giovedì 21 gennaio 2010

A proposito di nucleare.

Come noto a tutti l’attuale governo ha inserito nei suoi programmi la realizzazione di un piano di centrali nucleari e il presidente della Regione Renzo Tondo ha manifestato piena sintonia con questa scelta tanto da proporre che il Fvg collabori al raddoppio della centrale nucleare slovena di Krsko, situata a un centinaio di chilometri da Trieste. Anche se la Slovenia non è parsa interessata all’operazione appare evidente che l’attuale maggioranza è interessata ad investire , anche dal punto di vista finanziario, sul nucleare.

Considerate le recenti notizie, peraltro non confermate, che vedrebbero Monfalcone come uno dei siti possibili per una centrale nucleare, reputo opportuno fare alcune considerazioni.

Innanzitutto si tratta di un’industria in crisi in tutto il mondo tanto che la costruzione di nuove centrali si conta sulle dita di una mano, inoltre non è in grado garantire una produzione su larga scala e infatti la produzione idroelettrica continua a sovrastare quella elettronucleare.

Il perché di questa crisi va ricercato nel costo e nel tempo impiegato per la costruzione di una centrale, i primi si attestano tra i 5 e gli 8 miliardi di euro (dieci volte quello di una centrale tradizionale) e i secondi sulla decina di anni.

E’ del tutto evidente che il semplice prolungasi dell’iter costruttivo fa innalzare i costi cui non viene mai aggiunto, per ovvi motivi, il costo dello smaltimento delle scorie e della messa in sicurezza delle centrali dismesse.
Secondo la legge tedesca infatti, un impianto deve essere chiuso dopo trentadue anni di attività.

A questo bisogna aggiungere il fatto che nel nostro Paese non ci sono miniere di uranio tali da soddisfare il fabbisogno nazionale, per cui saremmo soggetti al mercato e a dipendere dagli Stati esteri, così come accade per il petrolio ed il gas naturale.
In più il minerale estratto deve essere sottoposto ad un processo di arricchimento complesso ed oneroso e non conviene costruir queste strutture e per un numero esiguo di centrali.

Altro punto dolente è lo stoccaggio delle scorie, quale credibilità ha uno Stato come il nostro che non è mai stato in grado dare una risposta adeguata a questo problema , tanto che le nostre misere ( quantitativamente parlando) scorie di origine sanitaria devono essere smaltite negli stati confinanti a prezzi esorbitanti ?

Per l’impatto ambientale è irrilevante la riduzione dell’effetto serra determinato dal nucleare mentre restano del tutto aperti i problemi derivati dal rischio della contaminazione radioattiva che può durare anche per migliaia di anni.

Questi in estrema sintesi i motivi per cui la maggior parte della comunità scientifica e delle istituzioni si dichiara contraria alla realizzazione di impianti nucleari basati sulla tecnologia attuale che viene giudicata sicura esclusivamente dalle ditte che la sponsorizzano.

Credo utile ricordare che in Finlandia, la costruzione di un reattore di ultima generazione ( III generazione), è stata stoppata perchè sono emersi fondati dubbi sulla progettazione in materia di sicurezza.

Con queste premesse è evidente che “l’ipotesi Monfalcone” può far nascere più di un dubbio sull’opportunità di una scelta in ordine alle caratteristiche del territorio già devastato da una pesante industrializzazione, considerata la densità abitativa, il rischio sismico e la penalizzazione che ne avrebbe il turismo ed il comparto nautico.

Se si vuole valorizzare il territorio, quella di impiantare una centrale nucleare non è la decisione migliore perché bisogna prestare grande attenzione all’equilibrio tra ambiente, insediamenti abitativi e industriali.

Non ultimo considero inaccettabile che decisioni di questa portata, fatte solo per compiacere un premier le cui promesse durano, se va bene, lo spazio di una giornata non siano concordate in una qualche maniera democratica con la nostra popolazione. .

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