lunedì 12 aprile 2010

Quando la prevaricazione la si ha nel sangue.

Le recenti dichiarazioni del consigliere della Lega Nord Narduzzi sulla RU486 ripropongono quanto già ribadito (e in parte ritrattato) dai suoi più illustri compagni di partito Cota e Zaia: fare di tutto per ostacolare la diffusione della pillola abortiva in questione.

Le Lega, da anni, ci ha abituati a sparate di ogni genere che spesso accettiamo con ilarità o con un bonario sorriso, ma devo ammettere che quando vedo trattare un tema tanto complesso quanto delicato come quello dell’aborto con tanta superficialità ed ignoranza il sentimento prevalente in me è quello dello sdegno.

Come può Narduzzi, autonominatosi paladino delle donne, pensare che una donna decida di interrompere una gravidanza con la stessa facilità con cui assume un’aspirina? Si è mai preso la briga di parlare con le donne che hanno dovuto fare questa scelta?

L’essere un consigliere regionale non è, o meglio non dovrebbe essere, titolo sufficiente per decidere le scelte terapeutiche di un qualsiasi cittadino, a meno che, così come per il caso Englaro e gli altri temi etici, non si voglia trasformare la Repubblica Italiana, che è laica, in uno Stato confessionale.

Se fosse così mi risulterebbe, anche, difficile capire la grande ostilità della Lega verso l’integralismo musulmano che da sempre ha teorizzato la prevalenza della legge coranica sulla legge degli uomini e che quindi ha messo in pratica quanto tutti gli integralisti cattolici di questo Paese stanno cercando di fare.

Non mi voglio poi soffermare sulle numerosissime omissioni e bugie in merito alla sicurezza del farmaco e sulla necessità del ricovero ordinario per l’assunzione della RU486, basti solo dire che il mifipristone è stato scoperto nel 1982 e sperimentato per la prima volta nell’ospedale universitario di Ginevra nell’83. Da allora viene utilizzato in tutto il mondo da migliaia di donne con ottimi risultati in termini di rischio terapeutico che molte statistiche considerano migliore/sovrapponibile a quello chirurgico.

Credo sia evidente a tutti che il problema della RU486 non è certamente medico, ma politico e che una volta di più sulla pelle delle donne si cerca uno scontato appoggio al Vaticano per un gratificante tornaconto elettorale.

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