giovedì 23 dicembre 2010

Commento alla FINANZIARIA 2010.

Ogni anno, passate le fasi concitate dell'aula, riflettendo con calma e a mente fredda su quanto approvato durante la finanziaria, mi rimane un senso di disagio ed un fastidio sia per il metodo sia per la sostanza che vengono utilizzati da questa maggioranza anche per l'approvazione del provvedimento più importante dell'anno.

Che senso ha discutere nelle varie commissioni di merito se poi la legge che viene portata in aula è completamente diversa? Quest'anno tra il primo ed il secondo passaggio sono stati aggiunti ben 70 milioni di euro.

Perché, con 10 voti in più, hanno portato a mezzanotte di venerdì un emendamento di ben 9 pagine fitte fitte di riferimenti normativi che di fatto azzerava la contrattazione del comparto unico?
Se erano così sicuri di fare la cosa giusta perché hanno covato nascostamente, probabilmente per settimane, un provvedimento che andrà ad incidere in modo profondo sulle relazioni sindacali?

Forse la spiegazione più giusta è quella più semplice: non volevano discutere, volevano solo copiare il metodo Marchionne e dimostrare in modo arrogante che solo a nominarla "la concertazione" è fastidiosa e che la maggioranza può fare quello che vuole.
Pensiero miope, che non porterà lontano, ma senza dubbio vero.

Un altro classico della seduta di bilancio è il volteggiare del relatore del maggior partito di opposizione fra i banchi della maggioranza per spuntare un finanziamento a questa a o quella associazione (possibilmente cattolica).

Dal momento che sono convinto che nessuno dà nulla per nulla, mi chiedo quale sia la merce di scambio che una minoranza può offrire a chi gli apre i cordoni della borsa: un' opposizione più morbida?
Far finta di non vedere cose che andrebbero viste e denunciate all'opinione pubblica? Fate voi.

Un'ultima considerazione sulle sviste della stampa cui è sfuggito un emendamento della sinistra (SEL e FDS) che proponeva una riduzione del nostro stipendio di 800 euro al mese e che è stato bocciato praticamente all'unanimità proprio da chi aveva appena imposto dei sacrifici ai consiglieri provinciali e comunali invocando la riduzione dei costi della politica.

Se vogliamo proporci come forza alternativa a questa sgangherata maggioranza non possiamo copiarne i metodi.
Se la richiesta di un finanziamento è lecita, dovrebbe essere fatta alla luce del sole, con nomi e cognomi, in commissione e non con "trattativa privata " durante la notte tra un emendamento e l'altro.

lunedì 20 dicembre 2010

A proposito di sanità..

Domani
MARTEDì 21 DICEMBRE 2010
ALLE ORE 20.30

terrò un incontro sulla SANITA'
presso la SOMSI di CIVIDALE DEL FRIULI
in piazza Foro Giulio Cesare, 15.

giovedì 16 dicembre 2010

Resoconto della mia VISITA AL CIE.

Dopo giorni e giorni di attesa, finalmente sono riuscito a far visita al CIE di Gradisca e a parlare con il direttore.
Si tratta di una struttura gestita dalla “Connecting people”, i cui spazi sono organizzati tipo un carcere, con stanze da 8/10 letti con 2 bagni con doccia; senza ambienti per svago o animazione.
Al momento si trovano circa 120 uomini maggiorenni (non ci sono donne e bambini), di cui 3 richiedenti asilo politico, che sono stati tutti identificati dall’ufficio immigrazione prima del loro ingresso al CIE. Non vi sono internati con AIDS conclamato, perché se malati vengono diretti in altre struttura
E’ anche vero che all’ingresso, durante la visita medica, non viene proposto nessun un test atto a per verificare se sieropositivi o sieronegativi.
Lo staff è composto da circa 70 persone la cui formazione viene in genere fatta sul campo. Per quanto riguarda il personale medico presente, ci sono sei medici che fanno dei turni per coprire le 24 ore giornaliere e 7 infermieri; a quanto mi è stato detto le apparecchiature sanitarie disponibili sono adeguate e sembra che la struttura sia in grado di far fronte ad eventuali esigenze mediche. La polizia entra nella struttura a richiesta o quando vedono dalle telecamere che c’è un tentativo di rivolta o di fuga.
Ma detto tutto questo resta insormontabile il problema di fondo :perché recludere per 6 mesi persone che hanno fatto un reato amministrativo o che hanno gia scontato la loro pena in carcere ? Quale la finalità di queste strutture ?
In attesa di poter chiudere queste strutture credo indispensabile almeno formare un osservatorio permanente che monitorizzi quanto accade all’interno di quelle mura.

lunedì 6 dicembre 2010

Lettera a Tondo.

Dopo giorni e giorni di solleciti alla Prefettura di Gorizia, è arrivata finalmente l'autorizzazione ad entrare nel CIE di Gradisca, ma SOLO PREVIA DELEGA DEL PRESIDENTE DELLA GIUNTA REGIONALE, RENZO TONDO. Ecco di seguito, la richiesta al Presidente.


Al Presidente della Regione
Renzo Tondo

Oggetto : richiesta di delega

Il sottoscritto consigliere regionale Stefano Pustetto, a seguito delle notizie apparse sulla stampa locale di gravi episodi di autolesionismo e vandalismo all’interno del CIE di Gradisca d’Isonzo, il 24.11.10 ha inoltrato alla prefettura di Gorizia formale richiesta di accesso al CIE ed al CARA per verificare, alla fonte, la veridicità o meno delle notizie.
Solo ieri e dopo molte sollecitazioni, la Prefettura, sentito il Viminale, ha espresso parere favorevole alla mia visita al CIE ed al CARA solo qualora munito di delega del Presidente della Giunta Regionale.
Pur considerando questa procedura volutamente farraginosa e finalizzata solo a ridurre i possibili controlli ad una struttura che di fatto è un carcere ma non ne adotta nemmeno le regole, sono a chiederLe una Sua formale delega per poter verificare quanto accade in quelle strutture.
L’impossibilità per un politico di esercitare il proprio mandato, che consiste anche nel controllo delle strutture carcerarie o assimilate, darebbe adito al legittimo sospetto che in quelle strutture non vengano rispettate leggi e regolamenti che ogni stato democratico si è dato.
Sicuro di una Sua condivisione che sul territorio regionale non possano esservi delle strutture in cui vi sia solo il sospetto che le regole democratiche possono essere violate, attendo un Suo positivo e sollecito riscontro.
Cordiali saluti

Cortina d’Ampezzo 4.12.2010

giovedì 2 dicembre 2010

CIE: conferenza stampa con Giuliana Sgrena.

Questa mattina presso il Consiglio Regionale FVG ho organizzato una conferenza stampa concernente il CIE, Centro di Identificazione ed Espulsione di Gradisca, alla quale hanno partecipato Giuliana Sgrena (dirigente nazionale SEL) e un esponente del Comitato I Maggio.

L’attenzione è stata suscitata dalle notizie giornalistiche del 22-23 novembre scorso in cui si riportava di atti di autolesionismo perpetrati da alcuni internati che si sarebbero cuciti le labbra per denunciare la loro condizione e gli inaccettabili e ingiustificati tempi di detenzione peraltro ben maggiori rispetto a quelli previsti dalla legge Bossi – Fini.

In realtà, però, l’interesse non è di questi giorni, ma è nato dalle notizie di abusi, maltrattamenti e discrezionalità che riguardano non solo il CIE di Gradisca, ma un po’ tutti i CIE sparsi per l’Italia ove le rivolte sia individuali sia collettive sono decisamente aumentate da quando il periodo di detenzione è passata dagli iniziali 30 giorni ai gli attuali 6 mesi.

Alla notizia di pochi giorni fa è, comunque, seguita la mia richiesta formale alla Prefettura di Gorizia per poter accedere al CIE ed acclarare la veridicità delle notizie pubblicate sui quotidiani locali .

Dopo numerosi rimpalli e pur avendone la competenza, la Prefettura ha giustificato il ritardo all’autorizzazione di visita con la mancata risposta del Ministro dell’Interno cui aveva girato la richiesta.

Non si riesce a capire la motivazione per cui si deve chiede a Roma se un Consigliere regionale possa entrare al CIE, posto che esibendo semplicemente il tesserino può entrare in un carcere di massima sicurezza, come quello di Tolmezzo (a cui ho già fatto visita).

A questo punto tutti i sospetti sono legittimi e viene da pensare che questi ritardi non sono casuali e ma finalizzati a non far entrare un testimone scomodo che magari si mette a fare delle domande indiscrete.

Perché non c’è una regolamentazione per entrare al CIE, che, di fatto, è un carcere, anche se non ci sono le regole che invece valgono per quest’ultimo?
Perché per quelle strutture vige un’assoluta discrezionalità quasi godessero dello status di extraterritorialità?

Questo è un problema politico che uno Stato civile deve poter risolvere, si tratta di una scelta di civiltà. E questo perché si deve poter conoscere cosa succede all’interno di questa strutture e bisogna poterlo sapere in tempi utili, non a distanza di mesi.
Secondo me è dovere di un consigliere sapere e controllare che cosa succede fra quelle mura.
Giuliana Sgrena, concordando con quanto detto, ha sottolineato che il CIE rappresenta una forma di detenzione illegale e lo Stato, lasciandoli in funzione, si assume responsabilità ben precise, anche se per camuffarle dà in gestione ai privati queste strutture, scaricando le responsabilità a questi ultimi, responsabilità che però rimane in capo allo Stato. La giornalista ha sollevato, poi, un’altra questione a questa collegata: perché i giornalisti non possono entrare al CIE? Perché c’è paura che si sappia cosa succede all’interno? I giornalisti, secondo Sgrena, dovrebbero poter entrare perché devono poter verificare la notizia altrimenti si crea un’ambiguità pericolosa, non devono esistere luoghi che siano preclusi all’informazione .

Quella in cui ci troviamo è una situazione inquietante perché accettare questa discrezionalità vuol dire rendersi corresponsabili di quanto accade tra quelle mura sigillate.

mercoledì 1 dicembre 2010

Incontro e dibattito sul CIE.

Venerdì scorso don Pierluigi di Piazza, fondatore del Centro di accoglienza Calducci, ha ospitato un incontro al quale ho partecipato per riflettere sulle realtà dei centri per gli stranieri, i c.d. CIE che, ricordiamo, ospitano uomini e donne in attesa di essere identificati e che avrebbero dovuto essere chiusi (promessa fatta dal governo Prodi), ma in realtà sono stati lasciati poi in funzione
Durante l’incontro si è ragionato, assieme ai relatori Gianfranco Schiavone per l’Associazione per gli Studi Giuridici sull’Immigrazione e Genni Fabrizio presidente della Tenda per la pace e i diritti, sulla concreta funzione di utilità, sui costi economici e sociali connessi alla loro gestione e sulla effettiva tutela dei diritti delle persone che vi sono trattenute.
Quello che è emerso è un quadro di desolante orrore in quanto i centri sono strutturati come prigioni, ma mancano le regole della prigione; l’organizzazione è gestita da enti in appalto, cooperative o dalla Croce Rossa, e si tratta di una realtà in cui non si può entrare per controllare che cosa succede.
Questa impossibilità di verificare le condizioni di vita, di igiene, il rispetto delle regole ma più semplicemente la veridicità delle notizie (allarmanti) che ci giungono, questa “extraterritorialià” dei CIE è forse la cosa più inquietante perché in democrazia non è pensabile che esita un luogo di detenzione sottratto al controllo democratico delle istituzioni .

PS: da 8 giorni attendo dal questore di Gorizia il permesso di entrare al CIE di Gradisca

martedì 30 novembre 2010

Seduta d'aula di fine novembre.

