Il primo febbraio è stata approvata dal Consiglio Regionale una
proposta di legge nazionale la cui finalità è quella di prevenire, per
quanto possibile, gli atti di bullismo tra i giovani. Il problema è senza
dubbio molto complesso e reso ancora più pericoloso dall’enorme potenzialità
del web.
Il bullismo è sempre esistito, ma
mentre una volta era confinato ad un luogo ristretto e ad un tempo certo, con
l’avvento del web questo fenomeno ha superato ogni confine spazio- temporale. Quindi la foto, il commento negativo, la
delazione, l’insulto, viaggia in rete H 24 , tanto che è impossibile impedirne ancorché limitarne la diffusione.
I capisaldi per combattere questo
problema sono la famiglia e la scuola i cui limiti sono evidenziati proprio dal crescente dilagare del fenomeno.
In attesa che questi due soggetti
possano mettere in campo azioni più decise ed efficaci, questa legge permette
di intervenire prima che il minore commetta un vero e proprio reato, a quel
punto perseguibile d’ufficio dalla magistratura.
La semplice modifica di un
articolo della legge che punisce lo stalking permette al questore di
convocare genitori e minori per un ammonimento formale prima che l’azione del
giovane possa tramutarsi in un vero e proprio reato.
Riporto il testo della mia relazione alla pdl nazionale:
Con sempre maggior frequenza la cronaca
deve occuparsi di un fenomeno quale il “bullismo “che secondo l’ISTAT ha
interessato nel 2014 poco più del 50 % dei ragazzi in un’età compresa tra gli
11 e i 17 anni.
L’ampiezza
del fenomeno e il fatto che questo disagio si manifesti prevalentemente nelle
aule scolastiche, come evidenziato dall’età dei soggetti interessati, lo ha
fatto diventare un vero e proprio problema sociale.
Se questo
problema si va a sommare alle difficoltà relazionali e di apprendimento tipiche
dell’età adolescenziale, si comprende come l’esito finale possa essere il drop out
e l’abbandono scolastico.
La
sofferenza e il disagio delle vittime può essere tale da convincerle che
l’unica via di uscita sia il suicidio.
Gli
americani definiscono il bullismo come “un epidemia silenziosa” che internet ha
reso ancora più nascosta e pericolosa perché, come ha detto il fratello di un
sedicenne che si è tolto la vita dopo ave subito atti di bullismo sui social
network, oggi i bulli non ti spingono in un armadietto non ti aspettano fuori
dalla scuola ma spesso si nascondono, vigliaccamente, dietro profili anonimi.
I primi
studi sul bullismo sono stati fatti negli anni 70 in Svezia da Heinemann e
Olweus seguiti poi dai principali paesi industrializzati, europei ed
extraeuropei, interessati alla comprensione della frequenza del fenomeno e per poter
predisporre efficaci strategie operative per combatterlo.
Il “bullo” con le proprie azioni mira
deliberatamente a far del male o danneggiare la vittima perché prova
soddisfazione nel sottomettere, controllare ed umiliare soggetti che sono più
fragili e deboli. Spesso è un soggetto più forte della media dei coetanei, è impulsivo,
irascibile e spesso assume comportamenti aggressivi anche con gli adulti.
Ho voluto
fare un minimo accenno alle caratteristiche del “bullo” perché non è sempre
agevole distinguere quelle azioni dai comportamenti catalogati come “quasi
aggressivi”, tipici degli adolescenti, da quelli che si avvicinano ad un vero e
proprio reato.
Se
nell’ultimo caso è evidente che l’iter non possa che essere un processo penale
con tutte le evidenti implicazioni, nel primo caso, quello di “semplice
bullismo”, si corre il rischio di intervenire troppo tardi.
Tenuto conto
che la filosofia del sistema penale minorile non è la semplice punizione del
soggetto, ma rivolge particolare attenzione a quello che è il percorso di
maturazione e crescita del reo, l’assenza di una legge specifica sul tema rischia
di vanificare proprio il recupero del minore perché interviene troppo tardi e
cioè a reato commesso.
Nel 2009 è
stata introdotta in Italia la norma che punisce lo Stalking, reato che presenta
molte analogie con il bullismo, e proprio partendo da queste considerazioni
alcuni magistrati dei tribunali minorili hanno utilizzato quanto previsto dall’
art. 612 bis del c.p. per contrastare il fenomeno del bullismo.
Proprio
nella nostra regione, nel 2012, è stato attivato con successo un protocollo
d’intesa tra la magistratura minorile, i dirigenti e il personale scolastico e
la questura che vedeva nell’utilizzo dell’ammonimento del bullo da parte del
questore uno strumento cardine nella prevenzione.
Questa
proposta di legge nazionale si inserisce proprio in questo solco e mira ad
apportare quelle minime modifiche alla legge sullo Stalking per renderla
completamente applicabile anche ai reati del cosiddetto bullismo.
Preso atto
che i minori di 14 anni non sono
imputabili, quindi non possono essere
soggetti a querela, la PdL mira a rendere perseguibile per querela anche il
minore in modo che il questore possa intervenire con l’ammonizione.
Nel
dibattito in commissione è anche emersa la volontà di rafforzare il ruolo
conoscitivo ed educativo della famiglia, della scuola e degli enti scolastici.
Pur
consapevoli che non esiste nessuna ricetta magica che possa risolvere i
problemi di tipo educativo e relazionale è molto importante che i genitori
siano adeguatamente informati sul come sostenere il figlio sia esso vittima, bullo
o semplice spettatore.
Il primo e
indispensabile passo che può fare un genitore è quello di riconoscere il
bullismo senza confonderlo con altri tipi di comportamento, tenendo conto che
questi episodi oltre alla scuola hanno anche altri teatri come gli ambiti
sportivi, il parco giochi, gli oratori e ultimo, ma non certo per importanza,
il web.
Da tempo si
riconosce alla scuola, oltre alla scontata funzione di istruzione, anche quella
educatrice che dovrebbe permettere agli insegnati, con adeguate strategie
didattiche ed attività curriculari, di favorire nei ragazzi la maturazione di stili
relazionali positivi e di abilità pro-sociali.
Per tutti
questi motivi confido in una rapida e quanto più unanime approvazione della
legge.
Nessun commento:
Posta un commento