Signor Presidente, colleghi Consiglieri,
mai
come in tema di salute vale il noto aforisma di Eraclito “panta rei” tutto
scorre, tutto si trasforma, fino al punto che non
possiamo bagnarci due volte nello stesso fiume poiché le sue acque mutano col
passare degli attimi.
In sanità nell’arco di
otto anni molte delle nozioni, e talora delle certezze, vengono messe in
discussione dalle nuove scoperte e, di conseguenza, anche l’organizzazione della
macchina sanitaria deve essere ricalibrata. Se a questo si aggiunge un
significativo aumento della vita media e delle malattie cronico degenerative,
che va a sommarsi ad una significativa riduzione delle entrate causate da una
crisi economica senza precedenti, allora la necessità di riorganizzare la
nostra sanità regionale diventa palese e ineludibile.
Anche se quanto andiamo a discutere con il DDL 15/13
non può essere catalogato quale RIFORMA
vera e propria, la declinazione dei principi che troviamo nei vari articoli
getta le basi e indica la direzione che questa maggioranza vuole intraprendere
nella riorganizzazione vera e propria della macchina sanitaria regionale.
In questo solco si inserisce anche il ricondurre il
DSC, l'area welfare e il CEFORMED sotto la Direzione Centrale della Salute in
modo da poter svolgere una funzione di indirizzo, pianificazione e controllo in
settori strategici della sanità e del sociale.
In modo analogo l'istituzione della Consulta
regionale della sanità rende esplicita e concreta volontà
dell'esecutivo di acquisire elementi conoscitivi su questioni di rilievo e di
interesse per i cittadini del territorio.
Una qualsiasi riforma deve potersi basare su dati
certi e verificabili e allora credo doveroso ricordare che la sanità italiana
costa circa il 7.3% e quella della nostra regione il 6.3% del PIL collocandosi
rispettivamente (forse dovrei dire si
collocava) al 2° posto nel mondo secondo OMS e il FVG è fra le prime
regioni italiane per la qualità delle prestazioni erogate (dati Bocconi 2010).
In un logico raffronto del nostro sistema sanitario
con quello francese e tedesco, che assorbono entrambe il 10.5% del PIL
nazionale e che si collocano rispettivamente al 1° e al 14° posto per qualità
(secondo OMS), si pone in evidenza in modo inequivocabile il nostro
sottofinanziamento non passibile di ulteriori tagli pena il collasso
dell’intero sistema.
Discorso a parte è quello dei servizi sanitari
gestiti da soggetti privati che, con costi doppi rispetto alle sanità
pubbliche, si collocano nella parte bassa della classifica dell’OMS senza
peraltro garantire l’universalità delle prestazioni.
Emblematico il sistema americano che a fronte di una
spesa complessiva del 16.3 % del PIL si colloca oltre il 30° posto garantendo
solo ai più facoltosi cure sanitarie adeguate.
La colpevole assenza di politiche sanitarie cui
abbiamo assistito nella X legislatura, complice anche l'avvicendarsi di ben tre
assessori, ha certamente contribuito ad un arretramento complessivo della
sanità regionale cui l’attuale maggioranza dovrà giocoforza porre rimedio.
La declinazione dei principi è cosa semplice e
spesso condivisa, ma costituisce anche la premessa indispensabile per mantenere
la rotta anche nel momento in cui le acque si faranno tempestose semplicemente
per aver messo in discussione poteri e privilegi consolidati.
A livello nazionale e regionale si registra una
preoccupante riduzione delle entrate, stante il perdurare di una crisi
economica senza precedenti, ciononostante credo sia nostro dovere dare ai
nostri concittadini, soprattutto a quelli in difficoltà, almeno una certezza
e cioè che il diritto alla salute è una conquista da cui non si torna in
dietro.
Se l'introduzione del così detto “super ticket” ha
evidenziato la significativa riduzione gettito per la rinuncia di molti ad
eseguire esami che non si possono più permettere, considero un errore e non
equo un ticket proporzionato al reddito che per analogia dovrebbe essere
applicato ad ogni servizio erogato da ogni ente pubblico.
E' infatti con la lotta alla corruzione e
all'evasione fiscale, con la regolazione delle aliquote IRPEF, con la
tassazione delle rendite finanziarie e dei grandi patrimoni, che si deve fare
una corretta politica fiscale che possa contribuire ad una ridistribuzione del
reddito.
Nei prossimi mesi saremo chiamati ad entrare nel
merito della riforma e una seria politica sanitaria è fatta di programmazione
conseguente all'analisi dei bisogni, alla conoscenza dei dati epidemiologici,
all'adozione delle tante "best pratics" che registriamo sul
territorio e nei nostri nosocomi, ma anche ad avere il coraggio di porre in
essere dei correttivi lì ove abbiamo fallito.
Tutto ciò non sarà sufficiente se non riusciremo ad
essere equi, se il richiamo del "campanile" e delle varie lobbies non
verrà ignorato, se le audizioni degli stakeholders non saranno una formalità e
se deluderemo una volta di più le speranze/istanze dei tantissimi operatori
della sanità che fanno il loro lavoro con passione e abnegazione.
Solo operando nell'interesse generale riusciremo a
convincere coloro i quali saranno chiamati ad applicarla e tutti quelli che ne
usufruiranno.
Riservandomi di entrare nel merito dei singoli
articoli confido in una rapida ed unanime approvazione.
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