i componenti dell’Osservatorio, nella misura dei membri indicati nella precedente delibera n. 671, non rispondente pertanto alle esigenze di pariteticità.
APPRESO oltretutto che il procedimento di nomina dei tre rappresentanti dei medici in formazione specialistica è avvenuto in assenza di elezioni, in violazione dell’articolo 4 dell’Allegato 1 alla delibera n. 671, che ne prevede l’elezione da parte dei medici in formazione regolarmente iscritti.


Tutto ciò premesso e considerato,
Interroga
Il Presidente della Regione e l’assessore regionale competente per sapere:
1)   Quali sono le motivazioni che hanno indotto l’esecutivo all’elusione di quanto previsto dalla normativa Statale all’art. 44 del d.lgs n. 368 del 1999.
2) Quale criterio è stato utilizzato per determinare in tale misura la composizione dell'Osservatorio regionale per la formazione medico-specialistica.
3)  Quali sono le ragioni per le quali la nomina dei medici in formazione specialistica è avvenuto in violazione dell’articolo 4 dell’Allegato alla delibera n. 671, che ne prevede l’elezione da parte dei medici in formazione regolarmente iscritti.


venerdì 25 novembre 2016

Sul riconoscimento del titolo di massofisioterapista

Ho presentato un'interrogazione alla Giunta regionale per avere chiarezza su quale sia la posizione della nostra Regione in merito alla categoria professionale dei massofisioterapisti, figura esistente in base alla legge, ma vittima della caoticità normativa che presenta lacune e criticità
I problemi concernono principalmente l'equiparazione alla categoria dei fisioterapisti, il riconoscimento dei percorsi di studio e l'accesso all'esercizio dell'attività.



Il testo dell'interrogazione

CONSIDERATO che il quadro normativo avente ad oggetto la figura del massofisioterapista appare assai frammentato, tanto da aver creato a livello nazionale notevoli incertezze sui confini che delimitano i criteri di riconoscibilità di tale titolo. Sulla base di tale considerazione, per esempio, Tar regionali hanno respinto ricorsi presentati contro delibere regionali che avevano disposto in via cautelativa la sospensione dell’autorizzazione per le scuole regionali all’esercizio di attività di formazione triennale per il conseguimento della abilitazione a massofisioterapista, tenuto conto della complessità delle questioni sostanziali sottostanti e dell’assenza di un quadro normativo chiaro.

APPRESO altresì che anche una associazione dei consumatori ha presentato una class action dinanzi al Tar del Lazio, per conto di 80 cittadini in possesso del diploma di massofisioterapista, in cui si chiedeva di indurre il Ministero della salute a riordinare il quadro e, dunque, di inserire questa figura tra le professioni sanitarie. Tali cittadini, nello specifico, avevano frequentato corsi per massofisioterapisti organizzati da scuole private e, a livello regionale, reputavano di essere abilitati ad una professione sanitaria ausiliaria.

ATTESO che l’articolo 1 della legge 19 maggio 1971, n. 403 "Nuove norme sulla professione e sul collocamento dei massaggiatori e massofisioterapisti ciechi", pubblicata nella Gazzetta Ufficiale del 30 giugno 1971, n. 162 dispone: “La professione sanitaria ausiliaria di massaggiatore e massofisioterapista è esercitabile soltanto dai massaggiatori e massofisioterapisti diplomati da una scuola di massaggio e massofisioterapia statale o autorizzata con decreto del Ministro per la sanità, sia che lavorino alle dipendenze di enti ospedalieri e di istituti privati, sia che esercitino la professione autonomamente”; ciò che in prima battuta pare professionalizzare l’attività e legittimarne l’esercizio.

