sabato 1 febbraio 2014

Prevenzione, trattamento e contrasto della dipendenza dal gioco.

Ecco la relazione appena letta in Aula sulla Proposta di Legge n. 30 sul gioco d'azzardo.

Signor Presidente, signori Consiglieri 

l’attrazione per il gioco nasce lontano perché, fin dalle sue origini, l’uomo ha affidato importanti decisioni al fato; eventi inspiegabili erano fatti risalire al caso e al gioco.
L’azzardo è nato quando indovinare un evento futuro, da pratica esclusiva di indovini e sacerdoti, diventa occasione di sfida tra uomo e fato e tra uomo e uomo.
Giocare d’azzardo diventa, dunque, una pratica sociale: vengono stabilite regole e poste in palio.
Uno dei primi giochi è quello dei dadi: lo si praticava già in Egitto, nella Roma imperiale, in India, in Giappone e in Cina. Allo stesso modo, la mitologia greca narra che Zeus e i suoi fratelli si sarebbero spartiti l’universo a dadi e i romani la tunica di Cristo. Lo stesso termine azzardo deriva dalla parola di origine araba az-zahr che significa, appunto, dadi. E che la natura umana non sia cambiata nel corso dei secoli è dimostrato da una singolare reperto archeologico: dadi appesantiti da un lato cioè truccati, anche gli antichi sapevano barare!

Una passione, quella del gioco, che si trasforma facilmente in patologia e piaga sociale, adesso come nel passato, tanto che nel Medio Evo il filosofo Tommaso Moro, analogamente a quanto tentato nell'antica Grecia, nella sua celebre “Utopia” (1516) ha proposto la cancellazione totale del gioco d’azzardo in ogni sua forma. Nonostante questi tentativi, però, il gioco ha continuato ad essere una pratica diffusa, inserita nella quotidianità delle persone, nell’epoca antica e in quella moderna.

In Italia dal 1948, quando Einaudi ha nazionalizzato la “schedina”, il mercato del gioco ha visto la nascita e l’evoluzione di numerosi e sempre più diversificati giochi: dal lotto alle lotterie, dal totocalcio al totogol alle scommesse ippiche, dalla tavola da gioco al tavolo virtuale dei giochi on line.

Il trend di crescita del gioco autorizzato nel nostro Paese cui siamo arrivati è sicuramente attribuibile anche agli impulsi generati dalle copiose entrate che produceva: non c’è stato anno, infatti, in cui l’Esecutivo non abbia introdotto nuove offerte di gioco pubblico. Si è passati dalle 3 occasioni di gioco autorizzato alla settimana degli inizi degli anni novanta (totocalcio, lotto e scommesse ippiche) alle 15 nel 2006. Senza contare che ora, con la legalizzazione dei giochi on line, si può giocare in qualsiasi momento dal proprio computer. Ricordo che già alla fine del 2004 l’Italia si collocava al terzo posto tra i Paesi che giocano di più al mondo, dopo Giappone e Regno Unito.

Il gioco d’azzardo è oggi caratterizzato sempre più da rapidità, immediatezza e dislocazione: il gioco sul web, la diffusione capillare dei videopoker e lotterie istantanee come i “gratta e vinci”, rendono possibile giocare d’azzardo a chiunque, ovunque e in qualunque momento, rapidamente e anonimamente.

In questo contesto il ruolo dello Stato è molto ambiguo e direi schizofrenico perché da un lato incentiva il gioco per aumentare gli introiti e dall'altra si trova a dover impegnare cifre sempre più consistenti per far fronte alle problematiche socio-sanitarie connesse al fatto che troppo spesso questa " passione " si trasforma in una dipendenza grave.


E' anche vero che la proibizione tout court del gioco d'azzardo, oltre che determinare un danno economico significativo, di fatto consegna tutto questo imponente mercato alla malavita senza risolvere il problema della dipendenza.

Tra le difficoltà economiche, la disoccupazione e l'incertezza del futuro, gli italiani continuano a riporre fiducia nella fortuna, dando così vita a un giro d’affari di circa 90 -100 miliardi di euro, pari al 4% del PIL italiano, che garantiscono all'erario incassi per oltre otto miliardi costituendo di fatto la terza industria italiana.

Il fenomeno del gioco d’azzardo patologico ha subito un’espansione allarmante in Italia e con esso anche le conseguenze negative che vi sono correlate: impoverisce persone e famiglie, altera i presupposti morali e sociali sostituendo l'azzardo con i valori fondati sul talento.
L'Osservatorio, istituito dallo Stato proprio per monitorare questi rischi, parla di almeno 300 mila persone a rischio dipendenza o già dipendenti da svariate forme di gioco d’azzardo.

La diffusione del gioco d’azzardo e delle problematiche socio-sanitarie connesse risulta tale che, già nel 1980 l’American Psychiatric Association cataloga questa patologia quale disturbo mentale e la inserisce nel manuale statistico e diagnostico.