Settimana scorsa la sessione mensile dei lavori d’aula prevedeva la discussione di diverse mozioni e proposte di legge già sottoposte al vaglio delle commissioni competenti.
In corso d’opera si è riformulato il calendario dei lavori stessi per inserire la Proposta di legge 144 concernente norme urgenti in materia di ordinamento Enti locali della Regione; in buona sostanza si andava recepire quanto stabilito dalla finanziaria statale la cui finalità era quella di ridurrei costi della politica.
I due articoli iniziali, sui quali tutti eravamo d’accordo, sono stati sommersi da una valanga di emendamenti che stravolgevano il testo iniziale.
Questa maggioranza così ha tentato di far passare in aula , con la scusa dell’urgenza, provvedimenti che non era riuscita a far passare in commissione per l’ostruzionismo fatto da una sua componente e non, come si è tentato di far passare, per l’ostruzionismo della minoranza.
Unico dato positivo, dopo tre giorni di inutili chiacchere, è che anche il Piano regionale delle Attività estrattive, che escludeva i Comuni da ogni possibilità di co-pianificazione è stato rinviato.

giovedì 25 novembre 2010

Visita CIE di Gradisca.

Ieri ho inoltrato formale richiesta alla Prefettura di Gorizia per poter visitare il CIE e il CARA di Gradisca, nella mia veste di consigliere regionale e tenuto anche conto delle mie competenze di medico. Dopo diverse sollecitazioni, mi viene risposto che la mia richiesta è stata inoltrata al Ministero dell’Interno, cosa che mi lascia alquanto stupito, visto che l’autorità preposta a rilasciare il permesso di visita è la Prefettura stessa e non comprendo quindi la necessità di chiedere nullaosta al Ministero.
Tale atteggiamento della Prefettura non fa che aumentare la mia preoccupazione per le notizie che sono trapelate dal CIE di Gradisca. Se la situazione fosse tranquilla, come dichiarato dall’autorità preposta al controllo, non ci dovrebbe essere nessun ostacolo ad autorizzare tempestivamente la mia visita.
Nella mia veste di consigliere regionale ho già visitato tutte le strutture carcerarie presenti in regione, non capisco quindi perché il CIE, del quale si dice che non è un carcere, mi sia precluso.

giovedì 18 novembre 2010

LISTE D'ATTESA.

Martedì, in III Commissione consiliare si è discusso di liste d’attesa in occasione dell’esame sullo stato di attuazione della legge 7/2009 concernente il loro contenimento.

A fronte della mole di dati che ci sono stati presentati è emerso che trattasi di dati non sempre confrontabili e, quindi, non sempre è stato possibile capire se la situazione sia migliorata o peggiorata.

Se andiamo a considerare esclusivamente gli sforamenti rispetto ai limiti temporali imposti della prioritarizzazione delle impegnative considerati per area vasta (e cioè il tempo, indicato sull’impegnativa dal medico di base, entro cui il medico ha l’obbligo di eseguire la prestazione) dobbiamo constatare che questi sono passati dagli 82 sforamenti del 2009 ai 51 del 2010 e quindi si registra un lieve miglioramento. Se diversamente andiamo a considerare i tempi medi di attesa perché i pazienti possano fare un esame dobbiamo registrare un diffuso peggioramento, anche nel rispetto dei tempi massimi previsti.

Due le cause principali che determinano liste di attesa inacettabilmente lunghe: la carenza di personale e la scarsa appropriatezza della prescrizione

E’, quindi, evidente che senza una politica lungimirante di assunzioni da un lato e di condivisione dei percorsi diagnostici tra medici di base e gli specialisti ospedalieri dall’altra, la sola aggiunta di risorse per l’acquisto di prestazioni dalle strutture private non solo non risolve il problema, ma non fa altro che trasferire risorse dal pubblico al privato.

Questa amministrazione non ha trovato nemmeno il tempo (o la voglia) di fare quelle riforme, come il centro unico di prenotazione regionale, che, a costo zero, avrebbero potuto migliorare in modo significativo il servizio.

martedì 16 novembre 2010

E' questione di diritti...

La clamorosa protesta dei migranti sulle gru di Milano e di Brescia pone a tutti noi che abitiamo questo paese una domanda di diritti calpestati, di dignità delle persone, di doveri delle istituzioni. Perché i diritti o sono per tutti o non sono diritti.
E’ preciso dovere delle istituzioni dare risposte, risolvere i problemi delle persone e non ridurre vicende come questa ad un problema di ordine pubblico da reprimere con l’intervento della polizia.
E invece la lotta dei migranti denuncia discriminazioni e soprusi e fa emergere l’inadeguatezza di norme propagandistiche e demagogiche per governare un problema complesso come quello dell’immigrazione. Perché è inammissibile che siano proprio le leggi dello Stato a causare l’irregolarità degli stranieri.
Il diritto alla mobilità, il pieno godimento dei diritti civili, sono questioni che ci riguardano tutti, italiani e stranieri, maggioranze e minoranze, bianchi e neri, donne e uomini.
Siamo impegnati in prima persona con la Rete dei diritti regionale per implementare e sostenere la sua azione all’interno delle istituzioni. Noi tutti ci adopereremo per esigere una soluzione giusta a questa gravissima situazione, sollecitando le autorità preposte a concedere un permesso di soggiorno temporaneo per motivi di protezione sociale agli immigrati che risultino vittime di truffe.
Sinistra ecologia libertà è nata per questo, per dare voce a chi non ne ha più, perché nessuno debba più salire su una gru, su un tetto, su un monumento, per esigere giustizia.

Aderiamo quindi convintamene all’Assemblea pubblica da voi indetta per oggi, seppur per impegni concomitanti non possiamo essere presenti fisicamente alla vostra iniziativa e diamo nostra piena disponibilità a proseguire insieme a voi questo cammino di lotta nelle forme che riterrete più opportune.

giovedì 21 ottobre 2010

COME NON SPIEGARE IL PROPRIO OPERATO...

In questo giorni le varie Commissioni consiliari sono chiamate a discutere del rendiconto regionale dell’esercizio 2009 e martedì 19 c.m. l’assessore Kosic avrebbe dovuto relazionare sui conti della sanità regionale.

Per i non addetti ai lavori il “rendiconto” consiste proprio una spiegazione che l’assessore competente è tenuto a dare ai commissari sulle entrate e sulle uscite del suo assessorato, in modo che tutti possano essere informati sullo stato delle cose.

Nella discussione che in genere si sviluppa si possono fare delle valutazioni sull’operato dell’assessore, chiedere delle spiegazioni, indicare dei correttivi o porre l’accento su alcune criticità emerse.

Non è accaduto nulla di tutto questo per il semplice motivo che l’assessore non c’era, ma non c’era nemmeno il direttore generale; era stato inviato un semplice e incolpevole funzionario che ha solo detto che i conti erano in ordine e che si era registrato un avanzo di bilancio di 11 milioni di euro!!

Credo che sia evidente a tutti che numeri come questi aprono una serie di domande non da poco, della serie: quali e quanti servizi sono stati tagliati? quali e quanti operatori non sono stati sostituti? in quale settore si sono fatti i risparmi maggiori? quali le strutture più o meno virtuose? ecc. ecc.

Nessuno dei rappresentanti della giunta era in grado di abbozzare una qualsiasi risposta e, quindi, tutta l’opposizione ha chiesto un rinvio della commissione, cosa messa ai voti e, come potete immaginare, puntualmente respinta.

Questa la cronaca e la spiegazione del perchè non abbiamo partecipato al voto.

Trovo molto difficile commentare questo schifo e la supponenza di chi non si prende nemmeno la briga di ottemperare ad un suo preciso dovere cioè di spiegare nelle sedi opportune il proprio operato.

E’ anche vero che tutti i cittadini che fanno la fila in Pronto Soccorso o in un ambulatorio, cui viene dato un appuntamento per un indagine radiologica o visita specialistica a 6-8 mesi di distanza, costretti a ricorrere alla sanità privata sanno sulla loro pelle dove e con quale profondità l’assessore Kosic e la sua maggioranza hanno operato i tagli .

Alla stesso modo e con la stessa chiarezza infermiere, medici e tecnici vari sanno senza bisogno di spiegazioni dove, come e sul sacrificio di chi si è andati ad incidere.

Ultima, ma non per questo meno importante, ”anomalia“ e stata la “distrazione” della stampa che non ha riportato una riga su questa gravissima omissione.

martedì 12 ottobre 2010

INTRIGO INTERNAZIONALE.

Venerdì 8 ottobre, presso l'Auditorium della Regione di Pordenone, c'è stata la presentazione pubblica del libro "INTRIGO INTERNAZIONALE Perchè una guerra in Italia?" che illustra uno spaccato degli anni '70, le stragi e i misteri che li hanno caratterizzati. Alla serata erano presenti i due autori, il giudice Rosario Priore e il giornalista Giovanni Fasanella, che ho avuto il piacere di presentare. dopo l'illustrazione c'è stato anche un interessante dibattito che ha coivolto il numeroso pubblico presente.
Ho letto con vivo interesse il libro per svariati motivi, il primo dei quali è anagrafico perché nei turbolenti anni 70 ero uno dei tanti studenti universitari che tentava di capire cosa stava succedendo nel nostro Paese. Si intuiva che quanto ci scorreva davanti e che ci veniva raccontato era solo una minima parte della verità, quella parte che si voleva che trapelasse o meglio quella che, nonostante i numerosi e pesanti depistaggi ed inquinamenti delle prove, il “potere” non riusciva ad impedire che divenisse di pubblico dominio.
Nonostante il tempo cancelli prove e ricordi, spesso è proprio allontanandosi dal fatto che si riesce a vedere o ad intravvedere la verità. Questo accade per molteplici fattori: perché alcuni protagonisti sono scomparsi, perché gli equilibri internazionali sono mutati, perché alcuni fatti indicibili possono essere raccontati senza che questo determini un'instabilità pericolosa per il potere politico ed economico. Non è sempre così, tant'è che una nazione come l'America, abituata a desecretare atti governativi dopo un certo numero di anni, ha prolungato il segreto di stato sull'assassinio di Kennedy fino al 2050: evidentemente questa verità non è ancora raccontabile.
Il libro, grazie anche alle conoscenze del giudice Priore, che come tutti sappiamo ha indagato su molti dei fatti accaduti in quegli anni, ha il pregio di mettere sul tavolo scenari ampli, complessi che coinvolgono nazioni alleate e “amiche ”, che inserisce quello che è accaduto in quegli anni in un contesto di guerra combattuta sul suolo italiano.
Fra le tante le domande e interrogativi che la lettura del libro pone, una in particolare mi ha catturato “Perché proprio in Italia?”. In realtà tutte le nazioni europee hanno avuto delle crisi in quel periodo, ma nessuna dell'intensità e della durata registrata nel nostro Paese.
Tante le possibili risposte: la posizione geografica dell'Italia, l'essere come un cuscinetto tra due blocchi militari, una classe politica mediocre (a parte alcune eccezioni come Moro o Berlinguer che vengono eliminati o si tenta di eliminare), il fatto di essere una nazione giovane in cui non emerge, o forse non c'è, il concetto di interesse nazionale. Tutti questi motivi facilitano l'intervento di governi “amici ” in cui questo interesse invece è ben chiaro.
Voglio ricordare come in Israele, in America piuttosto che in Francia o Inghilterra, la politica estera e la tutela degli interessi considerati strategici è condivisa da maggioranza ed opposizione.
Da noi, sopratutto in quei tempi, il sospetto che un partito comunista in piena ascesa di consensi potesse andare al potere, o più semplicemente modificare questi equilibri era contrastato da un apparato militare e di polizia ancora fortemente infiltrato da ideologie di estrema destra.
Questa intrinseca debolezza, unita ad una scarsa considerazione che nazioni come Francia ed Inghilterra avevano di noi (avevamo perso la guerra, il nostro esercito non poteva certo reggere il confronto con quello delle due nazioni citate e così pure l'apparato economico produttivo) ha fatto sì che non appena l'Italia tentava una politica estera autonoma a tutela degli interessi nazionali, ecco che andava rimessa in riga (Mattei).
Credo utile ricordare come in questi giorni è uscita la notizia che nel '76 l'Inghilterra era favorevole ad un colpo di stato in Italia per la paura della vittoria del PCI e che solo il no degli Stati Uniti ha bloccato il tutto.
Da sempre siamo stati uno Stato a sovranità limitata solo che a differenza di molti altri Paesi alla maggior parte delle forze governative andava bene così, non vi era nessuna voglia o tentativo di modificare ciò.
La delega della Difesa e della Politica estera agli americani aveva degli indubbi vantaggi economici e politici e l'unico problema era non far capire questo stato di subalternità alla popolazione che però, per la sua gran parte, si accontentava di “panem et circenses”(Lucullo). E' anche vero che è sempre stato così e che già da Portella della Ginestra si è tentato di fermare una certa evoluzione della società con una strage che, se non voluta dai servizi, è stata perlomeno accettata e tollerata.
Attualizzando quanto successo in quel periodo, vedo nella debolezza dell'intera classe politica italiana l'aprirsi di un nuovo varco a possibili destablizzazioni, dovute sia all'emergere di sempre maggiori problemi interni legati alla crisi economica, sia alla possibilità di ingerenze esterne che potrebbero cercare di sfruttare questa situazione a loro vantaggio.

