giovedì 23 dicembre 2010

Commento alla FINANZIARIA 2010.

Ogni anno, passate le fasi concitate dell'aula, riflettendo con calma e a mente fredda su quanto approvato durante la finanziaria, mi rimane un senso di disagio ed un fastidio sia per il metodo sia per la sostanza che vengono utilizzati da questa maggioranza anche per l'approvazione del provvedimento più importante dell'anno.

Che senso ha discutere nelle varie commissioni di merito se poi la legge che viene portata in aula è completamente diversa? Quest'anno tra il primo ed il secondo passaggio sono stati aggiunti ben 70 milioni di euro.

Perché, con 10 voti in più, hanno portato a mezzanotte di venerdì un emendamento di ben 9 pagine fitte fitte di riferimenti normativi che di fatto azzerava la contrattazione del comparto unico?
Se erano così sicuri di fare la cosa giusta perché hanno covato nascostamente, probabilmente per settimane, un provvedimento che andrà ad incidere in modo profondo sulle relazioni sindacali?

Forse la spiegazione più giusta è quella più semplice: non volevano discutere, volevano solo copiare il metodo Marchionne e dimostrare in modo arrogante che solo a nominarla "la concertazione" è fastidiosa e che la maggioranza può fare quello che vuole.
Pensiero miope, che non porterà lontano, ma senza dubbio vero.

Un altro classico della seduta di bilancio è il volteggiare del relatore del maggior partito di opposizione fra i banchi della maggioranza per spuntare un finanziamento a questa a o quella associazione (possibilmente cattolica).

Dal momento che sono convinto che nessuno dà nulla per nulla, mi chiedo quale sia la merce di scambio che una minoranza può offrire a chi gli apre i cordoni della borsa: un' opposizione più morbida?
Far finta di non vedere cose che andrebbero viste e denunciate all'opinione pubblica? Fate voi.

Un'ultima considerazione sulle sviste della stampa cui è sfuggito un emendamento della sinistra (SEL e FDS) che proponeva una riduzione del nostro stipendio di 800 euro al mese e che è stato bocciato praticamente all'unanimità proprio da chi aveva appena imposto dei sacrifici ai consiglieri provinciali e comunali invocando la riduzione dei costi della politica.

Se vogliamo proporci come forza alternativa a questa sgangherata maggioranza non possiamo copiarne i metodi.
Se la richiesta di un finanziamento è lecita, dovrebbe essere fatta alla luce del sole, con nomi e cognomi, in commissione e non con "trattativa privata " durante la notte tra un emendamento e l'altro.

lunedì 20 dicembre 2010

A proposito di sanità..

Domani
MARTEDì 21 DICEMBRE 2010
ALLE ORE 20.30

terrò un incontro sulla SANITA'
presso la SOMSI di CIVIDALE DEL FRIULI
in piazza Foro Giulio Cesare, 15.

giovedì 16 dicembre 2010

Resoconto della mia VISITA AL CIE.

Dopo giorni e giorni di attesa, finalmente sono riuscito a far visita al CIE di Gradisca e a parlare con il direttore.
Si tratta di una struttura gestita dalla “Connecting people”, i cui spazi sono organizzati tipo un carcere, con stanze da 8/10 letti con 2 bagni con doccia; senza ambienti per svago o animazione.
Al momento si trovano circa 120 uomini maggiorenni (non ci sono donne e bambini), di cui 3 richiedenti asilo politico, che sono stati tutti identificati dall’ufficio immigrazione prima del loro ingresso al CIE. Non vi sono internati con AIDS conclamato, perché se malati vengono diretti in altre struttura
E’ anche vero che all’ingresso, durante la visita medica, non viene proposto nessun un test atto a per verificare se sieropositivi o sieronegativi.
Lo staff è composto da circa 70 persone la cui formazione viene in genere fatta sul campo. Per quanto riguarda il personale medico presente, ci sono sei medici che fanno dei turni per coprire le 24 ore giornaliere e 7 infermieri; a quanto mi è stato detto le apparecchiature sanitarie disponibili sono adeguate e sembra che la struttura sia in grado di far fronte ad eventuali esigenze mediche. La polizia entra nella struttura a richiesta o quando vedono dalle telecamere che c’è un tentativo di rivolta o di fuga.
Ma detto tutto questo resta insormontabile il problema di fondo :perché recludere per 6 mesi persone che hanno fatto un reato amministrativo o che hanno gia scontato la loro pena in carcere ? Quale la finalità di queste strutture ?
In attesa di poter chiudere queste strutture credo indispensabile almeno formare un osservatorio permanente che monitorizzi quanto accade all’interno di quelle mura.