Questo disturbo psico-patologico è equiparabile alle altre forme di dipendenza in quanto induce il soggetto a ripetere l'atto con una totale mancanza di controllo sulla gestione del denaro, la necessità di giocare è imperante e se non soddisfatta genera sofferenza, tutto questo conduce il più delle volte alla disgregazione della vita del soggetto.
Vincere o il desiderio di rifarsi non sono più il richiamo principale per scegliere il gioco, ma è il gioco d’azzardo in sé, accompagnato dalle emozioni e sensazioni che riesce a suscitare, ad attirare l’individuo.

Il processo che conduce il giocatore sociale a diventare giocatore problematico e successivamente dipendente, appare subdolo e lento. I segnali collegati alla perdita del controllo del gioco fanno riferimento all’enorme mole di denaro e di tempo persi con il gioco, all’affetto negato in famiglia, all’abbandono delle proprie responsabilità; altri segnali possono giungere dal sistema lavorativo che è testimone di un calo dell’efficienza e di assenze dovute al gioco. Infine dal punto di vista sociale il giocatore può giungere a modificare il proprio concetto di moralità fino ad arrivare a commettere atti illeciti.

Per diagnosticare una sindrome da gioco d’azzardo patologico (GAP) devono essere soddisfatti due criteri: uno di inclusione e cioè il “persistente e ricorrente comportamento maladattivo legato al gioco d’azzardo che compromette le attività personali, familiari e lavorative”; e uno di esclusione, cioè il “comportamento di gioco d’azzardo non è meglio attribuibile ad un episodio maniacale.”

Nel momento stesso in cui la spesa per il gioco erode il 12% del reddito delle famiglie italiane e il SERT, assieme ai servizi sociali dei Comuni, impegna circa 6 miliardi anno per la prevenzione e cura da queste dipendenze è evidente che si può parlare di un problema di politica sanitaria.

Il problema è così ampio e diffuso che la Commissione Europea, nel 2011, ha pubblicato il Libro verde che mira ad avviare un’ampia consultazione su tutti i problemi di ordine pubblico e sugli aspetti relativi al mercato interno connessi al rapido sviluppo dell’offerta di gioco d’azzardo on line.

La richiesta di limitare l’offerta di questi tipi di gioco e motivata proprio dalla necessità di tutelare i giocatori e di prevenire il gioco d’azzardo problematico

Il 15 novembre 2011, questa volta il Parlamento europeo, ha emanato una risoluzione sul gioco d’azzardo on line nel mercato interno con cui chiede alla Commissione di esplorare le possibilità di promuovere una più stretta cooperazione a livello europeo per la lotta al gioco d’azzardo illegale e per proteggere i consumatori vulnerabili.

In questo contesto credo doveroso ricordare che l’Italia applica al gioco d’azzardo una delle tassazioni più favorevoli nel contesto europeo (0,4 -0,6 % contro l’8% della Francia) reiterando l’antico vizio di socializzare le perdite e privatizzare gli utili.
 
A livello nazionale lo Stato italiano ha emanato nel tempo numerose normative sul tema del gioco d’azzardo, ma è solo recentemente che ha iniziato ad interessarsi al fenomeno delle patologie ad esso connesse.
All’art. 5 del Decreto Balduzzi (D.L. n.° 158/2012) inserisce il gioco d’azzardo patologico all’interno dei LEA permettendo così a questi pazienti di ricevere gratuitamente cure e assistenza dal Servizio Sanitario Nazionale e Regionale. L’Articolo 7 sancisce divieti in materia di pubblicità e l’obbligo di effettuare controlli

Il DDL n. 3294 introduce misure finalizzate a regolamentare modalità di advertising sul gioco d’azzardo e sui giochi di fortuna con meccanismi di controllo per evitare l’accesso ai minori e il divieto di pubblicità per limitare i rischi per il consumatore di subire messaggi distorti e ingannevoli.
Manca, però, un quadro legislativo chiaro che limiti e regolamenti seriamente il gioco d’azzardo, contrastando gli interessi delle lobby a maggior tutela dei cittadini e una politica di vero rigore fiscale verso i grandi concessionari.

A livello regionale la Corte Costituzionale ha riconosciuto la legittimità dell’intervento regionale in alcuni ambiti correlati al gioco d’azzardo.  E’ in questo spazio angusto che la Regione FVG può agire a tutela dei cittadini senza però alterare l’interesse dello Stato e le norme nazionali.

L’azione dei soggetti istituzionali e non della Regione si focalizza su prevenzione (riduzione della pubblicità), riduzione del rischio (prevedendo una distanza minima di 500m dai luoghi sensibili, agevolando gli esercizi senza apparecchi per il gioco d’azzardo), trattamento terapeutico, recupero sociale e contrasto alla dipendenza dell’intera popolazione regionale.

Si mira a creare maggiore informazione tra i cittadini affrontando il tema sia dal punto di vista sanitario, sia sotto l’aspetto della sensibilizzazione e della formazione delle persone.

L’ampiezza del fenomeno trova il SERT e i servizi sociali dei comuni concordi nel denunciare come ci si trovi di fronte ad una vera e propria emergenza che di fatto obbliga la Regione di agire in modo tempestivo al fine di tutelare in modo efficace la salute e il benessere dei cittadini.


Per quanto sopra esposto e riservandomi di intervenire sui singoli articoli in aula, confido che la proposta di legge in questione venga rapidamente approvata a larga maggioranza. 

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