martedì 30 luglio 2013

Da un eccesso all'altro!

Con inammissibile ritardo ed esclusivamente per la pressione di un popolo deluso, stremato, preoccupato perchè non vede nessun futuro per i propri figli LA POLITICA, con questa legge, mette in discussione gli ingiustificati privilegi che si era autonomamente attribuita.

Che questa operazione non sia frutto di una scelta ragionata, ma rappresenti il maldestro tentativo di compiacere un elettorato imbufalito, risulta evidente dal fatto che, accanto a provvedimenti condivisibili, invece di proporre soluzioni che equiparino il "lavoratore della politica" ad un qualsiasi altro lavoratore, propone anche la cancellazione di una serie di diritti.

Prima di continuare, a scanso di equivoci, devo dire che il sottoscritto dalla riforma proposta ha tutto da guadagnare e che, pertanto, il discorso che sto per fare va CONTRO i miei Legittimi Interessi.

Come molti in quest'aula sanno, sono già in pensione, una pensione costruita con 35 anni e mezzo di contributi.
Quindi versare l' 8.8% di quanto percepisco per aumentare di pochi euro l'attuale pensione, non è mio interesse, tanto è vero che, alla stregua di molti altri consiglieri, ho optato per non avere questa trattenuta.

Ciononostante considero un errore fondamentale (mi verrebbe da dire per la sinistra, ma anche per una destra illuminata) non riconoscere che la pensione, il TFR o TFS che dir si voglia, nascono a tutela dei lavoratori e dei soggetti più deboli in genere.

Dico questo perchè, se passa questa proposta, i dipendenti pubblici (in aspettativa per essere stati eletti) e i liberi professionisti (che continuano a lavorare) maturano, pur facendo politica, la loro pensione. Gli unici penalizzati sono, dunque, i soggetti più deboli: mi riferisco in particolare i politici più giovani e ai più vecchi; i primi perché non hanno mai lavorato e gli altri perché troppo avanti negli anni per potersi costruire una pensione complementare.

Se è vero che i politici, spesso, non sono "soggetti deboli" è altrettanto vero che con questa proposta passa il messaggio che, a fronte di una cospicua remunerazione, sia possibile rinunciare a dei diritti andando di fatto a negare quanto realizzato nell’ultimo secolo nel campo della previdenza


E’ anche questo modo di pensare che ha prodotto la piaga del lavoro nero e delle tante pensioni da fame dovute a contributi pensionistici minimi conseguenti alla non coincidenza tra salario reale e quello ufficiale.

Voglio anche ricordare come proprio grazie alle pensioni o a TFR dei genitori o dei nonni molti nuclei familiari, umiliati da una crisi economica scientemente negata, abbiano potuto sopravvivere durante questa crisi.


Mi limiterò a ricordare per sommi capi quale è stata la storia delle pensioni e voglio ricordarlo perchè noi stiamo tradendo quella bellissima storia.

Nel 1889 il cancelliere Otto Furst von Bismarck concepì una protezione del lavoratore dagli eventi negativi che, con gli infortuni sul lavoro e con l'avanzare dell'età, mettevano a rischio le sue capacità di lavoro e quindi di guadagno

Di impostazione leggermente diversa ma eguale nella sostanza l'iter avviato da lord William Beveridge, che vedeva nello Stato il compito di aiutare il cittadino bisognoso rispetto al suo benessere economico, fisico e sociale finanziando la spesa con la fiscalità generale. E’ proprio in questo periodo nasce il concetto del Welfare state

A ruota e con modalità diverse, ma tutte con lo stesso intento, seguirono i principali stati europei.

Nel 1935 Franklin Delano Roosvelt firmò il Social Security Act che prevedeva un'indennità di disoccupazione e una somma a vita per i lavoratori che avevano raggiunto l'età pensionabile.

In Italia la "Cassa Nazionale di previdenza per l'invalidità e la vecchia degli operai" nasce nel 1898 e l'iscrizione a tale istituto diventa obbligatorio nel 1919 nel momento in cui ci si è accorti della difficoltà di raccogliere contributi volontari

E' con l'avvento della massiccia industrializzazione, e quindi degli infortuni sul lavoro, e della mutata sensibilità della società, che mal sopportava la vista della miseria (ma che temeva anche rivolte sociali) che questa forma di protezione sociale si è formata ed evoluta.

Ecco perché questo versamento, che nei primi anni era facoltativo, successivamente fu reso obbligatorio in tutti gli stati industriali .


Noi ci proponiamo di guidare questa regione in un momento particolarmente difficile ma quale credibilità possiamo avere nel momento in cui , sulla spinta della piazza, ci apprestiamo a varare dei provvedimenti legislativi non equi
Ricordo come qualche consigliere abbia detto in commissione che "questo è un provvedimento sbagliato ma necessario a recuperare credibilità della  classe politica".
Per quanto mi è dato sapere nessuno ha mai recuperato credibilità assumendo decisioni che riteneva errate in partenza.

Questo è il motivo per cui ho proposto l'abolizione del comma 1 dell'art 38 e a breve conto di portare in aula una proposta di legge Nazionale che equipari quelli che io chiamo i "lavoratori della politica" a un qualsiasi altro lavoratore.

I politici a questo punto verserebbero all’INPS in modo obbligatorio la loro quota parte e alla fine della loro carriera lavorativa, politica o non, ricongiungerebbero le mensilità versate per costruire una pensione alla stregua di ogni cittadino italiano

Una scelta in tal senso sarebbe auspicabile perchè sgraverebbe la regione di oneri che, a mio avviso, non le competono, per l’afflusso di danaro fresco alla casse dell’Istituto di Previdenza Nazionale e per il non trascurabile segnale di parità con tutti i lavoratori


Concludendo
La politica ha un'unica strada per recuperare la dignità e la credibilità perduta: recuperare la moralità, risolvere i problemi della gente ed accettare senza furbizie e sotterfugi di essere trattata alla stregua di un qualsiasi altro cittadino di questo Paese.


2 commenti:

Anonimo ha detto...

Caro Stefano, il problema e' tutta la discussione si e' fatta in commissione e in aula. Nel merito non saprei quale posizione condividere anche il tuo ragionamento sui"lavoratori della politica" mi piace molto. Non condivido invece il fatto che su uns questione così importante il partito non abbia discusso minimamente e debba limitarsi a diffondere e sostenere una posizione assunta "a maggioranza" dal gruppo consigliare. Da quandobin qua la linea del partito la decide il gruppo in regione? Paolo Del Ponte

Anonimo ha detto...

Bravo Stefano.