venerdì 23 dicembre 2011

Abrogazione del vitalizio dei consiglieri regionali.

Credo sia doveroso fare qualche commento a quanto accaduto martedì sera, in occasione del voto per l'abolizione del vitalizio dei Consiglieri regionali.

Va rilevato che, a prescindere da ogni valutazione nel merito, quanto andato in scena in Aula consigliare è un'operazione tardiva fatta più per compiacere un'opinione pubblica giustamente indignata, che per un reale convincimento della classe politica.

Senza voler entrare nel dettaglio di quanto votato, credo vadano ribaditi alcuni principi:

1. un documento di questa importanza non può essere portato in Aula pochi minuti prima di essere messo ai voti, tanto più se è il frutto di un accordo preventivo e sotterraneo unicamente dei due partiti maggiori;

2. solo un'istituzione terza, condivisa da tutte le parti, potrebbe avere la necessaria lucidità per decidere il giusto compenso dei Consiglieri che, in ogni caso, dovrebbe essere uguale per tutte le Regioni italiane;

3. il "lavoratore politico" dovrebbe essere equiparato ad un qualsiasi altro lavoratore e godere, quindi, degli stessi obblighi e delle stesse protezioni sociali: sistema contributivo per tutti e stessa età di pensionamento di tutti gli altri Italiani. Questo, oltre che a rispondere a un principio di equità, farebbe meglio comprendere a chi è deputato a fare le leggi i pregi e i difetti dell'attuale sistema pensionistico. In poche parole "il cuoco deve assaggiare la minestra che ha preparato per gli altri".

4. l'adesione al fondo pensionistico non può essere facoltativa e il politico non può chiedere, come alcuni miei colleghi vogliono, di ricevere in busta paga il corrispettivo del versamento dovuto, così come questa facoltà non è concessa agli altri lavoratori.

Concludendo, l'unico modo per non essere "casta" è quello di essere uguali a tutti gli altri e non solo a parole.

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