martedì 27 marzo 2012

CCSVI

Il 20 marzo è stata approvata in Consiglio regionale all’unanimità la petizione con la quale 10.680 cittadini della nostra Regione, con il sostegno di 60 amministrazioni comunali e due provinciali, chiedevano il ripristino immediato dell’erogazione delle prestazioni di diagnosi e trattamento della CCSVI (Insufficienza Venosa Cronica Cerebro Spinale) anche nei pazienti con Sclerosi Multipla all’interno del servizio Sanitario Regionale.

La raccolta di firme chiedeva inoltre di dare l’avvio a centri regionali di diagnosi e cura della CCSVI nell’ambito di studi clinici controllati e randomizati che, garantendo la massima tutela del malato, garantissero un intervento multidisciplinare tra neurologi, chirurghi vascolari e radiologi interventisti.

La ricerca del prof. Zamboni ha, infatti, ipotizzato una correlazione tra la CCSVI e la Sclerosi Multipla, per cui i soggetti affetti da SM possono trovare giovamento attraverso la cura della CCSVI. Ma allo stato attuale si tratta di un’ipotesi che deve essere confermata proprio da quegli studi clinici di cui si attende l’avvio.

Proprio per questo motivo è stato, altresì, approvato anche un Ordine Del Giorno con cui si precisano alcuni principi interpretativi della petizione stessa. Si impegna la Giunta regionale a dare attuazione ai contenuti della petizione, tenuto conto che la diagnosi e il trattamento della CCSVI nei pazienti con sclerosi Multipla all’interno del servizio Sanitario Regionale dovrà avvenire secondo quanto è raccomandato non solo dalla prima circolari ministeriale del 27 ottobre 2010 (come richiesto dalla petizione) ma anche nella circolare del 4 marzo 2011 e, comunque, rispettando l’autonoma e libera scelta del medico nel trattare le anomalie dell’apparato vascolare. Inoltre ci si è impegnati a partecipare agli studi sul tema della CCSVI e la Sclerosi Multipla tenendo conto di specifiche previsioni.

In questo modo si dà una risposta concreta ai malati e alle loro famiglie su una materia piuttosto delicata, restando però all’interno dell’evidenza scientifica e, quindi, della legalità. La ricerca e la sperimentazione, infatti, sono le uniche in grado di fornire risposte adeguate e certe.

lunedì 26 marzo 2012

Pet therapy.

Approvata all’unanimità dal Consiglio Regionale la proposta di legge concernente le “Norme per terapie e attività assistite con gli animali”, che ha l’obiettivo di promuovere e, nel contempo, dare ordine ad una pratica che si sta sempre più affermando quale valido supporto alla medicina tradizionale nella cura di alcune patologie.

Il provvedimento è nato, infatti, perché si riconosce la reale efficacia di questa terapia nel migliorare le condizioni di salute, le funzioni fisiche, sociali, emotive e cognitive delle persone nel rispetto dei progetti di ricerca adottati sulla base di metodologie scientifiche riconosciute.

Si è voluto, quindi, colmare un vuoto normativo, nonché definire e promuovere sul territorio regionale la pet therapy come co-terapia, finalizzata a far superare limiti e disabilità in quelle persone che si trovino in situazioni di disagio. Gli scopi, quindi, si possono definire di carattere terapeutico, educativo, rieducativo e ludico.

Con questa legge inoltre si intende superare lo spontaneismo esistente e garantire la professionalità, la formazione e l’aggiornamento degli operatori, definire i programmi di attuazione, le modalità di intervento e gli ambiti applicativi e favorire una corretta relazione tra uomo e animale.

A questo proposito va fatta una considerazione : gli animali devono essere controllati dal punto di vista sanitario, devono essere in buona salute e vanno addestrati con metodiche dolci. Il cardine cui tutti fanno riferimento è la “Carta di Modena” del 2002, che definisce in modo puntuale quelli che sono i diritti degli animali: questi non devono essere sfruttati, va loro garantito il benessere psico – fisico – funzionale, devono poter usufruire di adeguati periodi di riposo e il loro benessere va garantito anche a fine carriera.

Trovo tuttavia paradossale che, nello stesso momento in cui animalisti e veterinari definiscono questi principi come irrinunciabili e segno di civiltà, il Governo metta in discussione i diritti fondamentali dei lavoratori cui viene proposto un trattamento peggiore di quello riservato agli animali in questione.

giovedì 22 marzo 2012

Disagi ai cittadini per il rilascio di carte d'identità bilingui.

A novembre dello scorso anno ho presentato un'interrogazione concernente i disagi causati ai cittadini dalla difficoltà di vedersi rilasciata la carta d'identità bilingue.