I motivi di questa debolezza sono noti e vanno dalla:
· Progressiva perdita di influenza sullo scacchiere europeo ed internazionale dell'Italia, complice un Premier i cui atteggiamenti sono fortemente criticati nelle democrazie occidentali. (Ambasciatori Ue, Albania e Uganda all`Italia Cina un tedesco. Quattro sedi alla Spagna E in ogni caso, i 23 uomini e le 6 donne di 15 diversi Paesi elencati nella lista saranno i primi ambasciatori nel mondo dell`Unione europea (capi delle delegazioni Ue è il termine ufficiale). La baronessa Ashton, britannica )
· Fine della guerra fredda che depotenzia il nostro ruolo strategico di cuscinetto.
· Una maggioranza spaccata su temi fondamentali come la giustizia cui il premier si vuole sottrarre, temi etici, conflitto d'interessi .
· Una Lega il cui unico interesse è dividere l'Italia e che per tale motivo è disponibile a tutto compreso difendere Cosentino, dell'Utri e gli interessi economici del premier come se la frammentazione del Paese non favorisse gli appetiti egemonici delle nazioni limitrofe.
· Il maggior partito di opposizione che non riesce a definire una strategia e una politica chiara che risulti credibile all'elettorato.
· Una sinistra che paga atteggiamenti massimalistici e frammentazione.


Se è vero che la storia non si ripete mai nello stesso modo, è anche vero che se non facciamo i conti con il nostro passato rischiamo di ripetere gli stessi errori, errori che sono costati lacrime e sangue.
Sono convinto, però, che solo una crescita culturale diffusa di tutta la popolazione ci potrà fra uscire dal ruolo di sudditi e far diventare cittadini.

giovedì 9 settembre 2010

MUTUI PRIMA CASA: perché mi sono astenuto.

La quarta Commissione consiliare ieri ha approvato il testo della delibera della giunta sul regolamento per l’edilizia pubblica, con la quale si sono rivisti criteri e modalità di esecuzione delle garanzie integrative offerte dalla Regione sui mutui prima casa.
Condivido lo spirito della norma e considero il suo impianto buono, ma i requisiti soggettivi per accedere al mutuo, cosi come definiti all’art. 6, sono discriminatori e questo non solo nei confronti dei degli extracomunitari, ma anche nei confronti degli italiani.
In concreto si dice che i soggetti privati che chiedono la garanzia devono essere residenti o prestare attività lavorativa da almeno dieci anni, anche non continuativi, sul territorio nazionale, di cui uno in Regione.
Con queste regole una giovane coppia in cui uno dei due provenga da fuori regione non ha i requisiti per accedere al mutuo a meno che non faccia la domanda solo quello dei due che è residente in regione da almeno un anno .
Questo scenario però apre altre problematiche complesse: se sia giusto intestare la casa ad una persona sola magari quando il compagno/a ha contribuito in solido all’acquisto, oppure di quanto si riduce il contributo nel momento in cui è uno solo dei due a fornire le necessarie garanzie, se 10 anni di residenza in Italia non siano troppi ecc.

Per questi motivi avevo deciso per un voto contrario ma poi, volendo dare fiducia alle dichiarazioni del capogruppo della Lega che, dopo aver convenuto sulla congruità dei rilevi fatti, si impegnava a modificare la norma in questione, ho deciso per un più benevolo voto di astensione.

giovedì 2 settembre 2010

La Lega Nord e Ballaman.

In questi giorni, a seguito di una inchiesta giornalistica, è emerso che il Presidente del Consiglio regionale Eduard Ballaman avrebbe utilizzato l’auto di servizio anche per fini non istituzionali.

Se quanto asserito dal Messaggero Veneto risultasse vero ci troveremo di fronte all’ennesimo abuso di potere da parte di un politico che, per inciso, fa parte di quella Lega Nord che da anni, proprio per evidenziare la propria rettitudine morale, ha coniato l’efficace slogan di “Roma ladrona”.

Faccio, però, oggettivamente fatica a capire l’ondata di sdegno che questa notizia sta provocando perché l’asserito abuso è oggettivamente minuscolo rispetto a quanto sta avvenendo da anni nei palazzi del potere con l’evidente consenso del partito guidato da Bossi .

Ultimo in ordine di tempo il caso Mondadori che, grazie anche ai voti della Lega Nord, permetterà alla casa editrice di Berlusconi di pagare allo Stato solo 8,6 milioni di euro al posto dei 350 milioni dovuti per mancati versamenti d’imposta, sanzioni, interessi, ecc. (decreto n° 40 approvato dal governo il 25 marzo e convertito in legge il 22 maggio).

Il saccheggio delle casse dello Stato e l’approvazione di leggi per permettere al premier di sfuggire alla giustizia sono diventate leggi con i voti dalla Lega che non si capisce con quale coraggio, quando parla di ladroni, guardi gli altri.

Il termine “ladro” da sempre si divide equamente tra chi ruba e chi tiene il sacco.

Trovo patetico il tentativo di Fontanini di scaricare Ballaman nella speranza di separare eventuali responsabilità personali da quelle del partito, perché ormai la Lega Nord per il federalismo, ha accettato tali e tanti compromessi che non la fanno distinguere dai partiti ladroni che combatteva.
La lega del “Berluskaz”, della vignetta del carro funebre con dentro Berlusconi, della Milano 2 costruita con i soldi della mafia, che esibiva il cappio a Montecitorio per rivendicare legalità, di Bossi che diceva che tutti i politici erano come Craxi è finita da tempo; adesso sono esattamente come gli altri solo che loro hanno sostituito Craxi con Belusconi .

mercoledì 28 luglio 2010

Strumenti e attività del servizio CURE PALLIATIVE presso l'Ass 4 Medio Friuli.

Nel mese di febbraio ho presentato una domanda a risposta orale all’Assessore regionale alla sanità e protezione sociale Vladimir Kosic riguardo il servizio di cure palliative presso l’Ass 4 Medio Friuli. In particolare chiedevo:

- come si integra l’erogatore privato nell’equipe multidisciplinare del servizio di cure palliative dell’Ass 4 Medio Friuli
- quali strumenti esistono per le attività di formazione, supervisione ed audit dell’equipe di cui sopra
- quali indicatori di struttura – processo – esito sono in funzione per le cure territoriali
- quali sono i criteri di controllo dell’Ass 4 Medio Friuli in ordine alle eventuali prestazioni domiciliari aggiuntive dell’erogatore privato
- se la modulistica usata per rilevare la qualità di vita e per misurare l’efficacia delle cure è quella prevista dal Ministero della Salute
- qual è il livello organizzativo e i risultati ottenuti dalle altre equipe multidisciplinari per le cure palliative presenti nelle altre aziende sanitarie della Regione

Questa la risposta:
si fa presente che l’infermiere di comunità opera attraverso la dimissione protetta e l’elaborazione del Piano Individuale di Assistenza condiviso con il medico di medicina generale

Questo piano viene inviato all’erogatore privato a cui segue la rivalutazione periodica da parte dell’infermiere di comunità; la metodologia usata per questa rivalutazione consiste in un controllo delle cartelle prese a campione, in modo casuale

Si effettuano anche accessi congiunti con il medico del paziente, quando serve viene attivata l’Oncologia del Distretto e la messa in rete dell’assistito con i Servizi Sociali e del volontariato dedicato alle cure palliative

Se cambia la situazione clinico – assistenziale o c’è discontinuità nell’assunzione della terapia, è l’erogatore privato che segnala, con relazione, la nuova situazione al Distretto. A seguito di ciò viene effettuato un accesso da parte dell’infermiere di comunità con l’infermiere domiciliare del Distretto, nei casi più complessi viene convocata una Unità di Valutazione Distrettuale, si attiva il medico di medicina generale, come pure l’oncologo del Distretto e si tengono i contatti con le Unità Operative Ospedaliere

La dimissione dell’utente dall’Assistenza Domiciliare Infermieristica è sempre concordata con tutti gli attori del sistema, l’informazione formale viene mandata all’erogatore privato

L’organizzazione dell’erogatore privato è attiva si 12 ore (nelle restanti 12 ore notturne è attivo il servizio di reperibilità infermieristica) da lunedì a venerdì, mentre il sabato l’infermiere lavora solo la mattina. Vi operano 7 unità dedicate a pianificare ed intervenire con una programmazione degli accessi. Sia l’erogatore privato che la segreteria integrata socio assistenziale del distretto garantiscono un’attività di orientamento e di consiglio permanente, un monitoraggio telefonico e invio dell’infermiere a domicilio, nei casi critici, dalle 7.30 alle 16.00. il personale che lavora in questo ambito ha una formazione continua e non sono segnalati casi di logorio o malattia, solitamente collegati alle persone che fanno questa attività, inoltre vi è un sostegno permanente da parte di infermieri con esperienza in Hospice e con master in cure palliative
i criteri di controllo sulle prestazioni dell’erogatore privato viene effettuata a campione da parte dell’infermiere di comunità, come tutte le rivalutazioni, inoltre ogni mese egli fa un riesame nei casi chiusi con una riconsiderazione degli accessi fatturati e quelli registrati sul registro domiciliare e il controllo sulla congruenza tra le prestazioni pianificate e quelle effettivamente erogate

martedì 27 luglio 2010

Referendum anti vitalizi.

Anche se i referendum contro i vitalizi e la indennità di fine mandato dei consiglieri regionali non sono ancora stati dichiarati giuridicamente ammissibili, considerate le recenti dichiarazioni del consigliere Roberto Antonaz credo siano opportune alcune riflessioni entrando nel merito della questione.

A scanso di equivoci premetto che concordo pienamente nell'eliminazione di ogni privilegio auto accordatosi dai politici. Detto questo, però, ho il timore che così come concepito il referendum in questione rischi di peggiorare il processo di selezione della classe politica. Abrogando vitalizio e TFR ogni consigliere si ritroverebbe direttamente in busta paga la quota che prima versava per queste due voci (circa 2.500 euro) il che probabilmente aumenterebbe gli appetiti dei rispettivi partiti. Il referendum, che ha il pregio di costringere tutti al dibattito su di un problema vero, sentito e spesso evitato, propone una soluzione sbagliata perché non bisogna aumentare gli stipendi dei consiglieri togliendo loro delle tutele, ma all’opposto, ridurre le prebende e aumentare le tutele. Non vorrei che con queste regole (ti pago molto ma non ti do nessuna garanzia) accedessero alla politica solo quelle persone che se lo possono permettere, esattamente come succedeva una volta.