lunedì 6 dicembre 2010

Lettera a Tondo.

Dopo giorni e giorni di solleciti alla Prefettura di Gorizia, è arrivata finalmente l'autorizzazione ad entrare nel CIE di Gradisca, ma SOLO PREVIA DELEGA DEL PRESIDENTE DELLA GIUNTA REGIONALE, RENZO TONDO. Ecco di seguito, la richiesta al Presidente.


Al Presidente della Regione
Renzo Tondo

Oggetto : richiesta di delega

Il sottoscritto consigliere regionale Stefano Pustetto, a seguito delle notizie apparse sulla stampa locale di gravi episodi di autolesionismo e vandalismo all’interno del CIE di Gradisca d’Isonzo, il 24.11.10 ha inoltrato alla prefettura di Gorizia formale richiesta di accesso al CIE ed al CARA per verificare, alla fonte, la veridicità o meno delle notizie.
Solo ieri e dopo molte sollecitazioni, la Prefettura, sentito il Viminale, ha espresso parere favorevole alla mia visita al CIE ed al CARA solo qualora munito di delega del Presidente della Giunta Regionale.
Pur considerando questa procedura volutamente farraginosa e finalizzata solo a ridurre i possibili controlli ad una struttura che di fatto è un carcere ma non ne adotta nemmeno le regole, sono a chiederLe una Sua formale delega per poter verificare quanto accade in quelle strutture.
L’impossibilità per un politico di esercitare il proprio mandato, che consiste anche nel controllo delle strutture carcerarie o assimilate, darebbe adito al legittimo sospetto che in quelle strutture non vengano rispettate leggi e regolamenti che ogni stato democratico si è dato.
Sicuro di una Sua condivisione che sul territorio regionale non possano esservi delle strutture in cui vi sia solo il sospetto che le regole democratiche possono essere violate, attendo un Suo positivo e sollecito riscontro.
Cordiali saluti

Cortina d’Ampezzo 4.12.2010

giovedì 2 dicembre 2010

CIE: conferenza stampa con Giuliana Sgrena.

Questa mattina presso il Consiglio Regionale FVG ho organizzato una conferenza stampa concernente il CIE, Centro di Identificazione ed Espulsione di Gradisca, alla quale hanno partecipato Giuliana Sgrena (dirigente nazionale SEL) e un esponente del Comitato I Maggio.

L’attenzione è stata suscitata dalle notizie giornalistiche del 22-23 novembre scorso in cui si riportava di atti di autolesionismo perpetrati da alcuni internati che si sarebbero cuciti le labbra per denunciare la loro condizione e gli inaccettabili e ingiustificati tempi di detenzione peraltro ben maggiori rispetto a quelli previsti dalla legge Bossi – Fini.

In realtà, però, l’interesse non è di questi giorni, ma è nato dalle notizie di abusi, maltrattamenti e discrezionalità che riguardano non solo il CIE di Gradisca, ma un po’ tutti i CIE sparsi per l’Italia ove le rivolte sia individuali sia collettive sono decisamente aumentate da quando il periodo di detenzione è passata dagli iniziali 30 giorni ai gli attuali 6 mesi.

Alla notizia di pochi giorni fa è, comunque, seguita la mia richiesta formale alla Prefettura di Gorizia per poter accedere al CIE ed acclarare la veridicità delle notizie pubblicate sui quotidiani locali .