Di seguito il link all'interrogazione in oggetto:
http://www.consiglio.regione.fvg.it/pagine/attivita/dettaglioInterrogazioniScritte.asp?sectionId=271&subSectionId=&id=189&tipo=3&legislatureId=75931

La risposta datami dall'Assessore Garlatti è la seguente:
<<(...) Anzitutto, va rilevato che la carta d'identità bilingue è stata rilasciata a sig. (...) in data (...).
Non si rilevano, pertanto, omissioni da parte dell'Amministrazione comunale di Cividale del Friuli in relazione all'applicazione delle norme di tutela della minoranza slovena.
Nel caso specifico vi è stato un mero ritardo nel rilascio della carta d'identità rispetto alla richiesta, che era stata avanzata dal sig. (...); ritardo dovuto alla necessità di attendere l'attivazione dello sportello linguistico sloveno.
A tal proposito, si ricorda che il diritto ad ottenere la carta d'identità in formato bilingue italiano/sloveno è prevista dall'articolo 8 della legge 23 febbraio 2001 n. 38 "Norme per la tutela della minoranza linguistica slovena della Regione Friuli Venezia Giulia".
L'ambito territoriale di tutela per la minoranza slovena, in cui trova applicazione il citato articolo 8 della legge 38/2001, è stato definito in via normativa attraverso il D.P.R. 12 settembre 2007 "Approvazione della tabella dei comuni del friuli Venezia giulia nei quali si applicano le misure di tutela della minoranza slovena, a norma dell'articolo 4 della legge 23 febbraio 2001, n. 38". La tabella allegata al D.P.R. è pertanto, ad oggi, fonte certa nella definizione dei Comuni e/o loro frazioni ove è presente la minoranza linguistica ed ove pertanto vanno applicate le misure di tutela.
Al fine di rendere affettivo il diritto dei cittadini ad ottenere i documenti in formato bilingue, le Amministrazioni pubbliche rientranti nell'ambito di tutela, devono adottare tutte le misure necessarie, adeguando i propri uffici, l'organico del personale e la propria organizzazione interna.
Questo sforzo riorganizzativo, richiesto a tutti gli uffici pubblici aventi sede nell'ambito territoriale di tutela, è previsto in forma differenziata nel Comune di Cividale del friuli. Infatti, per quanto concerne le modalità di esercizio dei diritti di cui all'articolo 8 della legge 38/2001, la tabella del D.P.R. 12 settembre 2007 prevede che nel Comune di Cividale del Friuli gli stessi "vengono esercitati attraverso uno o più uffici rivolti ai cittadini, istituiti anche in forma consorziata, dalle amministrazioni interessate".
in relazione all'istituzione del c.d. sportello bilingue, si è tenuta presso la Prefettura di Udine apposita riunione nel settembre 2010, in occasione della quale si conveniva che tale ufficio avesse sede a San Pietro al Natisone presso i locali della comunità montana, utilizzando a tal fine i finanziamenti previsti dalla legge 38/2001. l'effettiva attivazione dell'ufficio presso la Comunità del Torre, Natisone e Collio è avvenuta in data 2n dicembre 2011.
Il cittadino richiedente, celermente informato dal Comune di Cividale del Friuli, ha così potuto rivolgersi allo sportello bilingue per inoltrare l'istanza di rilascio della carta d'identità bilingue. Tale istanza, (...), è stata evasa (...).>>

lunedì 5 marzo 2012

Sanità: commento alle affermazioni di Tondo.

All’inizio della legislatura, quale componente della Commissione deputata a verificare se le leggi approvate dal Consiglio regionale avevano raggiunto lo scopo che si prefiggevano, ho proposto una “missione valutativa” sugli effetti della legge regionale 13/95.

Consideravo fondamentale capire se la direzione a suo tempo intrapresa dal Centro Sinistra e dall’Assessore Fasola era quella giusta, stante che molti “boatos” preconizzavano una nuova riforma della sanità regionale questa volta targata Centro Destra.

Ricordo che le principali finalità di quella legge erano la riduzione dell’offerta ospedaliera e il miglioramento dell’efficienza complessiva nell’uso delle risorse ottenibile, con la riduzione della spesa ospedaliera a vantaggio di quella territoriale.

Motivazioni senza dubbio condivisibili, ma tutte da dimostrare.

Da quella ricerca, che non si è mai voluta discutere in Aula consigliare, sono emersi dati interessanti del tipo che spesso il piccolo ospedale funziona meglio del grande, che la riduzione dei posti letto nel pubblico (eccessiva) è stata compensata da un aumento nel privato, che la brevità di una degenza non è sinonimo automatico di buona pratica ecc. ecc.

Ho fatto questa breve premessa perché non c’è giorno in cui Tondo non ribadisca, praticamente con le stesse motivazioni usate allora, la volontà di ridurre ulteriormente il numero degli ospedali e degli eccessivi servizi sanitari dispersi sul territorio”.