Credo che il “fare politica” debba essere considerato alla stregua di un qualsiasi altro lavoro e così, come un lavoratore vede calcolata la sua pensione in base ai contributi versati, altrettanto dovrebbe essere per il politico. Se poi il consigliere restasse in carica per un unico mandato, potrebbe sempre chiedere, a tempo debito, il ricongiungimento a fini pensionistici di tutte le quote versate nelle varie attività lavorative.

Le uniche peculiarità che una eventuale legge ad hoc dovrebbe prevedere sono per quei politici che sono già in pensione da una precedente attività o all’opposto per quelli che in virtù della giovane età non hanno mai lavorato. Per quanto riguarda il trattamento di fine rapporto basterebbe che la quota percepita a fine mandato fosse esattamente uguale alla somma di quanto mensilmente versato durante la legislatura dal singolo consigliere.

Le dichiarazioni che sono state fatte al riguardo da alcuni consiglieri con molti mandati alla spalle sono del tutto legittime, ma in assenza di precedenti prese di posizione su questo tema, sanno di demagogico e strumentale.

lunedì 26 luglio 2010

Giudizio di parificazione della Corte dei Conti.

Venerdì 16, nell’aula del Consiglio Regionale si è svolto l’annuale Giudizio di parificazione della Corte dei Conti.

La Corte dei Conti promuove la giunta Tondo sotto diversi aspetti, quali la diminuzione dell’indebitamento, la gestione delle crisi e dell’emergenza, ma boccia la strategia fin qui adottata : guarda con sfavore alla riorganizzazione dell’apparato regionale, in particolare il comparto della sanità, le consulenze e qualche scelta finanziaria.


I punti critici emersi:

1. Per quanto riguarda la SANITA’
Nel merito della riforma sanitaria i magistrati parlano di una cesura fra i presupposti teoretici e i contenuti effettivamente assunti, sottolineando i rischi connessi a una sovrapposizione fra la funzione di indirizzo programmatorio e di controllo e la funzione di gestione. In questo modo si pone in secondo piano la funzione costituzionale assegnata alla Regione, vale a dire non l’erogazione diretta di servizi, ma la funzione legislativa e programmatoria dello sviluppo del territorio nel suo complesso.
La Corte quindi boccia la “superdirezione” della sanità che accentrando tutto (la funzione di indirizzo, di controllo, di gestione) diventa un moloch burocratico ingestibile e poco funzionale.
Analogamente ritiene poco incisiva la correzione apportata al regolamento di organizzazione regionale

2. Con riferimento alle SOCIETA’ PARTECIPATE
La Corte dei Conti afferma che sono troppe e troppo care le società partecipate. Ne consegue, quindi, l’obbligo di dismissione di quelle non strettamente necessarie per il perseguimento delle finalità istituzionali.

3. Per quanto concerne la SPESA
Sono troppi gli atti di spesa fuori controllo. Sono in aumento i costi della politica, dovuti in primis agli aumenti apportati al rimborso forfetario mensile delle spese di vitto e di esercizio di automezzo dei Consiglieri regionali giustificato con la loro aumentata presenza settimanale. La Corte, pertanto, invita a ridurre i costi della politica “tirando le orecchie” ai Consiglieri e al loro rimpinzato rimborso, tanto più necessaria in epoca di riduzione delle entrate. E’ anche doverosa una riduzione e il contenimento delle spese di funzionamento del Consiglio.
Vanno, poi, ridotte ai minimi termini le CONSULENZE, sfruttando appieno il personale pubblico senza doversi rivolgere a soggetti terzi.

4. Sul RIMPASTO
La Corte parla di una situazione di rilevante instabilità dell’organizzazione dell’Amministrazione a causa del reiterato ricorso a modifiche dell’assetto degli uffici, della distribuzione delle competenze, le innovazioni introdotte non sembrano frutto di una visione organica.

5. A proposito dell’art. 59 bis
La pietra dello scandalo è l’art 59 bis della legge di contabilità della Regione che afferma che “la direzione centrale risorse economiche e finanziarie è autorizzata, dal 20 al 31 dicembre compresi di ogni anno, a registrare gli atti e a visitare i titoli di spesa presi in carico a decorrere dal 20 dicembre, sotto la responsabilità del dirigente che li ha emanati” senza quindi il controllo che avviene normalmente per ogni atto di spesa. La semplificazione e lo snellimento delle procedure,ricercata per portare a compimento gli impegni di spesa nei tempi dovuti , in realtà è un elemento di inaffidabilità del rendiconto.

La Corte definisce come allarmante l’utilizzazione dell’art. 59 bis della l 21/2007 perchè non si deve avere un’applicazione generalizzata di una norma derogatoria (come è successo nel dicembre 2009 quando c’è stata una sospensione temporale dei controlli per una spesa circa 278 milioni di euro).

Relazione sulla missione valutativa della L.R. 13/95 di revisione della rete ospedaliera della Regione.

E’ durata quanto la gravidanza di un elefante (20-22-mesi), ma finalmente ha visto la luce. Mi riferisco ovviamente alla conclusione della missione valutativa sulla legge regionale 13/95, che 15 anni fa ha ridisegnato l’offerta ospedaliera della Regione. Non è stata cosa facile considerata la mole di dati, non sempre omogenei e confrontabili, che sono stati acquisiti e valutati, ma i risultati sono senza dubbio molto interessanti anche se non sempre danno una risposta univoca.

Il divenire delle cose ed il progresso della scienza medica obbligano tutti ad un continuo confronto e a una continua verifica se quanto la Regione offre in termini di sanità ed assistenza sono adeguati ai tempi.
Se, poi, consideriamo che tra l’ideazione e applicazione della legge spesso passano anni, si comprende come probabilmente siamo già in ritardo per una revisione della legge regionale 13/95.

Il presupposto per una qualsiasi modifica parte proprio dalla verifica di quanto sia stato attuato dalla legge in questione e se la strada intrapresa quella volta sia quella giusta.

Considerato che il 50 % del bilancio regionale è impegnato nella sanità e che la salute è un bene primario, trovo veramente incomprensibile come il tema Sanità in genere e la revisione della legge regionale 13/95 in particolare trovi una scarsa/nulla attenzione da parte di politici regionali.

E’ evidente che il tema scotta, ma basterebbe che ogni correttivo proposto fosse basato su dati seri, a prescindere dai collegi elettorali da tutelare, e con queste premesse si potrebbe fare un lavoro nell’interesse della collettività che siamo a rappresentare.

Pur riconoscendo al dott. Fasola l’intuizione che bisognava mettere mano all’organizzazione degli ospedali così come pensati fino a quel momento, la scelta del come e dove tagliare è stata a mio avviso disastrosa perché non ha tenuto conto nè della popolazione nè degli operatori, cioè dei principali attori della sanità.

Un’ultima considerazione, rimandando alla relazione completa le analisi più specifiche, va fatta sui numeri cioè sui dati nudi e crudi che se non legati ad un contesto possono essere utilizzati, così come è stato fatto , in modo strumentale.
Non dobbiamo, infatti, perdere di vista che in sanità quello che interessa o dovrebbe interessare è che abbiamo a che fare con delle persone e che il fine ultimo è la cura e la guarigione delle stesse “i numeri” devono essere strumento per migliorare e non fine a se stessi.

PS: nella seduta del 22.7.10 il Comitato di controllo ha deciso di rinviare l’approvazione formale della relazione che pertanto non è, allo stato attuale, possibile rendere pubblica come avevo intenzione di fare in modo che ciascuno potesse liberamente fare le proprie considerazioni.

Lo stop è dovuto alla decisione di aggiungere alle considerazioni già fatte anche le indicazioni puntuali in modo che i vari uffici, delle aziende e della Regione, trovassero un modo omogeneo di archiviazione di tutti quei dati che questa volta non si è potuto confrontare perché raccolti con metodiche diverse da azienda ad azienda.

La prossima seduta è stata calendarizzata dalla presidenza per il 22 settembre.

martedì 6 luglio 2010

De Pedis in Sant'Apollinare....perchè?

E’ notizia di questi giorni che l’autorità giudiziaria italiana potrà, se lo deciderà, ispezionare nella basilica romana di Sant’Apollinare la tomba del boss mafioso Enrico De Pedis, detto Renatino.

Il Vicariato fa sapere che non si OPPORRA’ a una eventuale richiesta in tal senso, così come non ostacolerà una eventuale richiesta di traslazione della salma del boss in altra sede da parte della famiglia De Pedis.
Si ricorda che Renatino ha ricevuto una sepoltura del tutto inusuale per un comune cittadino, che risulta ancora più sorprendente trattandosi di un criminale della sua caratura: si tratta di un boss della banda della Magliana ucciso in un regolamento di conti il 2 febbraio 1990, è ritenuto coinvolto nel sequestro e nell’omicidio di Emanuela Orlandi, il cui cadavere non è mai stato trovato
Ma perché un boss mafioso è stato sepolto in una basilica? Come è possibile che questo sia stato permesso? Ora si dice che il Vicariato non si opporrà a una eventuale richiesta di traslare la salma, ma la salma lì non ci sarebbe mai dovuta stare!

Tra l’altro, sembra che non vi sia stata nessuna richiesta della magistratura in tal senso anche perché, considerato che la basilica di S. Apollinare non gode dell’extraterritorialità, lo Stato italiano non avrebbe avuto nessun bisogno di chiedere alcuna autorizzazione a chicchessia.

Quello che ci è dato sapere è che il corpo di De Pedis si trova in Sant’Apollinare perché è stato un grande benefattore dei poveri che frequentavano la basilica, ha aiutato concretamente tante iniziative di bene di carattere religioso e sociale, ha dato particolari contributi per aiutare i giovani, interessandosi in particolare per la loro formazione cristiana e umana. Ma questo può forse voler dire un ritorno alle indulgenze? Non importa come mi comporto in vita, non importa se uccido qualcuno, ma quello che conta è solo che poi dia denaro (possibilmente tanto) alla chiesa? Perché si è contrastato anche il diritto Canonico che sancisce che non si seppelliscano cadaveri nelle chiese, eccetto che si tratti del Papa o, nella propria chiesa, Cardinali o i Vescovi diocesani anche emeriti?

C’è un filo conduttore che lega il caso De Pedis, il caso Calvi, lo IOR di Marcinkus e l’iceberg della pedofilia che inizia ad aprire falle nella corazzata Vaticana e questo è l’omertà delle curia Romana.

Il continuo nascondere gli illeciti, fatti anche da membri influenti della gerarchia cattolica, ovviamente per non infangare la Chiesa, non può che alimentare il clima di sospetto e gli attacchi (leciti) cui è sottoposta la chiesa cattolica.

Se la magistratura del Belgio dispone una perquisizione e sequestra del materiale nella sede della Comunità Episcopale di quel paese, se la Corte Suprema degli Stati Uniti giudica ammissibile la chiamata in causa, in un processo per pedofilia, delle massime gerarchie Vaticane forse non si tratta di attacchi strumentali.

Per uscire da questa situazione, per recuperare credibilità, per non buttare tutto quello che di buono numerosi preti hanno fatto credo ci sia un’unica soluzione: aprire gli archivi vaticani e fare un po’di pulizia e di chiarezza.

Probabilmente sarà una cura dolorosa, ma come dovrebbero ben sapere le gerarchie cattoliche, liberarsi dal peccato e fare una giusta penitenza è l’unica via per riuscire a sopportare le colpe commesse e accedere al paradiso.

martedì 29 giugno 2010

Convegno "fine vita".

Sabato 26, nell’auditorium della Regione in via Sabbadini a Udine, si è svolto un convegno che analizzava gli aspetti scientifici e bioetici del fine vita.

Detta così parrebbe un non notizia, stante che in tutto il mondo si svolgono quotidianamente convegni scientifici sui temi più svariati. In realtà la notizia è che siamo riusciti a farlo, perché la cosa non è stata nè semplice né scontata, gli ostacoli, i dinieghi, i sospetti e le diffidenze sono state numerose e, talvolta, inaspettate.

