mercoledì 28 luglio 2010

Strumenti e attività del servizio CURE PALLIATIVE presso l'Ass 4 Medio Friuli.

Nel mese di febbraio ho presentato una domanda a risposta orale all’Assessore regionale alla sanità e protezione sociale Vladimir Kosic riguardo il servizio di cure palliative presso l’Ass 4 Medio Friuli. In particolare chiedevo:

- come si integra l’erogatore privato nell’equipe multidisciplinare del servizio di cure palliative dell’Ass 4 Medio Friuli
- quali strumenti esistono per le attività di formazione, supervisione ed audit dell’equipe di cui sopra
- quali indicatori di struttura – processo – esito sono in funzione per le cure territoriali
- quali sono i criteri di controllo dell’Ass 4 Medio Friuli in ordine alle eventuali prestazioni domiciliari aggiuntive dell’erogatore privato
- se la modulistica usata per rilevare la qualità di vita e per misurare l’efficacia delle cure è quella prevista dal Ministero della Salute
- qual è il livello organizzativo e i risultati ottenuti dalle altre equipe multidisciplinari per le cure palliative presenti nelle altre aziende sanitarie della Regione

Questa la risposta:
si fa presente che l’infermiere di comunità opera attraverso la dimissione protetta e l’elaborazione del Piano Individuale di Assistenza condiviso con il medico di medicina generale

Questo piano viene inviato all’erogatore privato a cui segue la rivalutazione periodica da parte dell’infermiere di comunità; la metodologia usata per questa rivalutazione consiste in un controllo delle cartelle prese a campione, in modo casuale

Si effettuano anche accessi congiunti con il medico del paziente, quando serve viene attivata l’Oncologia del Distretto e la messa in rete dell’assistito con i Servizi Sociali e del volontariato dedicato alle cure palliative

Se cambia la situazione clinico – assistenziale o c’è discontinuità nell’assunzione della terapia, è l’erogatore privato che segnala, con relazione, la nuova situazione al Distretto. A seguito di ciò viene effettuato un accesso da parte dell’infermiere di comunità con l’infermiere domiciliare del Distretto, nei casi più complessi viene convocata una Unità di Valutazione Distrettuale, si attiva il medico di medicina generale, come pure l’oncologo del Distretto e si tengono i contatti con le Unità Operative Ospedaliere

La dimissione dell’utente dall’Assistenza Domiciliare Infermieristica è sempre concordata con tutti gli attori del sistema, l’informazione formale viene mandata all’erogatore privato

L’organizzazione dell’erogatore privato è attiva si 12 ore (nelle restanti 12 ore notturne è attivo il servizio di reperibilità infermieristica) da lunedì a venerdì, mentre il sabato l’infermiere lavora solo la mattina. Vi operano 7 unità dedicate a pianificare ed intervenire con una programmazione degli accessi. Sia l’erogatore privato che la segreteria integrata socio assistenziale del distretto garantiscono un’attività di orientamento e di consiglio permanente, un monitoraggio telefonico e invio dell’infermiere a domicilio, nei casi critici, dalle 7.30 alle 16.00. il personale che lavora in questo ambito ha una formazione continua e non sono segnalati casi di logorio o malattia, solitamente collegati alle persone che fanno questa attività, inoltre vi è un sostegno permanente da parte di infermieri con esperienza in Hospice e con master in cure palliative
i criteri di controllo sulle prestazioni dell’erogatore privato viene effettuata a campione da parte dell’infermiere di comunità, come tutte le rivalutazioni, inoltre ogni mese egli fa un riesame nei casi chiusi con una riconsiderazione degli accessi fatturati e quelli registrati sul registro domiciliare e il controllo sulla congruenza tra le prestazioni pianificate e quelle effettivamente erogate

martedì 27 luglio 2010

Referendum anti vitalizi.

Anche se i referendum contro i vitalizi e la indennità di fine mandato dei consiglieri regionali non sono ancora stati dichiarati giuridicamente ammissibili, considerate le recenti dichiarazioni del consigliere Roberto Antonaz credo siano opportune alcune riflessioni entrando nel merito della questione.