Per fare questo urge un riassetto e una regia che uniformino e rendano coerente il sistema, parole non tante criptiche che io traduco in:

> “razionalizzare ” ovvero tagliare i servizi territoriali, serve l’azienda unica

> aver individuato gli ospedali Udine , Trieste ,Pordenone, quali punto di riferimento per le restanti strutture ospedaliere delle rispettive Province, serve uccidere per asfissia gli ospedali periferici .

Il modello è quello degli ospedali riuniti di Pordenone che vede il destino di S Vito al Tagliamento ormai segnato.

Venerdì scorso, nel convegno sulla sostenibilità del sistema sanitario pubblico, il Presidente ha completato il suo disegno affermando che se nel vicino Veneto vi sono delle eccellenze non ci si deve mettere in competizione con quelle, ma sviluppare le nostre e pensare piuttosto ad una collaborazione internazionale che può concretizzarsi nella prospettiva dell’Euroregione.

Senza dubbio l’assetto organizzativo/burocratico è importante, ma le recenti assemblee sindacali hanno evidenziato che i medici, gli infermieri e i pazienti ogni santo giorno devono affrontare ben altri problemi.

Una qualsiasi riforma della sanità è cosa complessa e anche quando fatta bene, ascoltando e coinvolgendo tutti i principali attori, può fallire per mille motivi.

Se poi si sceglie di by-passare a piè pari la commissione competente, che fino ad ora non ha ricevuto nessuna proposta di riforma formale/informale, e non si apre il dibattito con gli stakeholders il fallimento diventa certezza.

Spiace dover ricordare all’Assessore alla Sanità che i nostri errori incidono sempre sulla pelle dei pazienti e che in sanità l’obbiettivo economico deve essere commisurato alla qualità delle prestazioni, alla soddisfazione dei pazienti e non ultimo a quella degli operatori.

giovedì 1 marzo 2012

Seganti su nuova cabinovia di Forni di Sopra.

Martedì l’Assessore Seganti ha risposto alla mia interrogazione (presentata il 15/11/2011 http://pustetto.blogspot.com/2011/11/nuova-cabinovia-forni-di-sopra.html) concernente la realizzazione di una nuova cabinovia nel Comune di Forni di Sopra con la quale chiedevo sulla base di quali studi si possa ritenere che i cospicui investimenti sostenuti dalla Regione siano necessari a sviluppare le potenzialità turistiche /attrattive del Comune in questione o non si rischi, invece, in tal modo di supportare la solita speculazione edilizia.

L’Assessore ha replicato che l’iniziativa è disciplinata da un accordo di programma sottoscritto il 27 luglio del 2011 dal Comune di Forni di Sopra e da Promotur e da un investitore privato, e trova la sua motivazione nell’impegno della parte privata di realizzare 160 posti letto alberghieri, con la ristrutturazione dell’ex colonia Oda, ed altri 40 posti in annessa struttura in Aparthotel; confermando, di fatto, un accordo pubblico-privato con cui il primo finanzia un’iniziativa, quella della cabinovia, che permette al secondo di portare a vanti la sua speculazione.

Per la costruzione della cabinovia la Regione nel 2007 aveva postato 6.5 milioni di euro diventati poi 10.543.500grazie a risorse aggiuntive reperite dall’Assessore.

La costruzione di 48 nuovi alloggi per ulteriori 36.000 mc che vanno ad aggiungersi ai 20.000 già esistenti della ex colona ODA avranno come unico effetto quello di rovinare per sempre l’ambiente, unico vero patrimonio della montagna.

E lo stesso Assessore nella replica ammette candidamente che i motivi dello scempio sono prettamente economici, infatti dice: <<Infine , per quanto riguarda la localizzazione della struttura ricettiva, giova ricordare che l’ex colonia è si defilata rispetto al centro del paese ma è collocata in sito di grande pregio ambientale, di fronte allo scenario delle Dolomiti Friulane, patrimonio dell’Umanità, e ciò rappresenta un valore commerciale unico >>

Spingere per lo sviluppo di una zona defilata rispetto al centro equivale a programmare la morte delle attività produttive/commerciali del centro, soprattutto se si parla di un piccolo paese di montagna come Forni di Sopra.

Se a questo si aggiungono le numerosissime case vuote, le seconde e terze case vendute perlopiù a non residenti, si comprende come la vera operazione di salvataggio della montagna e delle sue popolazioni consista nell’impegnare tutti quei milioni di euro in agevolazioni fiscali per gli artigiani e le imprese ivi insediate, nel mantenere scuole, uffici, poste, presidi sanitari e quant’altro renda meno disagevole la vita in tali zone.

Non è con il turismo concentrato in 30 gg all’anno che un paese può restare vivo, abbiamo l’obbligo di facilitare la vita delle popolazioni della montagna per 365 gg anno sfruttando in modo intelligente le bellezze del luogo e non distruggendole.