Dopo il caso Englaro e tutte le bugie dette in quell' occasione, dopo il maldestro tentativo del governo di legiferare sull’onda emotiva di quel fatto, quando, per anni, non si era fatto niente, molti operatori del settore sentivano l’esigenza di ripartire da capo e cioè dal sapere scientifico.

Si sperava che anche i politici, cui spetta la seconda fase e cioè la costruzione di una legge i cui pilastri affondino in quel “sapere”, fossero interessati ed invece, nonostante relatori di rilievo nazionale ed internazionale, praticamente tutti hanno evitato di farsi vedere.

Trovo difficile giustificare la diffidenza che abbiamo riscontrato, soprattutto in ambito politico, ma anche tra i medici: tutti, in qualche modo, avevano paura di apparire schierati, tutti temevano di esplicitare le proprie idee.

I medici probabilmente perché da troppo tempo hanno una carriera condizionata più dal potere politico che dal loro curriculum professionale, e i politici perchè troppo attenti a non dispiacere alle gerarchie cattoliche pur di non perdere qualche voto.

Il vero problema è che questa nostra malmessa nazione ha assoluto bisogno di una legge che regolamenti un aspetto così crucciale della vita di tutti, coniugandola con il rigoroso rispetto di tutte le diverse sensibilità e la cosa (udite, udite) è assolutamente possibile dato che l’anno già fatta da anni in tutta Europa.

Con questo governo ”dell’amore”, il clima di intolleranza lo si respira ogni giorno di più e interessa i temi più svariati: gli extracomunitari, il meridione d’Italia, gli omosessuali, la bandiera nazionale ed il suo inno, la pillola del giorno dopo, la fecondazione assisitita, la RU486, il rispetto delle leggi e dei giudici, alcune trasmissioni televisive ecc ecc.

La versione più benevola di tutto questo è che non si vuole accettare che altri possano fare scelte diverse dalle nostre e si confonde il rispetto di scelte diverse con la condivisione delle stesse. La più cattiva è che non si vuole un Paese di cittadini, ma di sudditi.

Un Paese in cui l’opposizione balbetta, vuoi per i continui distinguo della sinistra, vuoi per un partito democratico che dice tutto e il contrario di tutto, corre il rischio non solo di non combattere efficacemente questa deriva, ma anche di svegliarsi solo a disastro avvenuto.

giovedì 24 giugno 2010

Tondo e la Villesse - Gorizia.

Ecco l'interrogazione che ho presentato oggi, concernente l'acquisizione di pareri da parte di Tondo con riferimento all'A4.
Vista l’ordinanza del Presidente del Consiglio dei Ministri del 5 settembre 2008, pubblicata sulla G.U. dell’11 sett. 2008, in merito alle “disposizioni urgenti di protezione civile per fronteggiare l’emergenza determinatasi nel settore del traffico e della mobilità nell’asse autostradale Corridoio V dell’autostrada A4 nella tratta Quarto d’Altino - Trieste e nel raccordo autostradale Villesse – Gorizia” (ordinanza 3702);

considerato che, al comma 4 dell’articolo 3 della suddetta ordinanza, si richiede in modo esplicito che “ il progetto esecutivo dell’opera e le eventuali varianti in corso d’opera sono approvate dal Commissario delegato, sentita la Concessionaria ed il Comitato di cui all’art. 2, comma 4 (..)“;


interroga

il Presidente della regione Renzo Tondo se, per quanto stabilito dal comma 4 dell’art.3 succitato, in qualità di Commissario per l’emergenza abbia acquisito i pareri della Società Autovie Venete S.p.A. inerenti a tutti i progetti relativi alla realizzazione della terza corsia della Villesse Gorizia in via di realizzazione.

lunedì 7 giugno 2010

A chi fa paura la stampa libera.

Le modalità dell’apprendimento sono complesse e talvolta misteriose, tanto che molto spesso per imparare una lezione dobbiamo sbatterci il naso, talvolta facendoci anche molto male perchè riteniamo che le esperienze passate, se non sono nostre, non servono.

Noi tutti, quando eravamo adolescenti, abbiamo ignorato i consigli dei genitori che tentavano di evitarci dolorose esperienze, ma abbiamo imparato solo dopo, quando la realtà ci ha costretto ad un brusco risveglio.

Forse la storia non si ripete nello stesso modo, ma le analogie con quanto accaduto durante il ventennio e a quanto scritto da Licio Gelli nel famoso piano della P2 credo siano evidenti a tutti.

Adesso come allora il potere aveva pienamente capito che il controllo delle masse passava per il controllo dell’informazione e in questo, in nostro Presidente del consiglio, è da sempre maestro, basti pensare come è riuscito ad attribuire la maggior parte dello sfascio Italiano ai governi della sinistra e non, come in realtà è avvenuto, con il governo del suo amico e sodale Craxi prima e ai suoi governi poi.

La legge sulle intercettazioni e sul controllo della stampa attualmente in discussione al Senato hanno, in maniera spudorata, questo obbiettivo tanto che la norma transitoria ha l’unico scopo di bloccare la diffusione di notizie inerenti le presunte malefatte della “cricca”.

La cosa che forse lascia più perplessi è la scarsa reattività del popolo italiano che, nonostante gli evidenti rischi che questa strada già tracciata e a suo tempo percorsa ha evidenziato, pare quasi rassegnato a dover percorrere quel “miglio verde ” che inevitabilmente lo porterà alla sua fine.

Quando il Fascismo era vincente tutti erano fascisti, quando la Germania sembrava aver vinto la guerra abbiamo attaccato la Francia, quando la guerra buttava male ci siamo alleati con gli americani e quando volgeva al termine eravamo tutti partigiani.

Alla fine della guerra, quando le indagini sulle varie nefandezze fatte dai nazi-fasciti poteva mettere in imbarazzo qualcuno o chiamare qualcuno alle proprie responsabilità, non si è trovato di meglio che impilare i fascicoli in un famoso “armadio” (poi divenuto della vergogna) e rigirarlo verso il muro.

In Italia, da tempo, nessuno è mai responsabile di niente, soprattutto delle proprie azioni, le colpe sono sempre degli altri, in questo solo l’Austria ci ha imitato scaricando tutte le sue colpe nell’Anschluss (Annessione ) che avrebbero subito e non plebiscitariamente voluto.

Spesso mi sono domandato del perché di questo reiterare errori che tanto ci sono costati in passato e la riposta che mi sono dato è che noi non abbiamo mai fatto, in modo serio, i conti con il passato e per questo siamo costretti a ripeterli.

Tondo/ Rosolen /Brandi.

Giovedì in Aula il Presidente della Regione ha fatto, come atto dovuto, le sue comunicazioni in merito alla modifica della composizione della Giunta regionale.
Tondo ha detto che, pur constatando il buon lavoro fatto dall’Assessore Rosolen, ha dovuto “mandarla a casa” in seguito ai fatti accaduti nelle scorse settimane, con un esplicito riferimento a quanto accaduto nel Comune di Trieste.

Sono, pertanto, delle beghe di una componente minoritaria del PdL: per un problema relativo alla singola realtà triestina, che per quanto importante, è una parte dell’intera regione, che un buon assessore deve, con rammarico dello stesso Presidente della Regione, essere dimissionata.

Tutti i consiglieri regionali intervenuti nel dibattito, sia di maggioranza che di opposizione, pur rimarcando le diverse posizioni politiche, hanno infatti espresso apprezzamento all’operato dell’assessore che quindi non è venuta meno ai compiti relativi al suo mandato.

A questo punto non resta che prendere atto che Tondo, per il quieto vivere e per restare in sella, si è dovuto piegare ai voleri di chi interpreta la politica come spartizione di potere e non come servizio alla comunità che un politico una volta eletto è chiamato a rappresentare.

Se l’operato politico della Rosolen era entrato in contrasto con il partito nel quale militava questo problema andava risolto dai probiviri e in ogni caso nell’ambito di quel partito.
Rimuovere un assessore che, pur designata da una parte politica, opera nell’interesse della totalità dei cittadini del Friuli Venezia Giulia è non solo un errore di questo esecutivo, ma esplicita anche la visione miope che questa maggioranza ha della politica.

Altro problema non marginale è che il nuovo assessore si aggiunge agli altri 6 assessori esterni già presenti in Giunta, che su si un totale di 10 non è poca cosa.
Una volta di più la politica che, complice la crisi economica, impone tanti sacrifici ai cittadini nel momento in cui potrebbe dimostrare di applicare a se stessa lo stesso rigore che richiede agli altri scantona e si dimostra “casta”.

Analogamente a quanto accaduto nel caso Englaro, quando Tondo condividendo la battaglia di civiltà di Beppino gli ha dato un concreto aiuto sottotraccia ma non ha avuto il coraggio, in modo esplicito, di mettersi di traverso alla sua maggioranza, anche in questo caso ha preferito difendere la sua poltrona piuttosto che un assessore che aveva ben operato.

Concludendo si può affermare che la libertà, politica ed istituzionale, che un presidente deve avere in quanto presidente di tutti e non solo del proprio partito è venuta meno: l’istituzione si è piegata al partito.

lunedì 31 maggio 2010

Hospice a Martignacco.

E' notizia di qualche tempo la decisione dell’ASS 4 Medio Friuli di attivare 15 posti letto di Hospice all’interno della casa di riposo Zaffiro di Martignacco per un periodo di 3-5 anni in attesa della sistemazione definitiva della struttura presso la caserma Piave. Tenuto conto della decisione di affidare la gestione dell’Hospice ad un pool di medici di base e considerato che il ricovero nell’hospice di solito è dovuto ad aggravamento della malattia o alla difficoltà di gestire in modo adeguato al proprio domicilio il paziente oncologico terminale, ho presentato una IRI all'assessore Kosic chiedendogli se i medici chiamati a gestire l'Hospice siano in possesso di tale specializzazione e se gli specialisti in tale materia che già operano sul territorio siano stati coinvolti, visto che la complessità di questi pazienti ha richiesto che fossero formate delle figure professionali specializzate, quali i “ medici palliativisti“.

giovedì 20 maggio 2010

A proposito di immigrazione.

Oggi, in III Commissione consiliare si è discusso del piano immigrazione, tema di cui si è già trattato in diverse occasioni e, recentemente, soprattutto per la chiusura degli ambulatori per clandestini voluta dalla Lega. Ambulatori che non creavano una via preferenziale per la cura degli immigrati e che non erano, come sono stati definiti “cliniche”, ma costituivano il punto di riferimento per coloro che avevano bisogno di cure mediche prestate a titolo gratuito da medici volontari.

Ogni qual volta si toccano questi argomenti ci viene detto che “le regole” vanno rispettate da tutti e che non ci sono solo diritti, ma anche doveri. Giusto! Ma quale autorevolezza può avere una Regione che per prima viola le stesse leggi che chiede agli altri di rispettare?

La legge Bossi –Fini chiarisce che, “ai cittadini stranieri anche irregolari, (…) sono assicurate le cure urgenti o essenziali ancorché continuative (…)“ a tal fine a questi soggetti viene assegnata una tessera sanitaria particolare a sigla STP.
La circolare n° 5 del 2000 (art 43 comma 8) spiega che “E’ compito della regione individuare le modalità più opportune per garantire le cure essenziali e continuative …”.

Il caos che regna sul tema nella nostra Regione è principalmente dovuto alle inadempienze dell’assessorato che non ha fatto una, dicasi una, circolare o delibera esplicativa in merito e così le Aziende sanitarie si sono mosse in maniera autonoma e spesso i pronto soccorso non sono in grado di fornire la tessera STP.

E continuando sul concetto del rispetto delle regole, non fa certo onore alla Lega il reiterato tentativo di obbligare i medici alla denuncia dei pazienti in quanto irregolari o peggio, così come accade in quel di Pordenone, che dipendenti dell’ospedale alle 6 del mattino facciano il giro del Pronto Soccorso per individuare eventuali immigrati irregolari.