CONSIDERATO che in sede di riordino della disciplina in materia sanitaria, a norma dell’art. 1 della legge n. 421/1992, l’art. 6, comma 3, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, nel quadro delle nuove regole di formazione universitaria del personale sanitario infermieristico, tecnico e della riabilitazione, demandava al Ministro della sanità l'individuazione delle figure professionali da formare e dei relativi profili. In attuazione di tali disposizioni, il Ministro della sanità, con d.m. 14 settembre 1994, n. 741 ha individuato il profilo professionale e il percorso formativo del fisioterapista. Nella sostanza, il regolamento ministeriale ha confermato che, a regime, solo il diploma universitario di fisioterapista può abilitare all'esercizio della relativa professione e, regolando in via transitoria il passaggio dal vecchio al nuovo ordinamento, ha stabilito che con decreto interministeriale vengono individuati i diplomi - in precedenza conseguiti - che possano considerarsi equipollenti al nuovo titolo universitario ai fini dell'esercizio dell'attività professionale e dell'ammissione ai pubblici concorsi. Peraltro, non è stato posto un divieto di prosecuzione, anche oltre i termini temporali stabiliti dal d.lgs. n. 502/1992, dell’attività di formazione professionale regionale benché, ferma restando la differenza tra la formazione professionale regionale e quella statale - la quale sola è direttamente connessa all'attività di formazione culturale e scientifica realizzata in sede di istruzione superiore ed universitaria - i corsi e i diplomi regionali continuavano ad avere efficacia per le professioni sanitarie definite "ausiliarie" solo con utilità minori e diverse dall'abilitazione diretta alla professione stessa. Tale quadro normativo fissava un preciso limite temporale e contenutistico all’efficacia dei corsi organizzati col precedente ordinamento. In seguito è intervenuta la legge 26 febbraio 1999, n. 42 che ha disciplinato per tutte le professioni sanitarie il passaggio dal vecchio ordinamento al nuovo, fondato sul previo conseguimento del diploma universitario. L’art. 4, comma 2, della legge n. 42/99 ha sancito, ricorrendo determinate condizioni, l’equipollenza di alcuni titoli conseguiti nel vecchio ordinamento, demandando per altri ad un decreto del Ministro della sanità, di concerto con il Ministro dell'università e della ricerca scientifica, la definizione dei criteri per il riconoscimento come equivalenti ai diplomi universitari di cui all'art. 6, comma 3, d.lgs. n. 502 del 1992, ai fini dell'esercizio professionale e dell'accesso alla formazione, degli ulteriori titoli acquisiti anteriormente all'emanazione dei decreti di individuazione dei profili professionali.
La disposizione è stata quindi attuata con il d.p.c.m. 26 luglio 2011 il quale, recependo l’accordo stipulato tra Governo, Regioni e province autonome ex art. 4 d.lgs. n. 281/1997, reca “Criteri e modalità per il riconoscimento dell'equivalenza ai diplomi universitari dell'area sanitaria dei titoli del pregresso ordinamento”.
Si è così prevista l’equipollenza del titolo di massofisioterapista e fissato il margine temporale ultimo di conseguimento dei titoli da poter prendere in considerazione nella data di entrata in vigore della legge in attuazione n. 42/1999.

ATTESO che la stessa fonte ha inoltre chiarito all’articolo 5, comma 1, che, oltre al limite temporale connaturato all’entrata in vigore della legge n. 42/1999, continua a sussistere quello del 31 dicembre 1995, derivante dalle riformate regole di formazione universitaria del personale sanitario.

Tutto ciò premesso e considerato,
Interroga
Il Presidente della Regione e l’assessore regionale competente per sapere:
1) Quale posizione assume l’Amministrazione regionale con riferimento al riconoscimento del titolo di massofisioterapista.
2)  Quale sia lo stato dell’arte sul territorio regionale con riferimento allo svolgimento di corsi di formazione con rilascio del titolo di massofisioterapista. Quanti e quali istituti provvedono all’offerta formativa medesima e quali siano i requisiti giuridici della qualifica rilasciata. 