Dopo numerosi rimpalli e pur avendone la competenza, la Prefettura ha giustificato il ritardo all’autorizzazione di visita con la mancata risposta del Ministro dell’Interno cui aveva girato la richiesta.

Non si riesce a capire la motivazione per cui si deve chiede a Roma se un Consigliere regionale possa entrare al CIE, posto che esibendo semplicemente il tesserino può entrare in un carcere di massima sicurezza, come quello di Tolmezzo (a cui ho già fatto visita).

A questo punto tutti i sospetti sono legittimi e viene da pensare che questi ritardi non sono casuali e ma finalizzati a non far entrare un testimone scomodo che magari si mette a fare delle domande indiscrete.

Perché non c’è una regolamentazione per entrare al CIE, che, di fatto, è un carcere, anche se non ci sono le regole che invece valgono per quest’ultimo?
Perché per quelle strutture vige un’assoluta discrezionalità quasi godessero dello status di extraterritorialità?

Questo è un problema politico che uno Stato civile deve poter risolvere, si tratta di una scelta di civiltà. E questo perché si deve poter conoscere cosa succede all’interno di questa strutture e bisogna poterlo sapere in tempi utili, non a distanza di mesi.
Secondo me è dovere di un consigliere sapere e controllare che cosa succede fra quelle mura.
Giuliana Sgrena, concordando con quanto detto, ha sottolineato che il CIE rappresenta una forma di detenzione illegale e lo Stato, lasciandoli in funzione, si assume responsabilità ben precise, anche se per camuffarle dà in gestione ai privati queste strutture, scaricando le responsabilità a questi ultimi, responsabilità che però rimane in capo allo Stato. La giornalista ha sollevato, poi, un’altra questione a questa collegata: perché i giornalisti non possono entrare al CIE? Perché c’è paura che si sappia cosa succede all’interno? I giornalisti, secondo Sgrena, dovrebbero poter entrare perché devono poter verificare la notizia altrimenti si crea un’ambiguità pericolosa, non devono esistere luoghi che siano preclusi all’informazione .

Quella in cui ci troviamo è una situazione inquietante perché accettare questa discrezionalità vuol dire rendersi corresponsabili di quanto accade tra quelle mura sigillate.

mercoledì 1 dicembre 2010

Incontro e dibattito sul CIE.

Venerdì scorso don Pierluigi di Piazza, fondatore del Centro di accoglienza Calducci, ha ospitato un incontro al quale ho partecipato per riflettere sulle realtà dei centri per gli stranieri, i c.d. CIE che, ricordiamo, ospitano uomini e donne in attesa di essere identificati e che avrebbero dovuto essere chiusi (promessa fatta dal governo Prodi), ma in realtà sono stati lasciati poi in funzione
Durante l’incontro si è ragionato, assieme ai relatori Gianfranco Schiavone per l’Associazione per gli Studi Giuridici sull’Immigrazione e Genni Fabrizio presidente della Tenda per la pace e i diritti, sulla concreta funzione di utilità, sui costi economici e sociali connessi alla loro gestione e sulla effettiva tutela dei diritti delle persone che vi sono trattenute.
Quello che è emerso è un quadro di desolante orrore in quanto i centri sono strutturati come prigioni, ma mancano le regole della prigione; l’organizzazione è gestita da enti in appalto, cooperative o dalla Croce Rossa, e si tratta di una realtà in cui non si può entrare per controllare che cosa succede.
Questa impossibilità di verificare le condizioni di vita, di igiene, il rispetto delle regole ma più semplicemente la veridicità delle notizie (allarmanti) che ci giungono, questa “extraterritorialià” dei CIE è forse la cosa più inquietante perché in democrazia non è pensabile che esita un luogo di detenzione sottratto al controllo democratico delle istituzioni .

PS: da 8 giorni attendo dal questore di Gorizia il permesso di entrare al CIE di Gradisca