Queste intimidazioni vanno di pari passo con la raccolta di firme per impedire l’inumazione di cittadini di fede islamica o con il dare pane ed acqua ai bambini dell’asilo perché i genitori non pagano la mensa.

In questo modo non si vuole incentivare la presenza degli immigrati in FVG, ma regolamentare la loro presenza con prescrizioni certe, in modo che abbiano punti di riferimento precisi.

Tra l’altro un’analisi non ipocrita del perché gli immigrati arrivano nel nostro evidenzierebbe che sono le aziende al nord e la mafia al sud ad incentivare il loro arrivo. Ad entrambi una manodopera a basso costo, sfruttabile oltre il limite della decenza e ricattabile come può esserlo solo un clandestino, permette guadagni stratosferici e per di più in nero.

Per tutti questi motivi queste persone che si trovano sul nostro territorio, che rispettano le nostre leggi, che con il loro lavoro contribuiscono al benessere generale e che pagano le tasse devono essere trattate al pari con i nostri connazionali; abbiamo l’obbligo morale di dar loro la possibilità farsi una famiglia, di migliorare il loro tenore di vita e di vivere qui in modo onesto e dignitoso.

martedì 18 maggio 2010

Elezioni di Cividale del Friuli: commento.

Le recenti elezioni per il sindaco di Cividale si sono concluse, come da pronostico, con la netta vittoria del centro destra che presentava, peraltro, un candidato non molto carismatico e, quindi, battibile.

Una volta di più nel centro sinistra hanno prevalso egoismi e logiche personalistiche che poco o nulla hanno a che vedere con le reali necessità della città ducale, i voti a favore di questo schieramento hanno reso inequivocabile il “fastidio ” degli elettori ad una siffatta visione.

Lo scontro tra Carlo Monai (IDV) e Cristina Novelli (PD) si è dimostrato insanabile e ha coinvolto tutti, anche quelli come noi che, pur di avere un candidato unico, avevano deciso di accettare qualsiasi nome alternativo proposto con l’unica clausola che sottoscrivesse il programma e che, qualora si vincesse, vi fosse un equilibrio tra le vari componenti della coalizione.

Credo che nessuno possa rinfacciarci di non esserci suicidati annullandoci o nelle liste del PD o in quelle dell’Italia dei Valori.

Per noi, speravo in un risultato migliore e non solo per i continui attestati si stima nei confronti del nostro candidato durante al campagna elettorale, ma soprattutto per l’azione politica che Domenico Pinto aveva portato avanti, spesso in solitudine, nei dieci anni precedenti, dai banchi dell’opposizione.

La difficoltà del centro sinistra a Cividale è lo specchio delle crisi che interessano tutto il Paese, crisi al plurale perché non è solo un problema di crisi economica, ma anche di crisi morale, crisi di valori, di analisi e di prospettiva.

O noi sapremo dare una risposta concreta ed unitaria alle richieste della nostra gente, o la nostra presenza diventerà del tutto inutile.

La logica conseguenza di quanto accaduto dovrebbe far si che, dimenticate le reciproche accuse, l’opposizione trovasse una voce unica e forte per contrastare la politica della Lega e del PDL. Solo in questo modo tra cinque anni potremmo ragionevolmente pensare di esprimere un candidato unico che abbia possibilità di successo.

Se siamo convinti che le nostre idee di società, di sviluppo sostenibile, di rispetto dell’ambiente e dello stesso concetto di qualità della vita siano migliori di quelle espresse dal centro destra allora, per quest’obbiettivo, nessun sacrificio sarà troppo grande.

E’ per questo che auspico che gli eletti del centro sinistra che non se la sentissero di portare avanti una battaglia in comune con i vicini di banco lasciassero questo incarico a forze ed entusiasmi più freschi perché, come avevano già intuito i nostri avi, “errare humanum est, perseverare autem diabolicum“.

mercoledì 12 maggio 2010

Marcia della pace Perugia - Assisi 2010.

Punto di partenza credo debba essere lo slogan che caratterizza la Perugia – Assisi di quest’anno il quale afferma che “Abbiamo bisogno di un’altra cultura“ e questo proprio in un momento in cui i valori, o meglio i dis-valori, di riferimento della Lega e di questa maggioranza sembrano essere vincenti.

In questa manifestazione vedo un rinnovato impegno nel diffondere la cultura della pace, della giustizia, della tolleranza e dei diritti umani. Abbiamo l’obbligo di valorizzare e sviluppare tutte le esperienze interculturali di incontro, di accoglienza, di dialogo e condivisione che esistono nelle nostre città, scuole, associazioni e comunità.

Sento come un obbligo il dover ricordare come i temi cavalcati dall’attuale governo, che ad ogni piè sospinto fa riferimento alla cultura cattolica e alle radici cristiane, vadano poi nel senso opposto a quanto detto dal Vangelo cui strumentalmente fanno riferimento. Alcuni esempi:

· la politica della “sicurezza” ,che in termini elettorali ha molto pagato, ma che ha diffuso in modo del tutto strumentale notizie gonfiate e fuorvianti
· le recenti affermazioni del sindaco di Milano, per cui un immigrato irregolare è di per sè un delinquente, sono sintomatiche di una cultura che ha fatto presa
· la vergognosa lotta che la Lega fa perché i clandestini non vengano curati o vengano denunciati dai medici
· le mancate direttive dell’assessore Kosic per rendere applicabile in modo omogeneo in ambito regionale quanto previsto dal D.Lgs 286/98 da Lui stesso invocato all’atto della chiusura degli ambulatori per irregolari.
· il tentativo, in parte riuscito, di scaricare sui più deboli (lavoratori, pensionati precari, giovani) il costo di una crisi di cui non hanno nessuna responsabilità (non è possibile dimenticare come alcune fra le più importanti banche internazionali quest’anno hanno raddoppiato i ricavi speculando su quella stessa crisi che hanno contribuito ad alimentare vedendo titoli tossici )
· tutte le politiche discriminatorie e razziste che questa Regione sta varando.


Dobbiamo contrastare con forza l’assuefazione di ciascuno di noi alla violenza quotidiana: basti pensare alla violenza che c’è nei rapporti tra le persone, nel mondo del lavoro, nella politica, nell’informazione o a quanto trasmesso dalla tv, alla violenza/diffidenza verso gli immigrati, i diversi e gli “altri” in genere.

C’è bisogno, quindi, di promuovere un’informazione e una comunicazione di pace, in modo da liberare il servizio pubblico da condizionamenti del governo. Occorre investire nell’educazione e promuovere una scala di valori che sia basata sul senso di giustizia, sulla libertà e sulla responsabilità.

Dobbiamo crescere insieme ai “nuovi italiani” valorizzando e sviluppando tutte le esperienze interculturali di incontro, dialogo e condivisione.
La Perugia – Assisi si propone proprio questo ed è per questo che va promossa e sostenuta.

mercoledì 5 maggio 2010

Ambulatori per i clandestini: chiusura e poi?

IRI: ambulatori per i clandestini.
La seduta d’Aula di oggi si è aperta con le Interrogazioni a Risposta Immediata, fra le quali quella da me rivolta all’Assessore Kosic in merito alla decisione di chiudere agli ambulatori per i clandestini.

L’Assessore, nel momento in cui aveva preannunciato tale chiusura, aveva anche fatto riferimento alla normativa nazionale (art. 35 del D.Lgs 286/1998) che regolamentava le modalità per l’accesso alle prestazioni sanitarie. La richiesta, peraltro molto chiara, verteva proprio sulla volontà di sapere cosa aveva fatto l’assessorato per rendere applicabili tali norme.

L’Assessore ha elencato le normative di riferimento, circolari e delibere di Giunta del 2003 e del 2006, quindi antecedenti alla chiusura degli ambulatori, confermando in tal modo di non aver fatto assolutamente nulla perché quanto stabilito dalla legge diventasse applicabile nel concreto. L’assessore non ha voluto o potuto esercitare quella funzione di indirizzo che la legge (art. 43, comma 8, della circolare n°5 del 24 marzo200) in modo esplicito assegna alla Regione stessa.
Questo, in buona sostanza, la motivazione del caos totale in cui versano le varie aziende e distretti sanitari che si sono arrangiati come potevano o come volevano nell’assegnazione del codice STP, così come previsto dalla legge.

Trovo inaccettabile, per non dire vergognoso, la fuga dell’Assessore dalle proprie responsabilità e questo soprattutto perché fatto sulla pelle dei più deboli e questo alla faccia della tanto sbandierata politica in difesa dei più svantaggiati.

martedì 4 maggio 2010

Oggi in Aula: DDL 90.

Oggi in aula si è discusso del DDL 90 che tratta di servizi per la prima infanzia, di sostegno alla genitorialità e alla famiglia. Questo provvedimento va a modificare la L. 20/06 e la L. 11/06, le quali meritano considerazioni separate.
Con riferimento alla prima, l’Assessore ha affermato che gli asili nido devono essere più fruibili e accessibili, perciò i correttivi introdotti volti a rendere più rapida e meno farraginosa la possibilità di aprirne uno erano necessari. Ma il passaggio da un’autorizzazione al funzionamento a una DIA crea rischi maggiori, di certo non banali, perché i controlli ex post pongono il rischio di avere strutture non adeguate e operatori non adeguatamente formati e preparati. Il programma, inoltre, diventa settoriale e parziale ed emerge chiaramente la volontà di privatizzare e di deregolamentare. Quella che si vuole introdurre è, quindi, una pratica ad altissimo rischio.
Con riferimento alla legge 11/06 la critica è più severa in quanto le modifiche introdotte che danno priorità alle coppie sposate sulla base dell’art. 29 Cost. sono supportate da motivi squisitamente ideologici o confessionali, perché la stessa Corte costituzionale ha riconosciuto la prevalenza del rapporto sul lato formale. Elemento particolarmente grave è, quindi, il mancato riferimento agli artt. 2, 3, 30 e 31 della Costituzione. Si è detto che c’è una crisi valoriale per cui non ci si sposa più e quindi bisogna incentivare il matrimonio. Ma quali valori etici ci sono nel dare aiuti alle persone in difficoltà basandosi sulla residenzialità? nel non dare da mangiare ai bambini se i genitori non pagano la retta? o nel respingere gli immigrati senza valutare la legittimità del riconoscimento della qualità di profughi? Sono questi provvedimenti giusti? Con questa legge non si cerca di individuare il bisogno e, quindi, di intervenire per risolverlo nel modo più equo possibile. Questa legge è di per sé discriminatoria.

lunedì 26 aprile 2010

Superior stabat lupus, longeque inferior agnus.


Le proteste e il fastidio del presidente della Regione Renzo Tondo al discorso molto determinato del sindaco di Udine Honsell in occasione della festa del 25 aprile mi hanno riportato ai banchi del liceo quando, con la traduzione della notissima favola di Fedro del lupo e dell’agnello, il professore di latino cercava di insegnaci non solo quella lingua, ma anche come si può manifestare l’arroganza dei potenti.

Da anni il leader della destra attacca, in modo sistematico, tutte le istituzioni che gli danno fastidio o che tentano di far rispettare anche a lui la Costituzione e le leggi dello Stato e, nel momento in cui un sindaco ristabilisce la verità storica e il significato di ciò che è stata la liberazione, Tondo e alleati hanno il coraggio di accusare Honsell di creare divisioni!!

Ma qualcuno ha l’onestà intellettuale di ricordare le quotidiane affermazioni del presidente del consiglio sulla volontà di modificare la nostra costituzione a maggioranza o su quelle dell’onorevole Bossi che, pur non disdegnando lo stipendio da parlamentare, non riconosce come sua patria questa nostra Italia?

Nello stesso momento in cui si ipotizza il bavaglio della stampa, il blocco delle intercettazioni, i PM assoggettati all’esecutivo, il legittimo impedimento, il lodo Alfano e altre amenità del genere il 25 aprile assume, se possibile, un significato ancora più importante perché ci ricorda quanto alto sia stato il prezzo pagato per contrastare quella follia.