A scanso di equivoci premetto che concordo pienamente nell'eliminazione di ogni privilegio auto accordatosi dai politici. Detto questo, però, ho il timore che così come concepito il referendum in questione rischi di peggiorare il processo di selezione della classe politica. Abrogando vitalizio e TFR ogni consigliere si ritroverebbe direttamente in busta paga la quota che prima versava per queste due voci (circa 2.500 euro) il che probabilmente aumenterebbe gli appetiti dei rispettivi partiti. Il referendum, che ha il pregio di costringere tutti al dibattito su di un problema vero, sentito e spesso evitato, propone una soluzione sbagliata perché non bisogna aumentare gli stipendi dei consiglieri togliendo loro delle tutele, ma all’opposto, ridurre le prebende e aumentare le tutele. Non vorrei che con queste regole (ti pago molto ma non ti do nessuna garanzia) accedessero alla politica solo quelle persone che se lo possono permettere, esattamente come succedeva una volta.

Credo che il “fare politica” debba essere considerato alla stregua di un qualsiasi altro lavoro e così, come un lavoratore vede calcolata la sua pensione in base ai contributi versati, altrettanto dovrebbe essere per il politico. Se poi il consigliere restasse in carica per un unico mandato, potrebbe sempre chiedere, a tempo debito, il ricongiungimento a fini pensionistici di tutte le quote versate nelle varie attività lavorative.

Le uniche peculiarità che una eventuale legge ad hoc dovrebbe prevedere sono per quei politici che sono già in pensione da una precedente attività o all’opposto per quelli che in virtù della giovane età non hanno mai lavorato. Per quanto riguarda il trattamento di fine rapporto basterebbe che la quota percepita a fine mandato fosse esattamente uguale alla somma di quanto mensilmente versato durante la legislatura dal singolo consigliere.

Le dichiarazioni che sono state fatte al riguardo da alcuni consiglieri con molti mandati alla spalle sono del tutto legittime, ma in assenza di precedenti prese di posizione su questo tema, sanno di demagogico e strumentale.

lunedì 26 luglio 2010

Giudizio di parificazione della Corte dei Conti.

Venerdì 16, nell’aula del Consiglio Regionale si è svolto l’annuale Giudizio di parificazione della Corte dei Conti.

La Corte dei Conti promuove la giunta Tondo sotto diversi aspetti, quali la diminuzione dell’indebitamento, la gestione delle crisi e dell’emergenza, ma boccia la strategia fin qui adottata : guarda con sfavore alla riorganizzazione dell’apparato regionale, in particolare il comparto della sanità, le consulenze e qualche scelta finanziaria.


I punti critici emersi:

1. Per quanto riguarda la SANITA’
Nel merito della riforma sanitaria i magistrati parlano di una cesura fra i presupposti teoretici e i contenuti effettivamente assunti, sottolineando i rischi connessi a una sovrapposizione fra la funzione di indirizzo programmatorio e di controllo e la funzione di gestione. In questo modo si pone in secondo piano la funzione costituzionale assegnata alla Regione, vale a dire non l’erogazione diretta di servizi, ma la funzione legislativa e programmatoria dello sviluppo del territorio nel suo complesso.
La Corte quindi boccia la “superdirezione” della sanità che accentrando tutto (la funzione di indirizzo, di controllo, di gestione) diventa un moloch burocratico ingestibile e poco funzionale.
Analogamente ritiene poco incisiva la correzione apportata al regolamento di organizzazione regionale

2. Con riferimento alle SOCIETA’ PARTECIPATE
La Corte dei Conti afferma che sono troppe e troppo care le società partecipate. Ne consegue, quindi, l’obbligo di dismissione di quelle non strettamente necessarie per il perseguimento delle finalità istituzionali.

3. Per quanto concerne la SPESA
Sono troppi gli atti di spesa fuori controllo. Sono in aumento i costi della politica, dovuti in primis agli aumenti apportati al rimborso forfetario mensile delle spese di vitto e di esercizio di automezzo dei Consiglieri regionali giustificato con la loro aumentata presenza settimanale. La Corte, pertanto, invita a ridurre i costi della politica “tirando le orecchie” ai Consiglieri e al loro rimpinzato rimborso, tanto più necessaria in epoca di riduzione delle entrate. E’ anche doverosa una riduzione e il contenimento delle spese di funzionamento del Consiglio.
Vanno, poi, ridotte ai minimi termini le CONSULENZE, sfruttando appieno il personale pubblico senza doversi rivolgere a soggetti terzi.

