martedì 24 febbraio 2009

PDL 44 e 3 (Blasoni - Asquini)

Il 18 febbraio il centro destra ha portato in commissione una proposta di legge (PDL n° 44 e PDL n° 3) che in teoria dovrebbe risolvere il complesso problema delle liste di attesa, ma in realtà è solo l'ennesimo provvedimento di facciata che non solo non risolve nulla, ma rischia anche di innescare un meccanismo di spesa incontrollabile.

In verità il PDL 44 (primo firmatario Blasoni) è la brutta copia di quanto stabilito, in modo molto più puntuale ed articolato, nella delibera della giunta 288/2007.
Il PDL 3 (a firma Asquini) ha solo l’intento di privatizzare la diagnostica.

Nella discussione generale, un po’ tutta l’opposizione, ha definito la legge non emendabile e solo di facciata, ma il motivo per cui abbiamo abbandonato la commissione è stata la mancata presenza sia dell’assessore “competente” Kosic, sia di un rappresentante dell'agenzia regionale alla sanità.

A norma di regolamento la loro presenza non era obbligatoria ma, considerato che la legge che si andava discutendo si embricava con la delibera 288 ponendo seri problemi in termini di interpretazione e di futura operatività, ci sembrava corretta e proficua la presenza dell’assessore. Rimandare la discussione dell’articolato di 3-4 giorni non era la fine del mondo e non si poteva certo definire ostruzionismo.

Premesso che le liste di attesa sono un problema complesso e multifattoriale con cui si sono dovute confrontare tutte le sanità europee, cercherò di sintetizzare il perché questa legge sia destinata al fallimento:

• Allo stato attuale non sono stati forniti dati che permettano di stabilire ove la delibera 288/2007 abbia fallito e, se non si sanno le cause delle criticità, è oltremodo difficile ipotizzare rimedi efficaci.
• Le liste di attesa sono difficilmente prevedibili e quindi bisogna disporre di strumenti agili (come appunto una delibera) per porre in essere correttivi efficaci.
• Tutta la comunità scientifica concorda che il semplice incremento dell’offerta risolve solo per un breve periodo il problema perchè una volta che la lista si è azzerata poi ritorna a formarsi.
• In tutta Europa l’appropriatezza delle prescrizioni è considerata fondamentale per la corretta gestione delle liste di attesa. In regione non vi sono strumenti che valutino questo parametro e allora come si fa a decidere se l’offerta è scarsa e va quindi aumentata o invece ci troviamo di fronte a richieste non congrue?
• La proposta di utilizzare le apparecchiature diagnostiche 6 giorni su 7, 12 o più ore al giorno non tiene conto che sono i medici, gli infermieri ed i tecnici, che le fanno funzionare e tutte queste figure professionali sono o sotto organico o con centinaia di ore straordinarie non pagate. Se non sono previste assunzioni, come si può ragionevolmente pensare di obbligarle ad ulteriori turni?
• Appurato che l'attività libero-professionale in regione incide solo per 1-2 % del totale delle prestazioni, come si può ragionevolmente pensare che una sua ulteriore riduzione, come proposto nella legge, possa migliorare le liste di attesa?
• Sapendo che sul mercato non ci sono tutte le figure professionali di cui abbiamo bisogno, perché non sono previsti incentivi in modo che gli operatori restino nel pubblico invece di favorirne la fuga con vessazioni di vario tipo?
• Dire che i direttori generali verranno penalizzati economicamente qualora non riducano le liste di attesa fa molto effetto sulla gente, ma poi nessuno dice che già nel contratto attuale è previsto che ogni anno i manager concordino con l’assessore gli obbiettivi e che il bonus che percepiscono annualmente è legato al raggiungimento degli obbiettivi stessi.
• Concettualmente giusto sanzionare quei cittadini che non disdicono in tempo appuntamenti già presi, ma quanto ci verrà a costare la macchina organizzativa che dovrà controllare se la mancata disdetta è dovuta a negligenza o a cause di forza maggiore?
• Prevedere che il cittadino, nel momento in cui la struttura pubblica non gli da un appuntamento in tempi ragionevoli, si possa rivolgere ad un privato qualsiasi, che a sua volta verrà saldato dalla regione, rischia di aprire una voragine nel bilancio regionale. Utile ricordare che le strutture pubbliche vengono pagate a forfait mentre il privato viene pagato a prestazione.
• Il pubblico si fa carico anche di tutte quelle prestazioni che il privato rifiuta perchè non remunerative e che ogni incremento di spesa alle strutture private mette a rischio le prestazioni pubbliche.
• Valuto invece positivamente la proposta di un centro regionale unico di prenotazione, di un'unica anagrafe regionale e dell'omogeneizzazione della denominazione delle prestazioni nelle varie aziende.

Spiace vedere come la produzione legislativa venga piegata a mero strumento di propaganda; in tal modo si rafforzerà nei più la convinzione che la classe politica ha solo interesse ad apparire e non a risolvere i reali problemi della gente.

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