In tutti questi anni dovremmo aver imparato che per Berlusconi la “parola data “ non ha alcun significato e che vale solo fin tanto che gli torna utile, ogni accordo viene sempre e comunque interpretato come un cedimento e che di conseguenza la posta successiva sarà sempre più alta.

Ben vengano, allora, discorsi come quello di Honsell e di tutti quelli che in modo netto e chiaro hanno deciso di non assistere in silenzio allo scempio dello stato repubblicano e della sua Costituzione; ogni interpretazione “elastica” della legge, la più piccola forzatura della Carta deve essere contrastata sempre e con forza perché ogni cedimento sarebbe un atto colpevole e rischierebbe di farci ripetere gli errori del passato.

Visita di Kosic all'ospedale di Cividale.

Venerdì l'assessore alla sanità ha visitato l'ospedale di Cividale e, guidato dal sindaco Vuga, ha preso visione del padiglione di levante attualmente in costruzione, della dialisi e del reparto medico.

Anche se è abbastanza normale far vedere agli ospiti importanti solo le cose migliori, infatti entrambi i reparti sono stati ristrutturati di recente, resto convinto che sarebbe stato molto meglio se il sindaco di Cividale avesse portato Kosic in radiologia, dove tre sezioni su quattro sono chiuse, o in laboratorio dove, con un semplice sguardo, si ha la conferma delle voci che vogliono come imminente una sua definitiva chiusura.

Il breve giro si è concluso in una stanza della Direzione Sanitaria dove Vuga, il sottoscritto e il consigliere Novelli hanno posto alcune domande all'assessore sul futuro dell'ospedale di Cividale.

Kosic, rispondendo alle sollecitazioni del sindaco Vuga, ha confermato che la nuova ala dell'ospedale si farà e che sei milioni di euro sono già stati stanziati.

Anche se per completare l’opera mancano all’appello ben quattro milioni di euro queste rassicurazioni non possono che far piacere però, nella vita c’è sempre un però, gli anni in cui ho lavorato a Cividale mi hanno insegnato che ad ogni nuova gru, ad ogni nuovo edificio o ristrutturazione fatta, l’ospedale perdeva un reparto o un servizio.

Con questi miei dubbi ho sollecitato l’assessore a dare delle risposte chiare su quali e quante funzioni sarebbero restate a Cividale e sopratutto se alcune funzioni minori del S. Maria della Misericordia sarebbero state delegate al nostro Nosocomio.

E’ del tutto indispensabile pensare di implementare quanto già presente a Cividale con una Day–Surgery (chirurgia di un giorno solo) che, alla pari di quelle europee, faccia 4.000 interventi /anno (quattro sale operatorie che fanno 5 interventi al giorno per 5 giorni la settimana per 10 mesi/anno)

Fare interventi “minori“ su pazienti sostanzialmente sani (questa in buona sostanza è il concetto di day surgery), oltre che costare molto di meno quando eseguiti in strutture poco complesse, rende anche possibile e logico il mantenimento di un reparto medico, di una RSA, di un Hospice o dei letti dei malati in stato vegetativo che come noto necessitano spesso di consulenze o di prestazioni chirurgiche minori.

In questo modo si potrebbe alleggerire l’ospedale di Udine dalle prestazioni minori e rendere più funzionale quello di Cividale.

Purtroppo a questa domanda così come a quella sul destino del Pronto soccorso, si vocifera di una chiusura notturna, il nostro assessore non ha dato che risposte generiche e scontate.

Spero che questa visita non sia solo dovuta alla campagna elettorale in corso, spero che l’assessore abbia un ben preciso “piano industriale“ per l’ospedale di Cividale perché sarebbe intollerabile vedere, per l’ennesima volta, buttare i soldi pubblici nella costruzione di uno scatolone che poi resterà vuoto.

Se così fosse preferirei che questa maggioranza decidesse per una rapida e totale chiusura, che non condivido, ma che è sempre meglio di una lenta agonia.

venerdì 16 aprile 2010

La nostra Sanità: ancora domande.

A inizio settimana a palazzo Kechler, il PDL ha tentato di stendere una cortina fumogena sulla reale portata dei tagli previsti dal nuovo Piano socio sanitario, recentemente approvato a maggioranza in Regione .
L’assenza di Kosic, a mio avviso ingiustificabile considerato che il tema era eminentemente sanitario, forse ha evitato a questa maggioranza la replica della figuraccia fatta dall’assessore in terza commissione quando, di fatto, si è rifiutato di rispondere alle numerose e puntuali osservazioni fatte dal sottoscritto e dagli altri esponenti dell’opposizione al Piano SSR.

Ma, andando al nocciolo della sostanza, ieri i consiglieri regionali di maggioranza hanno ribadito che:
· il blocco del turn over del personale viene confermato anche se, in alcune situazioni particolari, ci sarà una deroga che in ogni caso non potrà superare il 40%
· non tutti i primari verranno sostituiti
· si vuole la fusione tra i reparti ospedalieri quelli universitari.
· c’è troppo personale amministrativo.
· ci sono troppi doppioni

Queste affermazioni pongono, in modo ineludibile, alcuni quesiti che cercherò di sintetizzare:
· Quali e quanti servizi/reparti verranno chiusi stante che, nella migliore delle ipotesi, verranno rimpiazzati solo 4 operatori su 10 che se ne vanno?
· È possibile parlare di eccellenza quando un’infermiera è costretta a seguire 30 o 40 pazienti molti dei quali critici o non autosufficienti?
· Considerato che non potranno essere chiusi reparti specialistici come la cardiochirurgia o la neurochirurgia, le patologie minori verranno delegate/dirottate agli ospedali periferici?
· Quali primariati non verranno mantenuti? e quale è il disegno che guida questa o quella soppressione?
· Il protocollo d’intesa a suo tempo siglato tra università e regione che prevedeva dei precisi obblighi tra i due soggetti in vista di una fusione tra i due enti è ancora valido o viene considerata carta straccia?
· Quali, quanti e in quali sedi sono gli amministrativa da “tagliare ”

Sono convinto che tutti gli operatori della sanità, con il loro impegno quotidiano che va ben oltre quello che sono gli obblighi contrattuali, da tempo si siano guadagnati il diritto ad avere una risposta chiara a tutti questi quesiti e, in modo altrettanto chiaro, la meritano tutti gli utenti e i cittadini della Regione.

giovedì 15 aprile 2010

A proposito di famiglia.

Ieri, in III Commissione consiliare, si è esaminato il DDL 90, il quale va a modificare le leggi regionali 20/2005 e 11/2006: si è parlato, quindi, di servizi per la prima infanzia, di sostegno alla genitorialità e famiglia.

Il mio è stato un voto convintamente negativo a questo provvedimento perché, per motivi squisitamente ideologici, non si è voluto tener conto di quello che è stata l’evoluzione della società e del concetto di famiglia in questi anni. Famiglia che deve essere riconosciuta quale entità sociale prima ancora che giuridica, tanto che perfino la Corte costituzionale (sent. Corte cost. 3.12.69, n°147) ha riconosciuto sin dal 1969 il ruolo predominante del rapporto sull’atto formale. Partendo dallo stesso concetto, un bambino può essere adottato anche da una coppia non sposata (art.6, comma 4 della L.184/1983, novellata poi dalla L. 149/1992), così come due persone che vivono more uxorio possono vedersi assegnata una casa popolare (art. 17, commi 2 e 3, della L. 789/1992).
Non si può, infatti, ignorare il fatto che offrire un sostegno o dei servizi “con priorità alle coppie sposate” si traduce in una discriminazione a tutte quelle coppie, che forse sono maggioranza, che non si sono sposate per un motivo o per l’altro (non si crede nel matrimonio, non si hanno le possibilità economiche di sposarsi, ecc, ecc).
Ancorarsi al disposto del solo art. 29 della Costituzione, il quale afferma che La Repubblica riconosce i diritti della famiglia come società naturale fondata sul matrimonio, è una forzatura politica ed è fortemente riduttivo rispetto all’articolazione della realtà in cui viviamo.

Inoltre, anche la scelta di dare un sostegno alle famiglie non considerando le necessità, ma partendo dagli anni di residenza significa non tenere conto della realtà odierna in cui la mobilità, anche dei cittadini italiani di altre regioni, per motivi di lavoro è sempre maggiore.

La Lega, con norme come questa, dice di voler contrastare l’immigrazione e invece crea solo delle sacche di emarginazione che, alla lunga, non faranno altro che mettere a repentaglio la tanta sbandierata “sicurezza“ del Paese; e la stessa la miopia impedisce di vedere che l’integrazione favorisce anche la nostra crescita culturale.

Credo, poi, meritino di essere riportati due passaggi emersi dal dibattito :
· l’assessore Molinaro, nel ribadire la priorità dell’aiuto alle famiglie fondate sul matrimonio, ha anche detto che nessuna discriminazione verrà fatta nei confronti dei bambini, come se il tenore di vita della famiglia non si riflettesse in modo automatico sui figli;
· il consigliere Ciani, sempre in riferimento all’art. 29, ha poi rimarcato la centralità, l’ importanza e il rispetto della Costituzione dimenticandosi di tutte le volte che la sua maggioranza l’ha bellamente violata quando, ad esempio, finanziavano le suole confessionali (l’ art.33 della Costituzione afferma infatti che “Enti e privati hanno il diritto di istituire scuole ed istituti di educazione, senza oneri per lo Stato”).

Resto convinto che chiunque si propone di guidare un grande Paese come il nostro, con culture, tradizioni e fedi diverse, in cui gli immigrati comunitari e non ci saranno sempre, debba fare leggi che tengano conto di tutto questo e che il rispetto degli altri non è segno di debolezza, ma di forza.

lunedì 12 aprile 2010

Quando la prevaricazione la si ha nel sangue.

Le recenti dichiarazioni del consigliere della Lega Nord Narduzzi sulla RU486 ripropongono quanto già ribadito (e in parte ritrattato) dai suoi più illustri compagni di partito Cota e Zaia: fare di tutto per ostacolare la diffusione della pillola abortiva in questione.

Le Lega, da anni, ci ha abituati a sparate di ogni genere che spesso accettiamo con ilarità o con un bonario sorriso, ma devo ammettere che quando vedo trattare un tema tanto complesso quanto delicato come quello dell’aborto con tanta superficialità ed ignoranza il sentimento prevalente in me è quello dello sdegno.

Come può Narduzzi, autonominatosi paladino delle donne, pensare che una donna decida di interrompere una gravidanza con la stessa facilità con cui assume un’aspirina? Si è mai preso la briga di parlare con le donne che hanno dovuto fare questa scelta?

L’essere un consigliere regionale non è, o meglio non dovrebbe essere, titolo sufficiente per decidere le scelte terapeutiche di un qualsiasi cittadino, a meno che, così come per il caso Englaro e gli altri temi etici, non si voglia trasformare la Repubblica Italiana, che è laica, in uno Stato confessionale.

Se fosse così mi risulterebbe, anche, difficile capire la grande ostilità della Lega verso l’integralismo musulmano che da sempre ha teorizzato la prevalenza della legge coranica sulla legge degli uomini e che quindi ha messo in pratica quanto tutti gli integralisti cattolici di questo Paese stanno cercando di fare.

Non mi voglio poi soffermare sulle numerosissime omissioni e bugie in merito alla sicurezza del farmaco e sulla necessità del ricovero ordinario per l’assunzione della RU486, basti solo dire che il mifipristone è stato scoperto nel 1982 e sperimentato per la prima volta nell’ospedale universitario di Ginevra nell’83. Da allora viene utilizzato in tutto il mondo da migliaia di donne con ottimi risultati in termini di rischio terapeutico che molte statistiche considerano migliore/sovrapponibile a quello chirurgico.