4. Sul RIMPASTO
La Corte parla di una situazione di rilevante instabilità dell’organizzazione dell’Amministrazione a causa del reiterato ricorso a modifiche dell’assetto degli uffici, della distribuzione delle competenze, le innovazioni introdotte non sembrano frutto di una visione organica.

5. A proposito dell’art. 59 bis
La pietra dello scandalo è l’art 59 bis della legge di contabilità della Regione che afferma che “la direzione centrale risorse economiche e finanziarie è autorizzata, dal 20 al 31 dicembre compresi di ogni anno, a registrare gli atti e a visitare i titoli di spesa presi in carico a decorrere dal 20 dicembre, sotto la responsabilità del dirigente che li ha emanati” senza quindi il controllo che avviene normalmente per ogni atto di spesa. La semplificazione e lo snellimento delle procedure,ricercata per portare a compimento gli impegni di spesa nei tempi dovuti , in realtà è un elemento di inaffidabilità del rendiconto.

La Corte definisce come allarmante l’utilizzazione dell’art. 59 bis della l 21/2007 perchè non si deve avere un’applicazione generalizzata di una norma derogatoria (come è successo nel dicembre 2009 quando c’è stata una sospensione temporale dei controlli per una spesa circa 278 milioni di euro).

Relazione sulla missione valutativa della L.R. 13/95 di revisione della rete ospedaliera della Regione.

E’ durata quanto la gravidanza di un elefante (20-22-mesi), ma finalmente ha visto la luce. Mi riferisco ovviamente alla conclusione della missione valutativa sulla legge regionale 13/95, che 15 anni fa ha ridisegnato l’offerta ospedaliera della Regione. Non è stata cosa facile considerata la mole di dati, non sempre omogenei e confrontabili, che sono stati acquisiti e valutati, ma i risultati sono senza dubbio molto interessanti anche se non sempre danno una risposta univoca.

Il divenire delle cose ed il progresso della scienza medica obbligano tutti ad un continuo confronto e a una continua verifica se quanto la Regione offre in termini di sanità ed assistenza sono adeguati ai tempi.
Se, poi, consideriamo che tra l’ideazione e applicazione della legge spesso passano anni, si comprende come probabilmente siamo già in ritardo per una revisione della legge regionale 13/95.

Il presupposto per una qualsiasi modifica parte proprio dalla verifica di quanto sia stato attuato dalla legge in questione e se la strada intrapresa quella volta sia quella giusta.

Considerato che il 50 % del bilancio regionale è impegnato nella sanità e che la salute è un bene primario, trovo veramente incomprensibile come il tema Sanità in genere e la revisione della legge regionale 13/95 in particolare trovi una scarsa/nulla attenzione da parte di politici regionali.

E’ evidente che il tema scotta, ma basterebbe che ogni correttivo proposto fosse basato su dati seri, a prescindere dai collegi elettorali da tutelare, e con queste premesse si potrebbe fare un lavoro nell’interesse della collettività che siamo a rappresentare.

Pur riconoscendo al dott. Fasola l’intuizione che bisognava mettere mano all’organizzazione degli ospedali così come pensati fino a quel momento, la scelta del come e dove tagliare è stata a mio avviso disastrosa perché non ha tenuto conto nè della popolazione nè degli operatori, cioè dei principali attori della sanità.

Un’ultima considerazione, rimandando alla relazione completa le analisi più specifiche, va fatta sui numeri cioè sui dati nudi e crudi che se non legati ad un contesto possono essere utilizzati, così come è stato fatto , in modo strumentale.
Non dobbiamo, infatti, perdere di vista che in sanità quello che interessa o dovrebbe interessare è che abbiamo a che fare con delle persone e che il fine ultimo è la cura e la guarigione delle stesse “i numeri” devono essere strumento per migliorare e non fine a se stessi.