giovedì 24 novembre 2016

La replica

Quanto accaduto alla bambina in questione è una complicanza nota che si manifesta nel 5-10% delle tonsillectomie; ho voluto fare questa premessa per sgombrare il campo da ogni possibile strumentalizzazione. Di fatto l’operato del personale sanitario, sia durante l’atto operatorio che nell’urgenza successiva, è stato professionale e corretto.
Non è quindi un problema ascrivibile all’operato dei medici o degli infermieri, ma è un problema strettamente legato al progetto/visione che si ha sul futuro dell’Ospedale di Latisana. Quando l’assessore afferma “….  il caso clinico non può essere messo in relazione con la questione del punto nascita e della pediatria” mette in dubbio l’intelligenza di tutti perché è evidente che queste situazioni nascono proprio da quelle decisioni.
Quello che lascia sconcertati della risposta della Telesca è che ancora una volta non ha voluto raccogliere il grido di allarme più e più volte lanciato dalla maggior parte degli operatori sulle modalità di riorganizzazione dell’ospedale di Latisana.
Il ripetersi di episodi potenzialmente critici, il fatto che spesso questi si siano verificati in modo contemporaneo, ha messo in evidenza come alcune delle scelte fatte dal Direttore Generale debbano essere rimesse in discussione proprio alla luce di quanto accaduto in questi mesi. 
Troppe volte il numero di ambulanze si è dimostrato insufficiente a gestire la contemporaneità degli eventi e troppe volte i trasferimenti di pazienti gravi nei centri hub sono stati condizionati/ritardati per attendere il rientro di uno dei mezzi impegnato in altra emergenza.
Stupisce la pochezza e la superficialità delle risposte dell’assessore che volutamente minimizza le numerose criticità ampiamente e puntualmente segnalate per non dover rendere conto delle scelte sbagliate fatte dai suoi dirigenti sotto la sua direzione.

I vantaggi economici che stanno alla base della scelta di chiudere il reparto di pediatria ed il punto nascita, peraltro tutti da dimostrare, non sono sufficienti a giustificare quell’ambiguità gestionale che va tutta a discapito dei pazienti, degli operatori, dell’immagine e della qualità della nostra sanità.

L'Assessore alla salute Telesca ha risposto

Questa è stata la risposta dell'Assessore Telesca


Per rispondere all'interrogazione del consigliere Pustetto rilevo che il caso clinico in essere non può essere messo in relazione con la questione del punto nascita e della pediatria perchè, come è evidente, non richiedeva l'intervento di un pediatra ma bensì di un chirurgo specialista ORL che avesse competenza pediatrica.


Peraltro nei casi più complessi è opportuno che ci sia un chirurgo con una importante casistica pediatrica.
Colgo l'occasione per evidenziare che, indipendentemente dalle questioni dei singoli territori come in questo caso Latisana, abbiamo in programma una revisione complessiva della rete pediatrica regionale per quanto riguarda l'emergenza urgenza; in particolare i percorsi e le relazioni tra centri hub e le strutture spoke.
Colgo altresì l'occasione per ricordare l'importanza per la qualità e la sicurezza delle cure del conseguimento di una casistica adeguata da parte dei professionisti del Servizio sanitario regionale.
Comunque nel caso specifico sono state messe in atto le procedure di gestione dell'urgenza definite dai professionisti sanitari interessati, che hanno consentito garantire la sicurezza.

mercoledì 23 novembre 2016

Latisana tonsillectomia


Ho depositato una interrogazione a risposta immediata per avere risposta dall'Assessore durante la seduta di Consiglio Regionale.

La sera del 24 ottobre 2016 verso le ore 22 e trenta si è presentata al Pronto Soccorso di Latisana una bimba con una emorragia post tonsillectomia da caduta di escara.
L’intervento, eseguito solo pochi giorni prima nello stesso nosocomio, non aveva presentato problemi tanto che la bambina era stata dimessa regolarmente dopo il normale periodo di osservazione.
Lo specialista otorinolaringoiatra, chiamato in consulenza, constatato il persistere del sanguinamento dalla sede tonsillare, ne disponeva il ricovero urgente presso la struttura di Monfalcone dove è stata sollecitamente riportata in sala operatoria per eseguire l’emostasi del caso.
Il controllo dell’emocromo eseguito a termine dell’intervento, evidenziava come la bambina avesse perso circa la metà del patrimonio ematico.
Nei pochi mesi che sono trascorsi dalla chiusura del punto nascita e della pediatria ci sono stati ben 5 eventi critici che hanno fatto correre rischi inutili almeno ad una donna gravida e a 4 piccoli pazienti mettendo in luce quello che i professionisti avevano più e più volte denunciato: l’inadeguatezza del piano per gestire le emergenze/urgenze.    

Alla luce di quanto sopra esposto si chiede all'assessore competente quali azioni intende porre in essere perché fatti come quelli sovraesposti non abbiano a ripetersi.