Credo sia evidente a tutti che il problema della RU486 non è certamente medico, ma politico e che una volta di più sulla pelle delle donne si cerca uno scontato appoggio al Vaticano per un gratificante tornaconto elettorale.

mercoledì 31 marzo 2010

IRI: chiedere è lecito, rispondere è cortesia.

L’assessore Riccardi è stato, oggi, molto infastidito dalla mia interrogazione riguardo adempimenti relativi al catasto strade (qui sotto pubblicata) . L’assessore ha esordito con l’espressione “ma Lei ci è o ci fa?” in quanto, secondo lui, le premesse all’interrogazione non erano chiare. L’espressione usata ha, però, generato l’indignazione di alcuni consiglieri, i quali sono intervenuti contro l’Assessore perchè l’hanno considerata offensiva. Riccardi ha, poi, fornito una risposta incompleta e parziale rispetto alla domanda posta, in quanto si è limitato ad affermare che l’ultimo degli aggiornamenti che dovrebbero essere posti in essere ogni anno è stato fatto nel 2009, senza specificare, come richiesto, se l’adempimento sia stato eseguito, come da contratto, ogni anno oppure no!

E’ del tutto evidente che continuando a dare delle risposte che eufemisticamente potremmo definire incomplete, i numerosissimi interrogativi che la vicenda solleva non potranno essere fugati e quindi continuerò a fare domande e richieste di chiarimenti in merito, piaccia o meno all’assessore competente.

Messaggero Veneto: i medici protestano.

Sul Messaggero Veneto di oggi è stato pubblicato un articolo intitolato “Ospedale declassato, i medici protestano”, il quale apre con l’invito rivolto ai politici a “muoversi”, a fare qualcosa per non impoverire l’Ospedale di Udine.
A tal proposito va ricordato l’intervento del Consigliere regionale Stefano Pustetto il quale, a inizio mese, è stato accusato di ostruzionismo per il suo intervento di un’ora e venti in terza Commissione consiliare, in cui si trattava di Piano Socio Sanitario 2010-2012. In realtà, in quel lungo intervento sono state riportate le criticità individuate nel Piano e sono state rivolte all’Assessore Kosic tutta una serie di domande riguardo alle decisioni prese a proposito di sanità con il Piano recentemente approvato. Quanto affermato oggi sul giornale era stato, quindi, già preannunciato e contestato dal consigliere in quell’occasione. Infatti, tra quanto affermato, vi è la richiesta rivolta all’assessore su come pensi di coinvolgere gli operatori del comparto sanitario lasciando ben undici primariati scoperti al S.M.M. e a tal proposito si rimanda alla d.g.r. 2335 del 22.10.2009 firmata dal dott. Basaglia e questo solo perché la chiusura del 2009 non è risultata in equilibrio di bilancio. In tale atto, infatti, si dice testualmente “si ritiene di sospendere la valutazione per la copertura delle seguenti CS in vista delle determinazioni definitive che saranno assunte nell’ambito del Piano Socio Sanitario riguardo alle funzioni interessate: Gestione di presidio, Tecnologie Informazioni e Comunicazione, Anestesia e Rianimazione, Medicina Trasfusionale, Urologia, Accreditamento Gestione Rischio Clinico. Analogamente (…) viene sospesa la valutazione sull’affidamento della responsabilità delle seguenti Strutture Semplici Dipartimentali: Radiodiagnostica d’urgenza e d’emergenza, Trattamento del paziente a bassa intensità di cura, Neurofisiologia interventistica, Malattie emorragiche e trombatiche”.
Da qui la considerazione secondo la quale il nostro Assessore la promozione/potenziamento di un reparto avviene con la rimozione/mancata sostituzione della figura apicale. Si mette in evidenza come l’approccio prettamente economico vizi alla radice il PSSR. Occorre poi ricordare che risposte inadeguate alle reali necessità degli operatori rischiano di determinare la disaffezione degli stessi con un danno enorme per l’operatività della struttura.

IRI: nomina del nuovo Direttore Generale dell'Aziensa Territoriale Triestina.

Premesso che dal giorno 8.3.10 l’incarico di Direttore Generale dell’Azienda per i servizi sanitari n. 1 ”Triestina” è vacante;

Premesso che con delibera n . 501 del 18.3.10, su proposta dell’Assessore alla Salute, si è proceduto alla nomina del dott. Fabio Samani quale Direttore Generale dell’Azienda per i servizi sanitari n. 1 ”Triestina”;

Preso atto che il suddetto nominativo è compreso nell’apposito elenco di aspiranti Direttori Generali da ultimo approvato con DGR n. 1958 del 27.8.09;

Considerato che fra i requisiti necessari per l’iscrizione al summenzionato albo è necessaria un’ esperienza in posizione dirigenziale con autonomia gestionale e diretta responsabilità delle risorse umane, tecniche o finanziarie così come previsto specificatamente all’art. 3 bis del DLgs 502/92

Considerato che il curriculum presentato del dott. Samani non pare avere i requisiti richiesti


Si chiede di conoscere le motivazioni della iscrizione del dott. Samani al suddetto albo degli aspiranti Direttori Generali e conseguentemente della sua nomina quale Direttore Generale dell’azienda Territoriale n. 1 “Triestina”.

IRI: Autovie Venete/catasto strade.

All’assessore regionale alla mobilità, energia e infrastrutture di trasporto Riccardo Riccardi.

Considerato che il catasto strade fornito dall’ ANAS alla Regione per le strade di sua competenza non pare ottemperare alle specifiche così come richieste dal DM 01.06.2001;

Preso atto che notizie giornalistiche riferiscono di numerose perquisizioni fatte dai Carabinieri nelle sedi di Autovie Venete, Friuli Venezia Giulia Strade S.p.A., ANAS, ecc;

Considerato l’allarme sociale e l’indignazione provocati dalle numerose inchieste in corso per gli appalti gestiti senza la necessaria trasparenza da alcune amministrazioni pubbliche;

In un’ottica di trasparenza della gestione della “Res Pubblica” e per fugare ogni dubbio sulla corretta gestione e controllo delle società su indicate, che ricordo essere variamente partecipate dalla Regione che Lei rappresenta ;

Si chiede di sapere se la convenzione Autovie Venete S.p.A /l’ANAS relativa agli accordi in merito al catasto strade sia stata rispettata e, specificatamente, se il Concessionario abbia, come da contratto, provveduto ad aggiornare annualmente e a presentare al Concedente il Catasto Stradale Informatizzato.

martedì 30 marzo 2010

Lo strano comportamento di Kosic.

Venerdì 26.03.10 ho letto, con sorpresa, la lunga intervista che l'assessore regionale alla salute Kosic ha rilasciato al Messaggero Veneto in merito Piano Socio Sanitario 2010-12 recentemente approvato dalla Regione.

In verità le sorprese sono state ben due.

La prima era constatare che il nostro assessore Kosic era miracolosamente guarito dalla fastidiosissima afasia che lo aveva colpito subito dopo aver presentato il Piano SSR, fastidio questo che gli aveva impedito di rispondere alle obiezioni e incongruenze che tutta la minoranza, e il sottoscritto in particolare, avevano rilevato nel piano stesso.

La seconda è che le domande del giornalista sembrano fatte apposta per far fare a Kosic uno spot senza entrare nel merito della sostanza.

Per esempio bastava che venissero riproposti almeno alcuni dei numerosissimi quesiti emersi dal dibattito in III commissione:
· è vero, come sostengono 3 operatori su 4 del Co -118, che fare la centrale unica a Palmanova costerà 72 milioni di euro?
· è vero che il 50% del costo del nuovo ospedale di Pordenone verrà sostenuto dai privati con il project financing? E qualora le cifre fossero queste quale parte di sanità pubblica si intende privatizzare ?
· è vero che gli ospedali ex articolo 21 manterrano le loro funzioni? poche pagine oltre, infatti, si afferma “previo studio di fattibilità”
· come si concilia l'affermazione, più volte ribadita, della volontà del “coinvolgimento delle Aziende e rappresentanza delle comunità locali ” con l'esautoramento della Conferenza dei sindaci di Codroipo e con l'aver del tutto ignorato il documento firmato di sindaci del pordenonese che si opponevano all'idea degli Ospedali riuniti ?
· perché non ha voluto spiegare quali direttive impartirà per una corretta applicazione l'art. 35 del Dlgs 286/98 ( in merito alla chiusura degli ambulatori per clandestini)?
· quale sarà il nuovo metodo di finanziamento delle ASL.?

Sarebbe stato molto interessante sapere l'orientamento dell'assessore e della sua maggioranza su quesiti cosi importanti, perché il silenzio può voler dire molte cose, per esempio che non si è in grado di dare delle risposte o, peggio, che non le si vuole dare.

giovedì 25 marzo 2010

Il lupo perde il pelo, ma non il vizio.

Ieri, in terza Commissione, si è fatto finta di analizzare i report sulle “liste di attesa“, dopo l’entrata in vigore di una legge tanto inutile quanto voluta per fini propagandistici da questa maggioranza.

Che non si volesse discutere seriamente di un problema reale che tocca ogni giorno tanti concittadini lo si è capito dalle prime, poche, generiche parole dell’assessore Kosic che, come al solito, non è riuscito a produrre nemmeno uno straccio di relazione che analizzasse concretamente i dati numerici che ci erano stati forniti alcuni giorni prima.

E’ evidente che per dimostrare che la legge regionale 7/2009 aveva prodotto i risultati sperati bisognava raffrontare i dati attuali con quelli precedenti all’entrata in vigore della legge stessa, solo che questi, casualmente, a noi sono stati forniti solo durante la discussione ed erano contenuti in ben 125 pagine fitte di numeri che, ovviamente, abbiamo potuto solo sfogliare.

Anche in Regione i fedeli sudditi dell’unto dal Signore lo imitano producendo spot ed evitando con cura di entrare nel merito delle questioni, qualora poi fosse l’opposizione a fare domande, ovviamente inopportune, allora basta non rispondere come ha fatto l’assessore Kosic anche in occasione del Piano Socio Sanitario Regionale 2010-12.

giovedì 18 marzo 2010

A proposito di sostegno alle locazioni.

Ieri in IV Commissione si è discusso delle modifiche al regolamento per gli interventi a sostegno delle locazioni, le quali concernono principalmente quelli che sono i requisiti di accesso ai benefici. Questo cambiamento è, in realtà, un atto dovuto, ma per questo non meno grave, dopo che questa maggioranza ha approvato la legge regionale n° 18 del 15.1009

Si è deciso che i beneficiari dovranno risiedere o svolgere attività lavorativa in Italia da almeno 10 anni, anche non consecutivi, di cui almeno uno sul territorio regionale.

Sono molti i motivi per cui considero del tutto sbagliata ed iniqua la scelta di utilizzare la residenza, e non il bisogno, come parametro essenziale per l’accesso a un bene primario come la casa.

Perché un lavoratore onesto, che paga le tasse, che contribuisce alla crescita di questo Paese sia in termini economici che demografici, che spesso si fa carico dei lavori rifiutati dai nostri connazionali deve essere discriminato ed umiliato solo perché ha una pelle diversa?

Capisco che ci voglia un minimo di radicamento, ma 1-2 anni di residenza non sono più che sufficienti?

Si è realisticamente convinti che la Regione può fare a meno di tutti gli immigrati? e se, come ovvio, la risposta è negativa non è meglio integrare chi vive in questo Paese piuttosto che creare dei ghetti che prima o dopo esploderanno?

Anche nel caso in cui questa politica determinasse al fuga degli immigrati attualmente presenti, quando ci sarà la ripresa economica la richiesta di lavoratori favorirà una nuova ondata di immigrati che dovranno incominciare da zero un percorso di integrazione. Allora, non sarebbe meglio favorire il radicamento di chi è già qui e si è gia integrato?

Quello che non si vuole dire è che le case mancano per tutti, sia che si tratti di Italiani doc o extracomunitari, perchè da anni in Italia, a differenza degli altri Stati europei, si investe in modo del tutto inadeguato in edilizia sovvenzionata o agevolata.