mercoledì 1 dicembre 2010

Incontro e dibattito sul CIE.

Venerdì scorso don Pierluigi di Piazza, fondatore del Centro di accoglienza Calducci, ha ospitato un incontro al quale ho partecipato per riflettere sulle realtà dei centri per gli stranieri, i c.d. CIE che, ricordiamo, ospitano uomini e donne in attesa di essere identificati e che avrebbero dovuto essere chiusi (promessa fatta dal governo Prodi), ma in realtà sono stati lasciati poi in funzione
Durante l’incontro si è ragionato, assieme ai relatori Gianfranco Schiavone per l’Associazione per gli Studi Giuridici sull’Immigrazione e Genni Fabrizio presidente della Tenda per la pace e i diritti, sulla concreta funzione di utilità, sui costi economici e sociali connessi alla loro gestione e sulla effettiva tutela dei diritti delle persone che vi sono trattenute.
Quello che è emerso è un quadro di desolante orrore in quanto i centri sono strutturati come prigioni, ma mancano le regole della prigione; l’organizzazione è gestita da enti in appalto, cooperative o dalla Croce Rossa, e si tratta di una realtà in cui non si può entrare per controllare che cosa succede.
Questa impossibilità di verificare le condizioni di vita, di igiene, il rispetto delle regole ma più semplicemente la veridicità delle notizie (allarmanti) che ci giungono, questa “extraterritorialià” dei CIE è forse la cosa più inquietante perché in democrazia non è pensabile che esita un luogo di detenzione sottratto al controllo democratico delle istituzioni .

PS: da 8 giorni attendo dal questore di Gorizia il permesso di entrare al CIE di Gradisca

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