PS: nella seduta del 22.7.10 il Comitato di controllo ha deciso di rinviare l’approvazione formale della relazione che pertanto non è, allo stato attuale, possibile rendere pubblica come avevo intenzione di fare in modo che ciascuno potesse liberamente fare le proprie considerazioni.

Lo stop è dovuto alla decisione di aggiungere alle considerazioni già fatte anche le indicazioni puntuali in modo che i vari uffici, delle aziende e della Regione, trovassero un modo omogeneo di archiviazione di tutti quei dati che questa volta non si è potuto confrontare perché raccolti con metodiche diverse da azienda ad azienda.

La prossima seduta è stata calendarizzata dalla presidenza per il 22 settembre.

martedì 6 luglio 2010

De Pedis in Sant'Apollinare....perchè?

E’ notizia di questi giorni che l’autorità giudiziaria italiana potrà, se lo deciderà, ispezionare nella basilica romana di Sant’Apollinare la tomba del boss mafioso Enrico De Pedis, detto Renatino.

Il Vicariato fa sapere che non si OPPORRA’ a una eventuale richiesta in tal senso, così come non ostacolerà una eventuale richiesta di traslazione della salma del boss in altra sede da parte della famiglia De Pedis.
Si ricorda che Renatino ha ricevuto una sepoltura del tutto inusuale per un comune cittadino, che risulta ancora più sorprendente trattandosi di un criminale della sua caratura: si tratta di un boss della banda della Magliana ucciso in un regolamento di conti il 2 febbraio 1990, è ritenuto coinvolto nel sequestro e nell’omicidio di Emanuela Orlandi, il cui cadavere non è mai stato trovato
Ma perché un boss mafioso è stato sepolto in una basilica? Come è possibile che questo sia stato permesso? Ora si dice che il Vicariato non si opporrà a una eventuale richiesta di traslare la salma, ma la salma lì non ci sarebbe mai dovuta stare!

Tra l’altro, sembra che non vi sia stata nessuna richiesta della magistratura in tal senso anche perché, considerato che la basilica di S. Apollinare non gode dell’extraterritorialità, lo Stato italiano non avrebbe avuto nessun bisogno di chiedere alcuna autorizzazione a chicchessia.

Quello che ci è dato sapere è che il corpo di De Pedis si trova in Sant’Apollinare perché è stato un grande benefattore dei poveri che frequentavano la basilica, ha aiutato concretamente tante iniziative di bene di carattere religioso e sociale, ha dato particolari contributi per aiutare i giovani, interessandosi in particolare per la loro formazione cristiana e umana. Ma questo può forse voler dire un ritorno alle indulgenze? Non importa come mi comporto in vita, non importa se uccido qualcuno, ma quello che conta è solo che poi dia denaro (possibilmente tanto) alla chiesa? Perché si è contrastato anche il diritto Canonico che sancisce che non si seppelliscano cadaveri nelle chiese, eccetto che si tratti del Papa o, nella propria chiesa, Cardinali o i Vescovi diocesani anche emeriti?

C’è un filo conduttore che lega il caso De Pedis, il caso Calvi, lo IOR di Marcinkus e l’iceberg della pedofilia che inizia ad aprire falle nella corazzata Vaticana e questo è l’omertà delle curia Romana.

Il continuo nascondere gli illeciti, fatti anche da membri influenti della gerarchia cattolica, ovviamente per non infangare la Chiesa, non può che alimentare il clima di sospetto e gli attacchi (leciti) cui è sottoposta la chiesa cattolica.

Se la magistratura del Belgio dispone una perquisizione e sequestra del materiale nella sede della Comunità Episcopale di quel paese, se la Corte Suprema degli Stati Uniti giudica ammissibile la chiamata in causa, in un processo per pedofilia, delle massime gerarchie Vaticane forse non si tratta di attacchi strumentali.

Per uscire da questa situazione, per recuperare credibilità, per non buttare tutto quello che di buono numerosi preti hanno fatto credo ci sia un’unica soluzione: aprire gli archivi vaticani e fare un po’di pulizia e di chiarezza.

Probabilmente sarà una cura dolorosa, ma come dovrebbero ben sapere le gerarchie cattoliche, liberarsi dal peccato e fare una giusta penitenza è l’unica via per riuscire a sopportare le colpe commesse e accedere al paradiso.